Come e a quali condizioni il conflitto può concludersi? Se lo chiede Luciano Bozzo, e gli scenari possibili sono quattro: annientamento; logoramento ed eventuale collasso; pace imposta oppure negoziata; congelamento. L’analisi completa
Ad oltre otto mesi dall’inizio della guerra in Ucraina, in assenza di segnali credibili che facciano prevedere anche solo un cessate il fuoco e con un’escalation già in atto, è necessario riflettere su come e a quali condizioni il conflitto può concludersi. In via generale, una guerra termina quando una delle due parti contrapposte – raramente entrambe – ritiene che i costi e rischi a cui andrebbe incontro in caso di continuazione delle ostilità sarebbero superiori a quelli che affronterà accettando la resa. Sono quattro gli scenari possibili: annientamento; logoramento ed eventuale collasso; pace imposta oppure negoziata; congelamento.
Il primo caso, estremo e spesso di scuola, è quello della guerra conclusa rapidamente grazie a una battaglia decisiva, in cui forza, capacità e volontà di combattere di uno degli avversari è annientata. È questo il caso, ad esempio, della battaglia di Sadowa del luglio 1866, che costrinse l’Austria alla resa nella guerra con Prussia e Italia. Più comuni sono le guerre del secondo scenario, che terminano per logoramento, sfaldamento interno ed eventualmente collasso di uno dei contendenti. La causa è data qui dal prolungarsi dello sforzo bellico, dunque dai costi e perdite umane e materiali crescenti propri di un conflitto di logoramento, e/o dal venir meno della coesione interna, politica e sociale, di uno degli avversari. È quello che accadde nella Prima guerra mondiale in Russia, a pochi mesi di distanza dalla Rivoluzione d’ottobre, con la Pace di Brest-Litovsk del marzo 1918 e nell’autunno successivo con la resa di Austria e Germania. Stesso esito ebbero le guerriglie di liberazione nazionale combattute nella seconda metà del Novecento.
Raro invece il terzo scenario: guerre concluse con la resa incondizionata di una delle parti. Avvenne nella Seconda guerra mondiale, tra il settembre 1943 e l’agosto 1945, a ciascuna delle potenze del Patto tripartito. Scenario successivo è quello ben più frequente di una pace negoziata sulla base di condizioni più o meno favorevoli al vincitore. Questo, tra altri, è il caso della pace di Zurigo che pose fine alla seconda guerra d’indipendenza italiana. Quinto e ultimo scenario è la guerra chiusa e non conclusa. È un cessate il fuoco che si prolunga nel tempo, congelando le posizioni raggiunte sul campo dagli avversari al termine del confronto armato, senza un trattato che concluda ad ogni effetto la guerra. È quanto accaduto al termine della guerra di Corea, quando l’armistizio di Panmunjeom del luglio 1953 previde la creazione della zona demilitarizzata tra le due Coree tuttora in essere. Una situazione analoga venne sancita dall’accordo di Simla del luglio 1972, che chiuse la guerra indo-pakistana del 1971. Fu allora stabilito nel Kashmir il confine provvisorio tra i due Paesi, lungo la cosiddetta Line of Control (LoC), ovvero la linea del fronte al momento del cessate il fuoco del dicembre 1971.
Qual è, tra quelli elencati, lo scenario oggi più credibile in Ucraina? Fallita l’offensiva iniziale russa, che nelle intenzioni dell’aggressore avrebbe dovuto essere rapida e risolutiva, il confronto si è trasformato in una guerra di logoramento. Il prolungarsi del conflitto bellico è causato dalla “doppia santuarizzazione” delle fonti di alimentazione dello sforzo bellico dei contendenti. I Russi non possono colpire le fonti della resistenza e controffensiva ucraine, situate nel territorio di Paesi membri della Nato. D’altro canto, agli Ucraini non è possibile o consentito, salvo ad oggi parziali e limitate eccezioni, colpire il territorio della Federazione. Il venir meno di tali limiti comporterebbe infatti lo scontro diretto tra Nato e Federazione Russa. La guerra è diventata perciò un confronto in cui ognuno dei contendenti spera si esauriscano le capacità dell’altro. Mosca punta sul vantaggio di cui gode in termini demografici e sul venir meno al passare del tempo e a causa della crisi energetica ed economica della coesione tra gli alleati di Kiev. Per parte loro gli Ucraini fanno conto sulla superiorità in termini di mezzi, informazioni, tecnologie, consulenza e dottrine d’impiego assicurata dai Paesi della Nato, e non solo.
Il pesante regime sanzionatorio ha inciso e incide sulla capacità militare russa. È però necessario non dimenticare che durante la guerra fredda dell’Unione Sovietica si disse che non aveva un complesso militare-industriale, bensì era un complesso militare industriale, poi in non piccola misura ereditato dalla Federazione. La Russia dispone inoltre di risorse naturali pressoché illimitate e ha una tradizione storica e capacità stoica di resistenza. Anche le speranze in un golpe di palazzo o nel collasso sociale e politico russo si sono rivelate, come del resto prevedibile, mal riposte. A prescindere dal fatto che l’avvento di una diversa leadership al Cremlino potrebbe peggiorare la situazione attuale. Per non parlare dei reali e potenziali aiuti già giunti o che potrebbero giungere da potenze, in particolare una, che nell’ottica dei rispettivi interessi nazionali ritengono estremamente pericolosa l’eventuale sconfitta e collasso della Federazione.
Nelle condizioni presenti, in sintesi estrema, entrambi i contendenti non possono perdere, ma non riescono a vincere. Un serio tentativo di giungere alla vittoria da parte dell’uno o dell’altro implicherebbe infrangere in una maniera o nell’altra la condizione di “doppia santuarizzazione”, con l’inevitabile e drammatica estensione del conflitto. L’irrigidimento delle posizioni negoziali possibili, determinato da un lato dalle annessioni russe e dall’altro dai successi sul campo ucraini, rende allo stato attuale e nel prossimo futuro estremamente improbabile l’avvio di un negoziato di pace.
Resta perciò un solo scenario credibile: un cessate il fuoco favorito dal congelamento del fronte, anche letterale, nei mesi invernali a venire. La situazione rimarrebbe tuttavia fortemente instabile. A ciascuna delle parti rimarrebbe infatti il desiderio di rivalsa: all’una al fine di recuperare i territori perduti; all’altra per consolidare o incrementare quelli conquistati, se non per portare a termine lo smembramento dell’Ucraina. La stabilizzazione, nella prospettiva di una pace futura, richiederebbe la creazione di una fascia smilitarizzata e la presenza di un’autorevole forza multinazionale d’interposizione, o un diverso fattore deterrente, efficace nei confronti di entrambi gli avversari.