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Destinazione Africa, perché all’Italia conviene (oltre a Balcani e Mediterraneo)

Libia, gas, Eni, corno d’Africa, metalli: l’esecutivo ha mille e più motivi per rafforzare non solo la cooperazione, ma la presenza strategica nel continente anche alla luce del disimpegno francese e degli allarmi lanciati dagli Usa sulle mire russe

Non solo Mediterraneo e Balcani. È l’Africa l’altro grande banco di prova per le strategie euroitaliane. Piccola guida per il nuovo governo sui principali dossier: gas, con le interlocuzioni di Eni in Algeria; il ministro Tajani che dice “Italia protagonista di pace dai Balcani all’Africa”; la Libia in quanto dossier che andrà messo all’attenzione del governo sotto varie sfaccettature (economia, immigrazione); la geopolitica, con la rete di alleanze e partnership da favorire per le nostre aziende.

Libia

Conversando con il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, a margine del vertice sul clima di Sharm El-Sheikh, il presidente del Consiglio italiano, Giorgia Meloni, ha ribadito il sostegno alla mediazione delle Nazioni Unite in Libia. Inoltre il vicepremier Matteo Salvini ha annunciato la possibile costruzione dell’autostrada costiera per collegare Libia orientale e occidentale, visto che “l’Italia ha promesso molti anni fa di costruire infrastrutture”. L’obiettivo è quello di avvicinare le parti in guerra con la possibilità che l’Italia riconquisti il suo ruolo di leadership. Ma come realizzarlo in concreto?

Pochi giorni fa in occasione del 31° Vertice della Lega Araba è stata rafforzata la Dichiarazione di Algeri che chiede un’azione congiunta per affrontare le sfide regionali e globali: ovvero sulla crisi libica i leader arabi hanno annunciato un processo interlibico, in conformità con le risoluzioni delle Nazioni Unite. Sul punto il Dipartimento di Stato ha lanciato un monito: nessun paese può imporre una soluzione alla crisi in Libia, compresi i players esterni (come Russia e Turchia), per questa ragione Washington sta tenendo una serie di colloqui con il governo Al Sisi viste le possibili ripercussioni in Egitto.

Italia & Algeria

Qui l’Eni ha annunciato l’inizio della produzione del giacimento HDLE/HDLS, dopo la scoperta che risale a sei mesi fa, in partnership con Sonatrach: ciò porterà ad una produzione netta di oltre 120.000 boed nel 2023, rafforzando il ruolo della società come principale compagnia energetica internazionale nel paese. Due mesi fa il numero uno del cane a sei zampe, Claudio Descalzi, aveva annunciato l’acquisizione delle attività di BP in Algeria, tra cui In Amenas e In Salah, ovvero i più importanti campi produttivi e la Commissione Europea ha dato disco verde alla joint venture tra Snam ed Eni per gestire il Trans-Mediterranean Pipeline utilizzato per importare gas dal Nordafrica a Roma. Inoltre Fiat ha appena siglato un accordo quadro da 90 mila veicoli l’anno, che saranno realizzati entro la fine del 2023.

Russia & Algeria

Pochi giorni fa alcune navi russe hanno attraccano in Algeria per alcune esercitazioni navali congiunte: già nel 2021 le navi da guerra russe e algerine avevano effettuato manovre navali congiunte nel Mediterraneo, visto che Algeri è uno dei più importanti alleati militari della Russia nel continente. Ovvero, specialmente dopo gli accordi energetici siglati tra Italia e Algeria, preoccupano le possibili e fitte interlocuzioni tra Algeri e Mosca. Nello specifico, il presidente algerino, Abdelmadjid Tebboune, sarà a Mosca per firmare una fornitura di armi decennale da 12 miliardi di dollari, facendo del Paese uno dei maggiori importatori di armamenti russi al mondo.

Sul punto si registra la mossa di alcuni di membri del Congresso degli Stati Uniti, guidati dalla repubblicana Lisa McClain, che in una lettera al Segretario di Stato Antony Blinken hanno illustrato vive preoccupazioni per la relazione tra Russia e Algeria.

Sahel e Corno d’Africa

L’Europa e l’Italia hanno la possibilità, alla luce degli ultimi eventi, di riconoscere il Sahel come una fascia geopoliticamente centrale, che ha precise implicazioni alla voce immigrazione ed energia. La crisi nel Sahel è senza precedenti e multidimensionale: in sostanza, la maggior parte degli Stati ha perso le proprie capacità di governo, per cui il primo passo sarà quello di coinvolgere attivamente la Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (ECOWAS), ma nell’ottica di un disegno progettuale e non dell’esigenza di affrontare l’ennesima emergenza.

Per avere un’idea della considerazione che altri player hanno della regione, va ricordato che il presidente turco Recep Tayyip Erdogan dedica costantemente attenzioni e viaggi in Africa, grazie a legami rafforzati tramite lo strumento della cosiddetta “Africa strategica”. Nel 2021 infatti le aziende turche hanno realizzato 1.150 progetti in tutto il continente, contribuendo ad aumentare il volume del commercio estero turco con l’Africa del 24,8%.

Criticità

La zona sta vivendo la nota de-francesizzazione, dopo che il Presidente Emmanuel Macron ha ritirato le truppe francesi dalla loro base nella città maliana di Gao il 15 agosto scorso. Nella regione proliferano gruppi legati ad al-Qaeda e allo Stato Islamico e l’apice rappresentato dal settimo colpo di stato in due anni in Burkina Faso non fa che dimostrare il fallimento di tutte le politiche applicate in loco.

Del tema hanno discusso due giorni fa a New York il Rappresentante permanente d’Italia presso l’Onu a New York, Ambasciatore Maurizio Massari, e l’Assistente Segretario Generale per l’Africa, Martha Ama Akyaa Pobee. La fragilità regionale è il contesto in cui soggetti esterni si troveranno a muoversi, nella consapevolezza che la firma dell’Accordo di Pace in Etiopia è un punto positivo. Lo scorso 3 novembre infatti il sigillo sulla cessazione delle ostilità tra il Governo dell’Etiopia e il TPLF ha rappresentano il frutto dei colloqui guidati dall’Unione Africana.

@FDepalo


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