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Paura, delirio e licenziamenti. La prima settimana di Musk

Photo by Ravi Sharma on Unsplash

A rischio c’è il 50% del personale (3.700 dipendenti), che attendono di conoscere il proprio destino. Le novità che vuole introdurre il tycoon non convincono gli inserzionisti, anzi molte aziende hanno deciso di sospendere temporaneamente le pubblicità sulla piattaforma. In attesa di capire cosa diventerà, se il luogo incantato descritto da Musk o il nido delle cospirazioni

Il Twitter di Elon Musk parte con qualche difficoltà. Neanche il tempo di diventare ceo, che il tycoon ha già impresso il suo marchio di fabbrica all’azienda. Le novità sono tante: alcune rivoluzionare, altre realizzabili solo nel lungo periodo, tantissime quelle discusse con inevitabili conseguenze. Un po’ come se dovesse tastare il sentimento del pubblico, Musk sta lanciando dal proprio profilo alcune idee per vedere la reazione che suscitano. Quella di un Twitter a pagamento, ad esempio, ha lasciato più di qualche dubbio tra gli utenti, che si interrogano sul reale vantaggio che ne deriverebbe. Così come ad avere dubbi sembrano essere sempre più aziende, che tentennano nel continuare a sponsorizzare il proprio brand sul social network. Inoltre, è in atto un vero e proprio repulisti interno, che parte dal vertice della piramide fino ad arrivare alla sua base.

Questo è forse uno degli aspetti più significativi, visto che riguarda direttamente il lavoro – e quindi la vita – delle persone. Musk ha da sempre parlato della necessità di apportare dei tagli tra i dipendenti, senza però specificare di che entità. Il primo atto da nuovo proprietario è stato quello di far fuori le figure centrali del Board: il ceo Parag Agrawal, il cfo Ned Segal, il capo del dipartimento legal policy, trust e security Vijaya Gadde e il general counsel Sean Edgett – per farsi aiutare nella gestione, Musk si è messo vicino il suo avvocato personale Alex Spiro e il venture capitalist David Sacks. Tutti loro hanno fatto gli scatoloni, dentro cui però hanno anche messo un bel po’ di milioni di dollari per consolarsi. Il problema, piuttosto, riguarda la forza lavoro.

Inizialmente si vociferava che i licenziamenti avrebbero riguardato il 25% del personale, ma il Financial Times scrive di come, nelle intenzioni del nuovo ceo, ci sia quella di raddoppiare la percentuale. Così, 3.700 lavoratori (in tutto sono 7.500) dovranno rimanere con il fiato sospeso per le prossime ore, quando è atteso l’annuncio. Già da qualche giorno, Musk ha infatti incaricato i suoi consulenti e manager per stilare una lista degli esuberi, che serviranno per ripulire l’azienda e ridurre i costi.

La rivoluzione, tuttavia, è molto più grande di una revisione interna, per quanto importante visto l’impatto che ha sui soggetti interessati. A preoccupare è come e in che cosa il multimiliardario voglia trasformare Twitter. La possibilità che questo diventi il nido dove chiunque possa stare in nome del free speech spaventa e non poco gli inserzionisti, fondamentali per le entrate della società visto che hanno un peso da 5 miliardi di dollari. Il proprietario di Tesla e SpaceX ha promesso che manterrà una linea dura contro chi non rispetta le regole e, secondo lui, pagare pochi dollari al mese può aiutare nella salvaguardia della piattaforma. Il servizio in abbonamento costerebbe otto dollari mensili, offrendo piccoli e grandi vantaggi per chi li spende: essere certi che gli account non siano falsi, aumentare la visibilità dei contenuti condivisi e abbattere la pubblicità.

Forse, su quest’ultimo punto, non servirà sborsare un centesimo visto che sono le aziende che si stanno allontanando da Twitter. La prima a tirarsi indietro sembrerebbe L’Oréal, l’azienda di cosmetici francese numero uno al mondo per fatturato (lo scorso anno ha speso 10 miliardi di dollari in inserzioni), che vorrebbe smettere di promuovere i propri prodotti sul social network. Una conferma esplicita non è ancora arrivata, con l’azienda che si limita a rimanere nel silenzio, ma alla base della decisione ci sarebbe il timore per i contenuti inappropriati che potrebbero diffondersi sulla piattaforma. E non è la sola.

È sempre il Financial Times a raccontare come sarebbero diverse le aziende che stanno pensando a una soluzione molto simile. Il gruppo di marketing McCann e MullenLowe ha deciso di prendere tempo e valutare le prossime mosse di Musk; Interpublic (tra le più grandi società di pubblicità) ha chiesto ai suoi clienti di sospendere temporaneamente gli acquisti su Twitter per la prossima settimana; perfino General Motors, per il momento, ha deciso di sospendere la pubblicità a pagamento. Niente di strano, si giustificano dall’azienda, perché ciò accade quasi sempre quando è in corso “un cambiamento significativo su una piattaforma multimediale”. Che ci sia dell’altro, tuttavia, sembra evidente.

Musk, in una mail inviata agli inserzionisti, ha chiesto di avere pazienza e di “sopportarci mentre attraversiamo questa transizione”. L’intransigenza di Twitter non cambierà e le sue politiche di moderazione non verranno modificate, ha assicurato. Forse si è spaventato dalla lettera firmata da quaranta gruppi civili, che martedì hanno scritto ai principali inserzionisti del social (Amazon, Coca-Cola, Procter&Gamble e via dicendo) per chiedergli di sospendere le proprie pubblicità a pagamento. La paura è che con Musk si vada incontro a un preoccupante tana libera tutti, nonostante le promesse del tycoon di vigilare sui contenuti che circolano.

Chi si aspettava una transizione serena, dovrà quindi ricredersi. Nessuno sembra fidarsi di Elon Musk e delle sue intenzioni, che continua a spacciare come necessarie e rivoluzionarie ma che, in realtà, allarmano un po’ tutti. Il compito più difficile che spetterà al nuovo “Chief Twit” è quello di convincere che, con il suo avvento, non ci sarà alcuna deriva. Non sarà facile, visto che al momento gli credono davvero in pochi.

Perlomeno, Musk si potrà consolare con gli elogi che gli sono stati riservati mercoledì durante la prima cerimonia del cambio di comando alla Space Force. A invitarlo di persona è stato il presidente del Joint Chiefs of Staff, organo governativo che riunisce i capi di Stato maggiore di tutte le forze armate statunitensi. A esprimergli gratitudine è stato, oltre al generale John Raymond ormai prossimo alla pensione, anche il generale Mark Milley. “Ciò che [Musk] simboleggia, in realtà, è la combinazione della cooperazione civile e militare e del lavoro di squadra che rendono gli Stati Uniti il Paese più potente dello spazio. Quindi, Elon, grazie per essere qui oggi”, ha affermato. Parole che Musk non è così abituato a sentire, specie negli ultimi turbolenti giorni che lo hanno portato al vertice di Twitter.

(Photo by Ravi Sharma on Unsplash)


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