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Perché una vittoria trumpiana alle Midterm preoccupa i policymaker europei

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L’Inflation Reduction Act varato dal Congresso ad agosto è l’esempio della crescente attenzione americana verso la propria economia più che alle sorti del rapporto transatlantico. Alcuni europei temono possa solo peggiorare se la corrente trumpiana dovesse vincere le elezioni di Midterm. Tema a cui si aggiunge il sostegno all’Ucraina, che già diversi candidati repubblicani hanno annunciato di voler tagliare

Oggi gli elettori americani andranno a votare per rinnovare la Camera dei Rappresentati e un terzo del Senato degli Stati Uniti. Le previsioni di Politico suggeriscono che i Repubblicani possano vincere la Camera, mentre la sorte del Senato è più in bilico e verrà decisa su pochi collegi cruciali, come quelli in Georgia, Arizona, Nevada e Pennsylvania (in particolare quest’ultimo Stato è stato scelto come luogo per i comizi di Barack Obama e Joe Biden da un lato, e Donald Trump dall’altro).

Attualmente i Democratici controllano la Camera, il Senato e la Presidenza (volendo essere precisi, in realtà al Senato sono 48 i rappresentanti Dem, ma gli otto senatori indipendenti solitamente votano con loro e possono quindi essere considerati grossolanamente parte del blocco).

È piuttosto improbabile che i Dem riescano a ottenere entrambe le Camere, ma basterebbe probabilmente il controllo anche solo del Senato per mantenere pressoché invariata la traiettoria politica dell’attuale Presidente. Ovvero per continuare con le nomine dei giudici della Corte Suprema, delle figure chiave di governo, e dei funzionari diplomatici di alto livello.

Cosa accadrebbe se i Repubblicani vincessero in entrambe le Camere? Molto probabilmente le questioni principali su cui si scontrerebbero con la presidenza di Joe Biden sarebbero quelle di politica fiscale. Ma i temi che maggiormente preoccupano da questa parte dell’Atlantico sono quelli del sostegno all’Ucraina e della piega investing at home che sta prendendo l’America per combattere la Cina e il cambiamento climatico.

Dopo gli anni di Trump, molti politici europei avevano tirato un sospiro di sollievo con l’arrivo alla Casa Bianca di un inquilino molto più incline al mantenimento di buoni rapporti con gli alleati. Il fatto è che, dal punto di vista europeo, le buone intenzioni non sempre corrispondono a politiche industriali che guardano Oltreoceano.

L’esempio lampante è quello dell’Inflation Reduction Act (Ira), un pacchetto di misure divenute legge in agosto con l’idea di limitare l’inflazione e promuovere l’energia pulita. Ovvero di sostenere il mercato dei veicoli elettrici con incentivi rivolti alle compagnie statunitensi, non a quelle europee (tantomeno asiatiche), nonostante il mercato europeo sia aperto ai player americani.

Per quanto riguarda l’Ucraina, Formiche.net ha già più volte riportato i rischi derivanti da un Congresso a maggioranza repubblicana trumpiana, ovvero che decida di smettere di continuare a rifornire abbondantemente Kiev di armi e finanziamenti. Diversi candidati repubblicani si sono espressi in tal senso, anche se c’è da notare che le loro opinioni arrivano nel pieno della campagna elettorale e alcuni deputati che hanno sostenuto la necessità di ridurre gli aiuti hanno comunque votato a favore di questi nei mesi scorsi. L’opinione pubblica statunitense continua a sostenere il lato ucraino, ma inizia a mostrare segni di cedimento.

È di questi giorni la notizia secondo la quale l’amministrazione Biden avrebbe chiesto a Zelenski di mostrarsi aperto a sedersi a un tavolo negoziale a prescindere se Vladimir Putin sia ancora al potere o meno. Una mossa che sarebbe stata presentata al governo ucraino come un modo per tranquillizzare gli elettori, preoccupati di dover sostenere una guerra di anni. Niente di nuovo sotto al sole, visto che anche nei Paesi europei esiste una grossa fetta di popolazione che sostiene che Kiev dovrebbe ricalibrare le proprie posizioni in senso più conciliante verso Mosca.

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