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Come andrebbe per l’Ucraina se i trumpiani prendessero il Congresso?

Se vincessero i Repubblicani, molti dei quali della corrente che sostiene l’ex Presidente, il Congresso potrebbe rallentare con le forniture di assistenza all’Ucraina. La Casa Bianca avrebbe modo per aggirare le opposizioni legislative, ma in generale Washington intende chiedere più impegno all’Europa

Il Chicago Council on Global Affairs ha pubblicato i risultati di un sondaggio sugli americani e la politica estera che tra le varie risposte contiene un’informazione chiara: la maggior parte dei cittadini statunitensi di entrambi i partiti continua a sostenere l’invio di armi all’Ucraina. 

Detto questo, è altrettanto evidente come i Democratici siano più convinti di fornire assistenza a Kiev rispetto ai Repubblicani, per un valore medio che si aggira sui 10 punti percentuali. Da notare che solo alla domanda sul se inviare truppe statunitensi per aiutare l’Ucraina per difendersi dalla Russia, le percentuali dei favorevoli calano sotto il 50% — contrariamente a una media ben sopra al 60 riguardo ad altre forme di assistenza.

Ma torniamo alla differenza di approccio tra Reps e Dems, perché è importante visto il momento e perché da lì escono altri segnali (tutto serve a raccontare sia l’America di questi tempi, sia potenziali modifiche a ciò che stiamo vedendo da mesi sull’Ucraina che potrebbero interessare anche l’Europa).

Il leader della minoranza della Camera, Kevin McCarthy, un repubblicano californiano che ha sostenuto le stramberie con cui Donald Trump cercava di non riconoscere la vittoria presidenziale di Joe Biden, ha detto recentemente in pubblico ciò che molti a Washington e in Europa temono in privato. Ossia: qualcosa potrebbe cambiare sull’assistenza all’Ucraina se i Repubblicani prenderanno il controllo del Congresso con le elezioni di metà mandato (che si terranno l’8 novembre).

In un’intervista a Punchbowl News del 18 ottobre ha detto: “Penso che la gente si troverà in una situazione di recessione e non scriverà un assegno in bianco all’Ucraina”. È una rivendicazione tipica dell’America First trumpiano: “non mi risulta Raqqa sia nello Utah” diceva anni fa un funzionario diplomatico trumpiano per spiegare le ragioni per cui l’allora presidente intendeva ritirare i soldati da quelle che definisce “endless war”. E il rischio è che il conflitto ucraino diventi qualcosa del genere nell’immaginario di un certo tipo di elettori e politici americani.

A maggio, 57 repubblicani della Camera hanno votato “no” a un pacchetto di aiuti all’Ucraina da 40 miliardi di dollari. Questo numero potrebbe essere destinato ad aumentare notevolmente sia nel tempo, sia perché un rimaneggiamento della Camera (e del Senato) potrebbe portare tra i seggi deputati trumpiani che vedono in modo molto diverso la Russia e il finanziamento all’Ucraina. L’ottica potrebbe essere: perché spendere soldi per armare e sostenere Kiev che combatte contro un leader come Vladimir Putin di cui in fondo apprezziamo alcune caratteristiche personali e di governo?

Dopo i 40 miliardi di dollari, molti repubblicani hanno detto: “Questa è l’ultima volta che sostengo i finanziamenti all’Ucraina”, ha dichiarato ad Axios uno dei top ranking congressuali. Ma attenzione: sé questa componente repubblicana ha un approccio pragamatico (salvo qualche Putin’s fan), dall’altra parte c’è un gruppo democratico (i leftist più aggressivi) che sulla questione ha un approccio ideologico spinto dal pacifismo e temi collegati.

Sono segnali di politica interna con riflessi all’esterno, perché se risparmiare sugli aiuti significa liberare fondi da spendere per gli americani (aspetto condiviso dagli approcci su entrambi i lati), questo si porta dietro l’allargare il coinvolgimento degli alleati per sostituire ciò che gli Usa a lungo andare potrebbero fare di meno.

Come sempre in questi casi, come succedeva ai tempi di Trump, i repubblicani chiedono agli alleati europei di farsi avanti, soprattutto perché i circa 53 miliardi di dollari di aiuti totali che gli Stati Uniti hanno impegnato per l’Ucraina sono circa il doppio dei contributi di tutti i Paesi dell’Ue messi insieme. È un sentimento che non manca anche tra i Democratici, si ricorderà la storia dei “free riders di Barack Obama — in quel caso si parlava di Libia, ma c’era molto altro dietro.

Non a caso, il presidente dei servizi armati della Camera, Adam Smith, democratico dello stato di Washington, ha detto in una recente intervista che gli Stati Uniti dovrebbero mantenere la pressione su Paesi come la Germania senza rallentare i propri contributi. Ossia: gli europei sono portati ad aumentare il loro impegno, probabilmente anche se la Casa Bianca dovesse scegliere di continuare a legiferare in forma di executive order per superare eventuali ostruzioni del Congresso. E questo è qualcosa su cui ragionare in futuro.

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