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Serve una task force Ue-Nato per la cybersecurity. La proposta di Mayer

Occorre proseguire questo tipo di collaborazione proficua tra le due sponde dell’Atlantico per creare una nuova sintesi tra le più avanzate normative europee e le indubbie capacità tecnologiche (pubbliche e private) presenti negli Stati Uniti. Ciò non deve valere solo per le tecnologie digitali, ma per l’intero settore della ricerca e sviluppo

La conferenza di Roma promossa dalla Nato che si apre oggi alla Farnesina su “Resilience, Preparedness and Responsiveness to Cyber Threats to Critical Infrastructure” è un’occasione molto importante sia sotto il profilo della difesa europea sia per i futuri rapporti rapporti tra Nato e Unione europea.

Per quanto riguarda questo secondo aspetto in occasione di una conferenza Explorations in Cyber International Relations a Cambridge, Massachusetts, nel gennaio 2014 Fabio Rugge (attualmente vice rappresentante d’Italia alla Nato) e il sottoscritto avevano avanzato una proposta che forse vale la pena rilanciare proprio in questi giorni.

Il progetto ECIR promosso congiuntamente da MIT e Harvard University è nato con l’obiettivo di colmare il “cyber governance gap” che già all’epoca si registrava non solo a livello globale, ma anche nell’ambito delle relazioni transatlantiche.

La nostro proposta partiva dall’assunto che l’universo digitale è per sua naturale duale e sarebbe stata una miopia politica clamorosa che la Nato da un lato e l’Unione europea dall’altra seguissero strade parallele senza identificare punti di convergenza di carattere sia analitico che operativo. Le minacce digitali hanno, infatti, una matrice comune perché attacchi cyber alle infrastrutture critiche civili (acqua, energia, reti ferroviarie, porti, traffico aereo e aerospazio, per fare qualche esempio) possono provocare danni equivalenti e/o anche ben peggiori degli attacchi cinetici a presidi militari.

Mi auguro pertanto che nei prossimi giorni alla Farnesina si dia finalmente vita un task force congiunta Nato-Unione europea in materia cyber che in termini operativi riempia un vuoto pluriennale. Altrimenti il rischio è che ogni Stato membro dell’Unione europea cerchi autonomamente una propria strada. In Francia, per esempio, la recente partnership tra Thales e Google nell’ambito cruciale del Cloud Computing potrebbe essere promettente. È un caso di partnership tecnologica tra aziende strategiche europee e Big Tech americane, ma (come altri progetti in cantiere di altre aziende) dovrebbe trasformarsi in una preziosa occasione di sperimentazione non per un solo paese, ma per l’intera Unione europea.

Dopo l’intenso lavoro congiunto tra Commissione europea e amministrazione statunitense, la Casa Bianca ha, inoltre, deliberato l’8 ottobre scorso un executive order in materia di dati che ha lo scopo di superare le critiche della Corte di giustizia europea relative all’accordo cosiddetto Private Shield.

Occorre proseguire questo tipo di collaborazione proficua tra le due sponde dell’Atlantico per creare una nuova sintesi tra le più avanzate normative europee e le indubbie capacità tecnologiche (pubbliche e private) presenti negli Stati Uniti. Ciò non deve valere solo per le tecnologie digitali, ma per l’intero settore della ricerca e sviluppo.

Senza questo sforzo congiunto ha poco senso parlare di difesa europea. Solo identificando concrete aree di collaborazione tecnologica scientifica e industriale tra la Nato e l’Unione europea, pur nella diversità dei rispettivi compiti si possono raggiungere risultati concreti. L’Europa e gli Stati Uniti (ma il discorso vale per tutte le democrazie del mondo) saranno in grado di vincere le sfide tecniche e politiche indotte dalla rivoluzione digitale solo se se saranno in grado di cooperare.

Come è noto, tecnologia non fa rima con democrazia e il richiamo politico a un sovranismo impotente ottiene il risultato contrario. Non è un caso che chi se n’è sinora avvantaggiato in Europa sono le autocrazie, Russia e Cina in primis. Per questo la conferenza Nato che si inaugura oggi alla Farnesina potrebbe davvero fare la differenza. Se non ora quando?

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