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La civiltà occidentale (e il governo Meloni) davanti alla guerra. La versione di Mauro

“O noi siamo la terra dei diritti, della democrazia, delle istituzioni, oppure non siamo niente. Meloni? si propone come garante della posizione filo atlantica e a sostegno dell’Ucraina, non c’è motivo di dubitarne. Ma l’Italia resta una faglia in cui la voce del Cremlino può insinuarsi”. Conversazione con l’editorialista di Repubblica

L’unità dimostrata dall’Europa dal giorno dell’invasione russa dell’Ucraina ha sorpreso molti. Il nostro continente, e le sue istituzioni, hanno messo in campo non tanto l’arma militare quanto quella politica, ed è stato un elemento chiave della risposta all’irresponsabile operazione di Putin, a sostegno del rinforzo militare guidato dagli Stati Uniti. A questa unità ha contribuito in modo significativo Mario Draghi. Il quadro attuale potrebbe cambiare? Ora in Italia c’è un nuovo governo che sposta a destra l’asse politico dell’Unione, un presidente francese che non disdegnerebbe di riallacciare con Putin e il cancelliere tedesco che, in solitaria, va in Cina.

Ue unita?

L’Ue saprà restare unita o gli interessi dei singoli Paesi prevarranno sul sentimento di comunità? Secondo l’ex direttore di Repubblica, Ezio Mauro, bisognerebbe che l’Europa sapesse che cos’è e che cosa deve essere e misurasse ogni volta la sua politica sulla base dello scarto tra ciò che è e ciò che deve essere. “Non c’è alcun dubbio – dice a Formiche.net – che Putin ha scelto, al momento dell’invasione all’Ucraina, di trasformare la teoria che aveva seminato in questi ultimi anni nella pratica del colpo di forza in un momento particolare, subito dopo la ritirata americana dall’Afghanistan: quindi l’indebolimento dell’immagine americana, soprattutto il modo in cui è stato vissuto il ritiro americano e poi, nel momento di lontananza tra le due sponde dell’Atlantico, nel momento in cui l’Atlantico si allargava di più. Ma ha fatto male i suoi calcoli perché Europa e Stati Uniti si sono riavvicinati”.

Isolazionismo vade retro

E osserva che l’isolazionismo, che è repubblicano, oltranzista ma contagia la popolazione e l’America, è stato ricacciato indietro da Biden, che si è tenuto in dialogo costante con l’Europa e soprattutto l’Europa ha risposto in modo unitario, quasi come se avesse un embrione di politica estera comune. “Diciamo che l’Europa ha passato due prove: quella del covid e quello della guerra, in cui ha capito che di fronte a una sfida che superava le dimensioni dello Stato nazionale, voleva rimanere in campo e doveva fare la sua parte: l’ha fatta sia per l’uno che per l’altra. Ma queste due emergenze congiunte, che segnano le epoche e condizionano tutto quello che stiamo vivendo, sono però state uno stress test per l’Europa da cui è uscita politicamente rafforzata. Questo è un dato importante”, precisa.

Scollamento

E altrettanto evidente, ma non da oggi, che più dura questa situazione di conflitto e più i rischi di uno scollamento ci sono. Secondo Mauro è per questo che occorre una consapevolezza molto forte di ciò che noi siamo come europei e come occidentali, “nel senso che è facile manifestare indignazione nel momento dell’invasione, ma poi c’è il rischio quella indignazione abbia una data di scadenza come lo yogurt e che quindi, dopo mesi di guerra, non si distingua più tra le ragioni e i torti delle parti in causa e si consideri la guerra con responsabilità equivalenti”.

Questo cozza contro i nostri doveri, ma anche contro i nostri diritti, sottolinea, perché significherebbe non vedere che ciò che è stato minacciato con l’attacco russo “è l’insieme di principi in cui noi crediamo, che abbiamo professato e che abbiamo sostenuto ritenendo addirittura che avessero una valenza universale: quindi questo indebolimento dell’opposizione di condanna alla pretesa del Cremlino rischia di aprire dei varchi all’azione di Putin e rischia soprattutto di indebolire l’identità europea”.

Eurodilemma

“O noi siamo la terra della democrazia, dei diritti, della democrazia, delle istituzioni, oppure non siamo niente – puntualizza Mauro – Siamo un’entità geografica rappresentata non da un sovrano, ma da chi è in grado di spendere politicamente l’accumulo di storie che i nostri Paesi portano con loro e definito da una moneta e non da dei valori. Noi siamo davanti a questo bivio: diciamo che Putin è fortemente interessato a rompere l’unità dei paesi europei e a sottolineare ogni increspatura che c’è nella posizione ufficiale presa dalla Ue o nei distinguo da parte di singoli Stati. Ma addirittura ogni distinguo da parte anche di leader che fanno parte di maggioranza di governo. In questo senso c’è una faglia che attraversa l’Europa e attraversa l’intero Occidente. Passa purtroppo attraverso l’Italia perché le posizioni filo russe prese in modo sicuramente sgangherato, ma consapevole, da Berlusconi e da Salvini, dimostrano che la faglia nella posizione europea attraversa l’Italia, che un’altra volta diventa una nazione particolarmente esposta”.

Faglia Italia

Una faglia che, secondo l’ex direttore di Repubblica, è curata con molta attenzione dal Cremlino, dai suoi metodi e dai suoi uomini, perché dimostra una fragilità particolare e una esposizione a questo rischio che altri Paesi non hanno o che controllano di più. “Ora Meloni si propone come garante della posizione filo atlantica e della posizione nettamente a favore dell’Ucraina, che ha espresso già in campagna elettorale che ha riconfermato nel discorso alla Camera. E non c’è motivo di dubitare della sua sincerità per due ragioni. La prima è che questa posizione è stata sempre tenuta dal Movimento Sociale Italiano, che, dopo la prima opposizione all’Alleanza atlantica nel ’49 e nel Congresso successivo, ha compiuto una svolta atlantica e da quel momento non si è più mosso da quella posizione. La seconda ragione che fa credere a un’opposizione sincera è che in questo caso la sincerità coincide con la convenienza”.

Usa & Italia

Il rischio è che, in questo modo, Meloni scambi con la lealtà atlantica con il totale dei suoi compiti nei confronti dell’Occidente, prosegue Mauro. “Ma l’Occidente non può essere ridotto a un’alleanza militare, sia pure importante come la Nato, perché l’Occidente non è una caserma, ma è una civiltà definita da una storia e con le sue scelte date da valori e principi. Quindi la domanda per Meloni è: si riconosce nella cultura politica occidentale e riconosce la democrazia come è definita in Occidente, quindi fondata sullo stato di diritto e sulla separazione dei poteri? Perché non dimentichiamoci che quando è nato il contenzioso tra Orban e l’Unione europea sullo stato di diritto a cui erano subordinati i fondi del Pnrr per l’Ungheria, la Meloni, con un articolo sul Corriere della Sera, ha preso posizione a favore di Orban”.

Stato di diritto

Il discorso dello stato di diritto, osserva, comporta un discorso sul potere e come su come questi leader intendono il potere, perché dire no allo Stato di diritto significa dire no al controllo di legalità della magistratura sugli atti del potere, al controllo di legittimità della Corte costituzionale, al controllo politico del Parlamento a controllo sociale da parte della libera informazione. “Quindi la domanda di fondo finale è: ci riconosciamo tutti nel concetto di democrazia? La democrazia non è più un assoluto, ha bisogno di aggettivi oggi per essere definita: la democrazia occidentale è quella in cui si riconosce Meloni o no? Vorremmo saperlo, anche perché io vorrei che i miei figli continuassero a crescere dentro una cultura occidentale”.

Realpolitik di Meloni

Esiste il rischio che l’Italia sia tentata di cedere? Oppure gli elementi di realpolitik, come la guerra, la crisi economica e quindi l’esigenza di avere relazioni fruttuose serie con l’Europa, aiuteranno alla fine Palazzo Chigi a tenere saldo l’asse transatlantico?

“Dai primi atti della Meloni si rivela una scelta e un profilo di professionismo politico: già il fatto che abbia scelto come primo viaggio l’Unione Europea è significativo e i suoi toni sono cambiati rispetto a qualche tempo fa. Però non c’è dubbio che l’Europa resterà un campo di esercizio di quella sovranità a cui Meloni e Salvini si rifanno, ovvero nazionalismo e sovranismo”.

Il rischio, aggiunge, è che l’identità su cui punta evidentemente possa creare dei problemi pur non sono presenti nella coscienza dei cittadini, ma creandoli artificialmente per poi risolverli. Come la questione dei rave e dei rom, non certo due dei primi problemi degli italiani oggi.

“Sono stati acchiappati al volo per costruirci sopra una maschera identitaria di partito, magari per dire: pacchia finita, cambio della musica. E’ costruito a freddo ed evidentemente è un metodo, una strategia di marketing politico. Però, naturalmente, non essendoci la sostanza dietro non è la risposta a un bisogno della popolazione, ma è la creazione artificiale di un falso bisogno, per poi poter intervenire a risolverlo in modo che si prenda atto della caratteristica di questo nuovo governo come governo d’ordine”, conclude.

@FDepalo

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