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Più pragmatismo e meno ideologia. Varvelli (Ecfr) e le mosse del governo

Nel giro di pochi giorni è stato mostrato il doppio volto del governo sugli affari internazionali, spiega Varvelli, capo dell’ufficio italiano dello European Council on Foreign Relations. Da un lato il pragmatismo della premier Meloni ai vertici internazionali, dall’altro lo scontro ideologicizzato con la Francia

Giorgia Meloni non ha passato ancora un mese a Palazzo Chigi eppure ha avuto già l’eccezionale opportunità di muoversi all’interno dei più importanti contesti politici internazionali. In ordine sparso, ha partecipato a un G7, ha avuto modo di rappresentare l’Italia in un contesto cruciale per il futuro come la Cop27, è stata al G20. Vertici in cui ha avuto occasione per farsi conoscere dalle controparti globali, anche attraverso incontri bilaterali la cui organizzazione normalmente impiegherebbe mesi di preparazione. Contesti usato dalla premier per costruire rapporti che finora non aveva avuto modo di avviare.

“Osservando la campagna elettorale e i primi passaggi molto istituzionali da parte di Giorgia Meloni immaginavamo che fosse abile ad evitare di incappare e incaponirsi su questioni ideologiche riguardo ai dossier internazionali”, commenta Arturo Varvelli, direttore dell’ufficio di Roma dell’Ecfr.

“Quindi immaginavo molto pragmatismo — commenta con Formiche.net — come quello che ha cercato di tenere per esempio nel contesto del G20, dove è stata piuttosto low profile, consapevole che per lei era la prima volta e che doveva instaurare attorno a sé un clima di fiducia e confidenza. Sforzo che non è mai facile per un presidente del Consiglio italiano, chiunque esso sia, aggiungo, a parte il caso di Mario Draghi che era già molto conosciuto”.

Meloni a Bali ha avuto modo di incontrare in rapida successione Joe Biden e Xi Jinping, e successivamente vedere Nerendra Modi, ospite della prossima edizione del vertice tra le venti più grandi economie del pianeta. Tre colloqui che danno la misura del livello molto alto di impegni che la presidente del Consiglio ha affrontato appena entrata in ufficio. Incontri a cui, nonostante la lunga esperienza politica in Italia, non era certo abituata. Eppure tutto sommato il giudizio generale ricevuto, anche a livello internazionale, è positivo.

“Ciò detto — continua Varvelli — lo scontro con la Francia e il presidente Emmanuel Macron è uscito fuori da quel binario del pragmatismo, scivolando nell’ideologizzazione. Eppure da Macron era arrivata un’apertura di credito importante, tant’è che quando è rimasto a Roma (dove si trovava per un incontro con il presidente Sergio Mattarella e per un evento organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio molto prima del voto, ndr) con la volontà di parlare con Meloni, fresca di vittoria elettorale, ha ricevuto anche delle critiche in Francia per aver voluto il faccia a faccia”.

Cosa è andato storto? “In quel momento — risponde il direttore dell’ufficio italiano del think tank paneuropeo — si pensava che si potesse instaurare un asse più positivo con la Francia che con la Germania. Dato anche il fatto che Parigi e Berlino non hanno ottime relazioni adesso per questioni di politica intra-Ue, Macron aveva (e probabilmente ha ancora) bisogno dell’Italia per riequilibrare giochi di potenza all’interno dell’Unione. Meloni si poteva muovere sul solco draghiano, ossia giocare un ruolo sull’interesse nazionale ma in chiave moderata, pensando soprattutto alla proiezione e agli interessi di Roma nei dossier europei”.

Per Varvelli, il governo italiano non ha percepito l’opportunità di creare quell’asse, ingaggiando uno scontro sulla questione dei migranti: scontro da cui non è proprio uscito vincitore, incassando la solidarietà di Grecia, Malta e Cipro, non certo i più influenti membri dell’Ue, e mancando di ricevere appoggio per esempio dalla Spagna, sebbene si trovi in condizioni simili”.

“Questa mancanza di capacità di capitalizzare un’opportunità e occupare uno spazio, nonostante ci siano state anche azioni strumentali di Macron per giochi di potere interni a Parigi, non ha compromesso le relazioni ma ha portato Meloni a perdere un’occasione. E non è chiaro quanto per sua volontà diretta o per movimenti politici interni alla maggioranza di governo italiana”.

E dunque, il tema di fondo che esce da questi primi, molto internazionali, giorni di governo, è la contrapposizione tra slanci ideologizzati e strategie pragmatiche. Le seconde seguono quelle dichiarazioni di Meloni sull’ambizione (del tutto auspicabile, ndr) del governo di “ragionare di strategia”, le prime rischiano di infangarsi in pantani che già in passato hanno segnato il passo di altri esecutivi italiani.

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