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Quali priorità per i futuri 007. Appunti per il nuovo sottosegretario

La scelta di Meloni di affidare a un magistrato come Alfredo Mantovano la delega ai servizi segreti è una novità interessante. Ora è il momento di rinforzare un comparto che gode della fiducia degli italiani, formando giovani leve sui temi più urgenti: crisi energetica, cambiamento climatico, Global Health, deterrenza nucleare, terrorismo internazionale e sicurezza alimentare

Alfredo Mantovano, esponente politico con una esperienza parlamentare di lungo corso – tra l’altro è stato membro del Copaco (oggi Copasir) per Alleanza Nazionale – proviene dalle file della magistratura.

La scelta del Presidente del Consiglio di affidare ad un magistrato la delega ai servizi segreti è – a mio avviso – una novità interessante. Essa, infatti, potrebbe ulteriormente migliorare la relazione tra comparto intelligence (Dis, Aisi e Aise) e potere giudiziario. Nell’Italia repubblicana – mi riferisco soprattutto ai decenni precedenti alla legge di riforma 124 /2007 – tensioni tra magistratura e servizi sono state piuttosto frequenti.

Si tratta peraltro di un fenomeno non solo italiano, esso è in un certo senso “fisiologico” in tutte le democrazie come dimostra la trama (sin troppo romanzata) di tanti prodotti cinematografici dedicati a conflitti intra-istituzionali tra il mondo della giustizia e il comparto intelligence.

Non posso ovviamente entrare ovviamente in casi specifici, ma i lettori di Formiche.net possono facilmente intuire che in un certo numero di casi (talora molto importanti) è davvero molto difficile – se non impossibile – stabilire preventivamente se una determinata informazione debba essere seguita dalle forze dell’ordine nell’ambito della loro attività di Polizia di Prevenzione, se debba, viceversa, essere processata esclusivamente nel circuito del Sistema di Informazione della Repubblica per ragioni di Sicurezza Nazionale o se (e quando) si debba invece procedere all’iscrizione della notizia di reato nell’apposito registro della Procura competente. Questa difficoltà di comprendere la rilevanza e la stessa attendibilità delle informazioni è particolarmente difficile quando si riferisce ai rapporti tra personalità fisiche e giuridiche italiane e ambienti pubblici e privati operanti all’estero in regimi autoritari.

Per restare esclusivamente nell’ambito della polizia giudiziaria – come sanno bene i magistrati – talora perseguire troppo presto un reato minore può pregiudicare le attività investigative di fatti criminosi molto più gravi. Nei casi più controversi oltre allo scrupoloso rispetto delle procedure di legge contano moltissimo due parole chiave: buon senso e fiducia reciproca.

Sotto questo profilo nel nostro paese un esempio particolarmente virtuoso è rappresentato dall’esperienza quasi ventennale del CASA Comitato Analisi Antiterrorismo. Per un esame aggiornato delle attività del CASA basta fare riferimento alla relazione annuale sulla informazione per la sicurezza del 2021.

Per fortuna nei primi due decenni del terzo millennio l’opinione pubblica italiana ha dimostrato una crescente fiducia nell’operato dei nostri servizi. Anche le iniziative rivolte alla cultura della sicurezza hanno suscitato un notevole interesse nelle nuove generazioni sia nelle scuole superiori che nell’università.

In questa fase così difficile (dominata come ha scritto la senatrice Cattaneo dal “baratro della disinformazione”) sarebbe opportuno dare nuovo slancio a queste attività e compiere un salto di qualità nei rapporti con l’università soprattutto per quanto riguarda le attività di ricerca sugli scenari futuri dell’Italia nel medio e lungo periodo. Sono ormai numerose le tesi di laurea magistrale e le tesi di dottorato in materia di intelligence e sicurezza nazionale.

Sarebbe interessante fare il punto di quanto è stato fatto nell’ultimo decennio e indicare nuove agende di ricerca sulle sfide e minacce globali: crisi energetica, cambiamento climatico, Global Health, deterrenza nucleare, terrorismo internazionale e sicurezza alimentare. Occorre in particolare focalizzare l’analisi strategica sul futuro dell’Africa dove attori politici come la Russia, la Turchia, la Cina e l’India stanno ampliando e rendendo più sofisticate le loro rispettive aree di influenza.

Sento, infine, la necessità di concludere con una postilla finale negativa e un suggerimento. In Italia c’è ancora un grosso ostacolo da rimuovere che scoraggia gli studiosi: la difficoltà di accesso ai materiali teoricamente disponibili.

Lo studio delle esperienze passate è indispensabile in tutte le attività formative di base e specialistiche. Negli Stati Uniti uno degli strumenti più utilizzati a fin didattici è la reading room informatica della Cia. Si tratta di uno strumento molto semplice da consultare per accedere a documenti declassificati o parzialmente declassificati. Per spiegarmi meglio sottopongo ai lettori un rapporto della Cia di notevole attualità datato 15 dicembre 2001 e relativo alla pianificazione di nuovi gasdotti tra Russia e Cina.

A CIA 2001 15 aprile Gasdotti China Russia

In Italia manca uno strumento agile di accesso ai dati. Il processo di digitalizzazione (con facilità di accesso) degli archivi declassificati dei segreti italiani non darebbe solo nuova linfa agli studi di intelligence, ma sarebbe anche un ottimo segnale di trasparenza e di novità per tutti i cittadini. Non vedo rischi particolari perché se anche qualche parte verrà “redacted” per ragioni di sicurezza nazionale (o anche più semplicemente per non esporre persone a pericoli) avremo finalmente quel prezioso quadro d’insieme che sino ad oggi è mancato. Mi auguro che l’esigenza che ho espresso trovi nel governo e in parlamento un consenso bipartisan.

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