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Il Regno Unito bandirà gli Istituti Confucio? Il dibattito ai Comuni. In Italia…

Il governo sta “considerando di chiudere” le organizzazioni cinesi, considerate “una minaccia per le libertà civili in molte università” del Paese. Secondo un recente rapporto, soltanto quattro dei 30 forniscono esclusivamente istruzione “culturale e linguistica”. Gli altri…

Liz Truss è rimasta premier del Regno Unito per soli 50 giorni, un record negativo nella storia del Paese. Ma ha fatto in tempo a lasciare una pesante eredità in politica estera al successore Rishi Sunak: la linea dura sulla Cina. Qualcosa che il nuovo premier difficilmente potrà e verrà cambiare nel breve-medio periodo.

Segno della continuità del nuovo approccio di Londra verso Pechino è Tom Tugendhat, minister of State (l’equivalente del nostro viceministro) per la Sicurezza al ministero dell’Interno. È il deputato tory che si è distinto per le sue posizioni da “falco” (dal Covid-19 al 5G, da Hong Kong allo Xinjiang) durante i cinque anni alla guida della commissione Esteri della Camera dei Comuni. Per queste, nella primavera dell’anno scorso è stato sanzionato e bandito dalla Cina.

Ieri Tugendhat ha dichiarato alla Camera dei Comuni che il primo ministro “considerando di chiudere” gli Istituti Confucio nelle università del Regno Unito per problemi di sicurezza. Si tratta di organizzazioni che “rappresentano una minaccia per le libertà civili in molte università” del Paese, ha spiegato. E l’ha fatto ricordando le impegni presi da Sunak durante la campagna per la leadership contest estiva del Partito conservatore. La Cina è la “più grande minaccia per la sicurezza del Regno Unito e del mondo”, aveva detto l’allora aspirante leader. Parole che, ricordate in Aula da Tugendhat, hanno suscitato la reazione compiaciuta di Iain Duncan Smith, ex leader tory e figura di riferimento nel partito per i sostenitori della linea dura (come si vede nel video qui sotto).

Due anni fa, intervistato da Formiche.net, lo stesso Iain Duncan Smith aveva dichiarato: “Non penso che ci sia mai stata un’epoca d’oro. Penso in realtà ci fosse una visione naïve nel Regno Unito della Cina: che ci fossero molti soldi da guadagnare e i governi hanno quindi chiuso gli occhi davanti agli abusi delle aziende cinesi e del governo cinese”.

Nel Regno Unito ci sono 30 Istituti Confucio, nati con l’obiettivo dichiarato di insegnare il mandarino e la cultura cinese agli studenti internazionali. Ma secondo un recente rapporto del centro studi Henry Jackson Society di Londra, soltanto quattro di questi forniscono esclusivamente istruzione “culturale e linguistica”. La maggior parte, infatti, svolge altre attività, che in alcuni casi comprendono lobbismo politico (con ricevimenti “pro Cina” in Parlamento e la promozione della Via della Seta) e facilitazione di partnership tecnologiche. Sam Dunning e Anson Kwong, autori del rapporto, sostengono che alcuni degli istituti fanno leva sulla buona reputazione delle università britanniche mentre sono “formalmente parte del sistema di propaganda del Partito comunista cinese, dipendono economicamente dai finanziamenti del governo cinese e, in generale, sono soggetti alle restrizioni alla libertà di parola della Repubblica popolare cinese”.

Dai tory di Londra un segnale anche ai conservatori di Roma. Degli Istituti Confucio si è occupato anche il Copasir nella scorsa legislatura, sotto la presidenza di Adolfo Urso, senatore di Fratelli d’Italia oggi ministro delle Imprese e del made in Italy nel governo presieduto da Giorgia Meloni. Tra gli strumenti della penetrazione cinese in Italia – “molto invasiva, con finalità non solo di propaganda e di soft power” – vi sono appunto queste organizzazioni. “Quello della conoscenza, della ricerca e della formazione è sicuramente un asset che il nostro Paese deve imparare a tutelare anche da tentativi predatori e di acquisizione condotti dall’estero e da Paesi ostili, ma anche semplicemente in competizione con l’Italia”, si legge.



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