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L’industria del riciclo al servizio della transizione verde. Lo studio di Assoambiente

Siamo leader in Europa per tasso di riciclo e secondi per quello di circolarità. Ma esportiamo ancora troppi rifiuti, anche per mancanza di un adeguato sistema impiantistico, soprattutto nel Centro-Sud del Paese. Cosa è emerso dallo studio “L’Italia che ricicla”, presentato oggi a Roma da Assoambiente

Nel percorso di transizione ecologica ed energetica fortemente voluta dall’Unione Europea l’Italia vanta una posizione di avanguardia nel riciclo. Siamo il Paese che da sempre lo pratica, come risposta alla scarsità di materie prime. Potendo contare su una grande diffusione dell’industria manifatturiera, siamo riusciti, nel corso degli anni, a valorizzare materiali e scarti, facendoci trovare preparati ad affrontare le nuove e urgenti sfide, fino ad ambire al ruolo di hub del riciclo europeo. Il riciclo è il primo passo per andare oltre l’economia lineare per transitare verso un’economia circolare in un percorso che mira a ridurre l’impatto ambientale delle attività produttive. All’industria del riciclo è quindi affidato un ruolo strategico che dovrà condurre sulla strada della transizione ecologica.

E però ci sono luci e ombre nell’Italia che ricicla i rifiuti. Siamo leader in Europa per tasso di riciclo e secondi per quello di circolarità. Esportiamo ancora troppi rifiuti, anche per mancanza di un adeguato sistema impiantistico, soprattutto nel Centro-Sud del Paese. Per cogliere le sfide poste dal Pnrr e dagli obiettivi fissati a livello europeo occorre puntare su strumenti in grado di far compiere il definitivo salto di qualità all’industria nazionale del riciclo (come, ad esempio, gli acquisti verdi da parte delle Pubbliche amministrazioni e gli incentivi fiscali sui prodotti riciclati).

Sono queste le principali evidenze emerse dallo studio “L’Italia che ricicla”, presentato oggi a Roma da Assoambiente, l’associazione che rappresenta le imprese che operano nel settore dell’igiene urbana, riciclo, recupero, economia circolare e smaltimento dei rifiuti.

“Il riciclo dei rifiuti, oltre alla valenza che riveste per la transizione ecologica – ha commentato Paolo Barberi, vice presidente di Assoambiente – risulta oggi ancora più strategico per accrescere la resilienza economica del nostro Paese, particolarmente in questa fase di emergenza economica-energetica. Il alto di qualità per il settore, anche per il buon esito della parte di Pnrr relativa alla gestione dei rifiuti, potrà arrivare solo con la piena implementazione delle riforme. In questo senso è fondamentale che venga adottata compiutamente e celermente la strumentazione economica prevista dalla Strategia Nazionale per l’Economia Circolare”.

Oggi l’Italia si colloca al primo posto a livello europeo per il tasso di avvio a riciclo dei rifiuti, sia urbani che speciali con oltre l’83%, superiore non solo alla media europea (39,2%), ma anche rispetto ai maggiori Paesi dell’Unione: Spagna (60,5%), Francia (54,4%) e Germania (44%). Per quello della circolarità dei materiali (ossia la quota di materiale riciclato reimmesso sul mercato) l’Italia con il 21,6% è seconda solo alla Francia (22,2%) e comunque sopra la Germania (13,4%) e la Spagna (11,2%) e decisamente sopra la media Ue (12,8%). Un primato che si conferma anche il tasso di utilizzo di materiali proveniente da riciclo (47,2%), prima della Francia (39,3%), della Germania (27,3%) e della Spagna (18,5%).

Fin qui le note positive. Molto resta ancora da fare per far diventare l’industria del riciclo il motore di una nuova strategia di sviluppo del Paese basata sull’economia circolare. A partire dall’impiantistica. Se nella Germania sono 10 mila 500 gli impianti in attività (leader a livello europeo), l’ Italia è al secondo posto con  circa 6 mila 500 impianti: un dato solo in apparenza positivo. Sono, infatti, collocati soprattutto nel Centro-Nord del Paese (nella sola Lombardia sono presenti il 22%), nelle regioni, cioè, dove il comparto manifatturiero è particolarmente attivo e dove i materiali recuperati possono essere facilmente reimpiegati.

Altra nota dolente l’esportazione dei rifiuti. Sono 4 milioni 200 mila le tonnellate di rifiuti che viaggiano oltre confine per essere avviati a recupero (3,6 milioni quelli industriali; 600 mila circa quelli urbani). Un paradosso a cui si dovrà porre rimedio attivando gli opportuni incentivi e investimenti impiantistici, per recuperare il più possibile e accrescere la capacità del sistema produttivo  di ovviare alla  mancanza di materie prime. Con un occhio alla cronica lunghezza delle procedure autorizzative, la complessità delle normative regolatorie e la farraginosità del sistema dei controlli.

“Una serie di strumenti di accompagnamento in termini di riforme strutturali sono stati già messi in campo negli ultimi mesi grazie al Pnrr – è stata la risposta di Laura D’Aprile, capo Dipartimento Sviluppo Sostenibile del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica – Molte delle proposte contenute nel rapporto presentato oggi sono inserite all’interno della Strategia per l’Economia Circolare. Partiamo da qui tenendo presente il crono programma di attuazione dell’economia circolare. Il prossimo 5 dicembre avvieremo l’Osservatorio per l’Economia Circolare che lavorerà con dei gruppi di lavoro ai quali parteciperanno il mondo delle imprese e quello associativo”.

Il mutato contesto normativo e geopolitico suggerisce un ripensamento complessivo delle politiche e delle strategie industriali. La più recente legislazione ambientale europea pone le basi per modelli di produzione e consumo guidati dai principi dell’economia circolare. Sotto la spinta del Pnrr che assegna al ciclo dei rifiuti 2 miliardi 100 milioni di euro, si sono aperte opportunità per rafforzare il settore del riciclo , con riforme e investimenti dedicati. Semplificare e accelerare le procedure amministrative significa eliminare sacche di inefficienze, dove si alimentano le diseconomie e dove possono attecchire gli illeciti. Il salto di qualità che il mondo produttivo si attende non dipende soltanto dalle risorse messe in campo, ma soprattutto dal sostegno che le istituzioni nazionali e locali sapranno offrire per rendere operativi e concreti i progetti esistenti.

 


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