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Roberto Maroni, reggitore dello Stato. Il ricordo di Arditti

Maroni era oggettivamente bravo, certamente il più in gamba della sua generazione di leghisti. L’unico capace di mettersi il fazzoletto verde al collo e girare per le valli la sera e la mattina dopo presentarsi al ministero con l’abito giusto. Una delle migliori figure di “classe dirigente” della Seconda Repubblica

Voglio ricordare Roberto Maroni attraverso due diverse situazioni che ci hanno visti coinvolti direttamente, situazioni credo assai indicative di un protagonista generoso ed appassionato della nostra vita politica.

Scena prima, 1994. Maroni è Ministro dell’Interno del Governo Berlusconi nato dal voto di marzo. È un governo tutto nuovo sotto ogni profilo, nel mezzo di una stagione politica turbolenta a dir poco. Il premier inaugura una rubrica settimanale per Radio Rai, riprendendo la tradizione americana del dialogo “al caminetto” del Presidente. Io incontro Maroni ad un evento a Milano e gli propongo di fare lo stesso per Rtl 102.5, proposta che lui accoglie con entusiasmo e che portiamo avanti per diverse settimane. Ora, col senno di poi, che il Ministro dell’Interno si metta a fare una rubrica settimana di dialogo radiofonico è oggettivamente originale. Come in fondo fuori dagli schemi era quel governo, che non a caso è durato sette mesi. Però l’entusiasmo di Maroni fu autentico ed indicativo di una “passionaccia” per la politica che non si è mai spenta.

Scena seconda, 2013. Maroni diventa Presidente della Lombardia e si trova Expo 2015 sulla “scrivania”. L’evento è in fase di costruzione e riceve più critiche che elogi. Peraltro con una Lega non troppo favorevole, anche perché al governo (prima Letta e poi Renzi) si decide di cavalcare l’appuntamento come fiore all’occhiello nazionale. Ebbene sono testimone oculare del fatto che Maroni decise sin dal primo momento che avrebbe schierato la regione (che veniva da quattro mandati Formigoni) in pieno sostegno, come poi accadde fino al trionfale giorno dell’inaugurazione.

Maroni era oggettivamente bravo, certamente il più in gamba della sua generazione di leghisti. L’unico capace di mettersi il fazzoletto verde al collo e girare per le valli la sera e la mattina dopo presentarsi al ministero con l’abito giusto.

Era anche un uomo di rara simpatia e dalla battuta pronta.
Ma questi sono aspetti da lasciare al ricordo personale.
Mi interessa qui dire che Roberto Maroni è una delle migliori figure di “classe dirigente” della Seconda Repubblica.
Quelli che Platone chiamava “reggitori” dello Stato.
E scusate se è poco.

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