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Tutte le partite tra Roma e Parigi dietro la crisi dei migranti. Parla Pelanda

“I prossimi passi del governo? Fare un bilaterale con l’America e proteggere le sue linee di rifornimento che sono praticamente in Africa. Anche per l’energia Roma deve avere una politica africana e quindi deve produrre influenza non tanto con un presidio militare ma con uno diplomatico”. Conversazione con l’economista e accademico Carlo Pelanda

L’Italia deve proteggere, diplomaticamente, la propria linea africana e visto che dopo la Brexit gli Usa sono “entrati” in Ue, l’Italia deve fare asse per evitare di dare altre occasioni di frizioni ad una Francia in grande difficoltà. Così a Formiche.net Carlo Pelanda, economista, accademico e uno degli analisti più attenti delle relazioni internazionali che legge in filigrana la polemica italofrancese sui migranti, offrendo un’interpretazione di natura geopolitica.

Oltre il casus belli in sé, è stato utile aprire questo fronte proprio nel giorno della visita di Stoltenberg a Roma?

Il fronte è stato aperto della Francia che cercava una scusa per inviare un segnale di fastidio per un’Italia che sta facendo delle scelte che la Francia non si aspettava in campo di industria militare, di geopolitica e di relazioni con la Germania, con cui Parigi è in divergenza molto forte. Quindi cosa poteva fare il governo italiano? In questo caso la mia posizione è che la Francia ha cercato una scusa e le è stata data.

Si poteva evitare di dargliela?

Certo e questo è certamente oggetto di discussione però non dimentichiamo che non è facilissimo evitare la trappola stessa. Aggiungo che il governo francese non ha una maggioranza solida in Parlamento e i poteri di Macron sono sì forti nel sistema istituzionale francese, ma non tanto. E poi comunque quando c’è da litigare con l’Italia, anche i nazionalisti francesi si mettono in prima fila. Io farei piuttosto la lista delle partite aperte sul piano europeo.

Quali?

In primis lo spazio, è quello il fronte più importante. Ma soprattutto Parigi è rimasta sconvolta dalla maggiore convergenza italiana con la Germania. È vero che la Francia è un cliente importante, però i sistemi di Roma e Berlino sul piano industriale sono complementari; inoltre anche sulla politica estera entrambe hanno bisogno di avere un rapporto forte con l’America, mentre la Francia tende comunque sempre a mettere una barriera più forte su queste relazioni atlantiche. Quindi è ovvio che l’Italia tende a convergere più con la Germania che con la Francia.

Spazio e geopolitica, ma anche Libia e Mediterraneo è un fronte che tocca Italia e Francia. Su questo il governo che passi dovrebbe fare per evitare problematiche future?

Deve fare un bilaterale con l’America e deve proteggere le sue linee di rifornimento che sono praticamente in Africa. Anche per l’energia Roma deve avere una politica africana e quindi deve produrre influenza non tanto con un presidio militare ma con uno diplomatico. Quindi da un lato l’optimum sarebbe una convergenza italofrancese sulla parte di deterrenza e dall’altro sapere che l’America è il pilastro più importante per permettere all’Italia di stare nella sua proiezione di potenza nazionale. Non c’è un tavolo su cui Francia e Italia possono trovare una convergenza naturale, fatta eccezione per lo sfruttamento energetico dei fondali a ovest della Sardegna verso le colonne d’Ercole.

Si rischiano altri episodi come quello sui migranti, visto che abbiamo 100 miliardi di Btp in più da piazzare il prossimo anno e non abbiamo il bazooka della Bce?

Per la Bce bisogna dare più capitale politico a Panetta affinché possa fronteggiare la brava Isabel Schnabel, che ha preso il comando. E questo capitale politico può venire da un bilaterale con l’America, per cui vedo uno scambio: l’Italia raffina il suo essere cuneo atlantico in questo residuo sovietico che è l’Europa occidentale e in cambio l’America la rimborsa. Ciò permetterebbe ai nostri funzionari nelle varie sedi europee di avere più capitale politico da poter spendere e poi scambiare relazioni senza litigare. Trovo inutile star lì a pensare se possiamo andare d’accordo con la Francia e avere una porta aperta per fare dissuasione: la Francia così come la Germania sono due partner con cui è difficilissimo avere relazioni pubbliche, più facile averle riservate e in questa materia sarebbe interessante vedere se i conservatori si mettono d’accordo col Partito popolare. Credo infatti che per modificare alcune tendenze oppressive dell’Unione europea sull’Italia bisogna aspettare le elezioni del Parlamento europeo.

Il Trattato del Quirinale che peso avrà?

Con esso l’Italia ha tentato di essere dolce con la Francia firmandolo: nella forma è una lettera di intenti e i francesi sanno che è un pezzo di carta. Di contro capisco lo stato d’animo dei francesi che sono alle prese con la crisi tra Parigi e Berlino: ma la novità non è la Francia.

E chi?

La novità è che gli Stati Uniti sono entrati pesantemente a essere parte dell’Unione europea dopo la Brexit, con tantissimi alleati in tutta l’Europa dell’est e del nord. Osservo che quando il nostro ministro degli esteri dice che si è un po’ esagerato, ha dato il segnale di non voler litigare su questa cosa perché effettivamente l’Italia si ritrova nei guai ma non ha il vantaggio morale. In un quadro complicatissimo come questo non vorrei essere al governo: ma se mi si chiede l’esistenza di alcune soluzioni, rispondo che sono quelle che più o meno ho accennato prima.


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