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Le banche americane “invitate” a mantenere rapporti con i giganti russi

Alcuni grandi istituti statunitensi avrebbero ricevuto un invito dal Tesoro americano a continuare gli affari con i colossi del Cremlino, a cominciare dai produttori di fertilizzanti per il grano: una chiusura totale avrebbe ricadute pesantissime sulle forniture alimentari globali. Ma questo sta creando tensioni con il Congresso, che chiede conto ai banchieri

Le sanzioni dell’Occidente hanno colpito duro la Russia, demolendone parte della finanza e dell’industria e anche del sistema bancario. Tanto che quest’ultimo, nel giro di pochi mesi ha lasciato sul terreno circa 25 miliardi di dollari, in termini di attivi.

Ora però dagli Stati Uniti arriva una mano tesa, circoscritta al campo dell’economia e della finanza. Sì, perché il dipartimento del Tesoro avrebbe suggerito alle principali banche del Paese di continuare a mantenere rapporti con alcune aziende russe, in particolare quelle che operano nei settori energetico, agricolo ed alimentare. Nel riportare la notizia, l’agenzia statunitense Bloomberg ha citato tra gli istituti interessati i colossi Jp Morgan e Citigroup.

Si sarebbe trattato, scendendo nei dettagli, di un invito solo sussurrato che si inquadra nella più ampia azione che sta portando avanti la Casa Bianca. Come riportato nei giorni scorsi dal Wall Street Journal infatti, in questi mesi il consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan ha mantenuto un canale di dialogo con il segretario per la sicurezza russo Nikolaj Patrušev e con il consigliere di Putin Jurij Ušakov. E pensare che la politica americana, aveva già da tempo annusato l’aria e messo paletti piuttosto precisi.

Durante un’audizione parlamentare dello scorso 21 settembre il deputato democratico Brad Sherman aveva rinfacciato ad alcuni banchieri l’utilizzo di alcune scappatoie per continuare a fare affari con Mosca. “Stiamo solo seguendo le istruzioni del governo americano” aveva risposto il numero uno di Jp Morgan, Jamie Dimon. E forse il problema è proprio qui.

Sempre secondo Bloomberg, infatti, sembrerebbe esistere un disallineamento tra gli orientamenti del Congresso e quelli della Casa Bianca che sta cercando un punto di equilibrio nei rapporti con il Cremlino calibrando le ricadute delle sanzioni e limitando gli impatti sugli approvvigionamenti alimentari globali. In particolare Washington starebbe salvaguardando l’operatività del colosso russo del gas Gazprom e dei produttori di fertilizzanti Uralkali e PhosAgro. Le banche americane sono quindi state invitate a continuare operazioni come trasferimento di denaro, linee di credito e cambio di valuta.

E pensare che solo una settimana fa, la Russia ha imposto il divieto di negoziazione dei capitali di 45 banche di proprietà estera. Dopo il decreto che in agosto preannunciava un divieto temporaneo delle cessioni di asset finanziari occidentali, nei giorni scorsi Mosca ha pubblicato la lista dei 45 istituti coinvolti nel provvedimento. Oltre a gruppi nord europei come Bnp Paribas, Deutsche Bank, Credit Agricole e Credit Suisse, l’elenco disponibile sul sito del governo comprende le attività russe delle italiane Unicredit e Intesa Sanpaolo. Ma le banche americane non ci sono.

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