Il governo statunitense dice la sua riguardo a chi guadagna, e chi soffre, per gli sconquassi del mercato energetico. A chi accusa gli Usa di essere tra i primi, il Dipartimento dell’Energia risponde che semmai sono alcune grandi aziende europee a guadagnare sull’onda del rincaro dei prezzi
Nell’Europa sferzata dal caro-energia serpeggia da tempo il sospetto che gli Stati Uniti, diventati all’improvviso il maggior fornitore di gas naturale liquefatto dell’Ue, stiano traendo benefici inopportuni dalle vicissitudini degli alleati. Di recente il presidente francese Emmanuel Macron si è fatto interprete di questo sentimento diffuso, denunciando un “doppio standard” che a detta sua crea extraprofitti immeritati per le aziende energetiche statunitensi e norvegesi.
Effettivamente, la forbice immensa tra i prezzi del gas sulle due sponde dell’Atlantico ha portato profitti da capogiro per le aziende che acquistano il gas americano e lo vendono in Europa. Che non è propriamente lo stesso concetto. Martedì è arrivata la risposta di Washington, via un’intervista di Brad Crabtree – assistente segretario del Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti – al Financial Times: non i gruppi energetici statunitensi, ma quelli europei sono stati i veri vincitori del commercio transatlantico di gnl, ha detto il rappresentante del governo.
“Ciò che sta accadendo è che le società che detengono i contratti a lungo termine con i produttori di gnl statunitensi stanno aumentando il prezzo e guadagnando il margine sul mercato europeo”, ha dichiarato Crabtree. “Non si tratta di compagnie di gnl statunitensi, ma di compagnie petrolifere internazionali e di commercianti con sede in Europa”. E come riporta la testata britannica, tutte le più grandi compagnie energetiche europee e i commercianti di materie prime, tra cui BP, Shell, Glencore e Vitol, hanno tutti accordi di offtake a lungo termine con i produttori di gnl statunitensi.
“BP ha riportato la scorsa settimana un utile di 8,2 miliardi di dollari, registrando profitti ‘eccezionali’ dalla sua attività di commercio e commercializzazione del gas. Shell, che è il più grande commerciante di gnl al mondo, ha registrato utili per oltre 30 miliardi di dollari nei primi nove mesi dell’anno, avviandosi a superare il record di utili annuali di 31 miliardi di dollari stabilito nel 2008”, scrive FT.
Andando oltre, Crabtree ha voluto puntualizzare che gli Stati Uniti sono “assolutamente impegnati” ad aiutare l’Europa a soddisfare il proprio fabbisogno di gnl “a un prezzo accessibile per il continente”. Una conseguenza del patto tra Joe Biden e Ursula Von der Leyen dello scorso marzo. Motivo per cui Washington trova “particolarmente preoccupante che la discussione in Europa venga presentata come se avessimo un certo controllo sui margini di guadagno sul nostro gnl, perché non è così”, ha rimarcato l’ufficiale.
Cheniere Energy, il maggior esportatore di gnl a stelle e strisce, ha dichiarato che circa il 70% delle spedizioni dai suoi impianti in Texas e Louisiana sono state destinate all’Europa, rispetto al 30% circa dello scorso anno. E oltre a garantire una fornitura costante, gli Usa si concentrano sulla riduzione delle emissioni di carbonio associate al gnl per mantenere il sostegno al combustibile come “soluzione a breve e medio termine per la sicurezza energetica”, ha concluso Crabtree. “Dobbiamo dimostrare che questo fa parte di una strategia che ci mette in una traiettoria verso [zero emissioni nette] entro la metà del secolo”.