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Armi tedesche all’Ucraina bloccate dalla Svizzera. Riforma dell’export Ue cercasi

La Svizzera pone il veto alle riesportazioni di munizioni dalla Germania all’Ucraina, con profondo fastidio da parte di Berlino. Il caso dei cannoni contraerei Gepard conferma la necessità di arrivare a una nuova normativa europea sulle esportazioni di sistemi d’arma, un tema centrale anche per l’Italia…

La Svizzera ha posto il veto al trasferimento all’Ucraina di materiale d’armamento di sua produzione acquistato dalla Germania, una scelta che ha fatto aumentare la frizione tra il governo di Berlino e quello elvetico. Secondo i legislatori svizzeri, infatti, la richiesta della Germania di poter rifornire Kiev dei proiettili per i cannoni contraerei Gepard, di fabbricazione tedesca, violerebbe il principio della neutralità della Federazione elvetica. La posizione di Berna non è nuova, avendo già rifiutato una prima richiesta tedesca ad aprile e una simile per la riesportazione in Ucraina di una ventina di veicoli corazzati per il trasporto di personale Piranha avanzata dalla Danimarca a maggio.

Una lezione per l’Ue

Al di là della questione tra Berlino e Berna, il tema dell’esportazione di materiali d’armamento al di fuori dei confini, propri ed europei, è un tema che è stato centrale anche nelle riflessioni in seno all’Unione europea nell’ambito della costruzione della Difesa comune. A febbraio la Commissione era intervenuta rilasciando una serie di documenti con diverse proposte per il settore della Difesa, compreso un più agile controllo delle esportazioni, una necessità improrogabile anche di fronte alle crescenti minacce globali. Tra i punti trattati dal documento, infatti, è presente anche la rimozione dell’impedimento all’export verso l’esterno di materiali militari sviluppati in cooperazione dai Paesi europei.

L’apertura tedesca all’export militare

Del resto, l’apertura della stessa Germania all’export militare è recente, con la decisione di inizio ottobre di Berlino di sbloccare le esportazioni di armi verso stati non-Nato, cominciato con l’approvazione da parte del Consiglio federale di sicurezza della vendita di equipaggiamenti militari a Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. In particolare i permessi per i sauditi riguardano progetti di difesa europea in cui è coinvolta anche la Germania, a partire dalle parti di equipaggiamento e armamenti per gli aerei da combattimento Eurofighter e Tornado, per un valore complessivo di 36,1 milioni di euro. La nuova apertura della Germania a questo tipo di scambi potrebbe rappresentare una svolta importante anche per i programmi europei a cui partecipa Berlino, con il ministro della Difesa tedesca, Christine Lambrecht, che ha chiesto che la Germania non imponga quale standard alle altre nazioni partner dei progetti comuni i propri regolamenti restrittivi.

La posizione dell’Italia

Il tema è di interesse primario anche per il nostro Paese, con il settore della Difesa che da tempo chiede nuovi strumenti a supporto delle esportazioni nazionali. Nonostante l’approvazione della nuova architettura che ha permesso di stringere i primi accordi governo-governo (i cosiddetti accordi G2G), grazie alla modifica dell’articolo articolo 537-ter, manca ancora l’apposito regolamento attuativo per l’implementazione di tali misure.

I cannoni antiaerei tedeschi

Tutte queste riflessioni, tra l’altro, sono state accelerate naturalmente dall’invasione russa dell’Ucraina, che ha reso necessario procedere al rifornimento militare di un Paese che non è membro né della Nato, né dell’Ue, ma la cui difesa e integrità territoriale è un prerequisito per la sicurezza di tutto lo spazio transatlantico. Di fronte all’intensificarsi della campagna aerea condotta dai russi contro le infrastrutture ucraine, e la conseguente riduzione delle scorte di munizioni di Kiev, il governo tedesco ha esortato la Svizzera a rimuovere il veto e consentire il rifornimento militare delle forze ucraine dei sistemi Gepard, che si sono dimostrati molto efficaci come piattaforme di difesa antiaerea contro i lenti “droni kamikaze” (o più correttamente, munizioni circuitanti) di produzione iraniana in uso alle forze d’invasione russe.

Le munizioni svizzere

Il punto è che la piattaforma, impiega i proiettili da 35 millimetri prodotti dalla Oerlikon-Bührle, azienda svizzera oggi non più esistente. Quando il sistema entrò in uso alle unità militari tedesche, Berlino acquistò circa 12mila di questi proiettili, che ora vorrebbe inoltrare all’Ucraina come munizionamento dei cinquanta Gepard promessi dalla Germania a Kiev. Come parte del contratto originale, però, la Svizzera ha il diritto di porre il veto su eventuali rivendite o donazioni delle munizioni, veto in questo caso esercitato dai politici elvetici con la giustificazione di temere per la neutralità del proprio Stato.

La reazione elvetica

Nonostante le pressioni esercitate da Berlino (e da Kiev), il governo federale di Berna non ha ancora preso una decisione formale, con il dicastero della Difesa che ha trasmesso la richiesta tedesca al ministero delle Finanze, responsabile dei permessi per le esportazioni. Tuttavia la posizione svizzera non lascia sperare in una soluzione favorevole alle richieste della Germania. Da parte tedesca, alcuni esponenti politici hanno espresso il proprio disappunto alla decisione della Svizzera, ricordando come la Germania sia il principale mercato di esportazione dei sistemi d’arma prodotti nella repubblica elvetica, e velatamente minacciando di rivedere questa situazione, una posizione condivisa sia dalle forze di governo, sia da quelle all’opposizione.

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