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2022, fuga dalla Borsa (e non c’è solo il mattone). Ora palla a Meloni

Sono molte le società che hanno deciso di abbandonare i listini nel corso dell’anno, da Atlantia agli alfieri del real estate. Ora per fermare l’emorragia serve un piano che faccia tornare l’appetito agli investitori

I listini, si sa, vanno un po’ come le onde, seguono il vento. E il vento per il momento deve essere contrario. Altrimenti come si spiegherebbe la fuga da Piazza Affari in atto in queste settimane. Il delisting sembra essere ormai il solo credo finanziario di questa fine 2022, un anno complicato per i titoli e le piazze di tutto il mondo. Un esempio? Come raccontato da MF-Milano Finanza, il comparto del mattone.

Ognuna per un motivo diverso, le già poche società di real estate quotate stanno lasciando Piazza Affari, rendendo da questo punto di vista l’Italia uno dei mercati più anomali del Vecchio Continente. L’annuncio più recente è stato quello del gruppo De Agostini che ha manifestato al mercato l’intenzione di lanciare un’opa sul 32% del capitale di Dea Capital finalizzata al delisting. All’interno di Dea Capital c’è DeA Capital Real Estate sgr, che restava un approdo possibile per un investitore che volesse scommettere sul real estate in borsa. Ecco, nemmeno quella ci sarà più.

A settembre, ha scritto MF, invece era stata annunciata un’altra operazione. Hines e Vi-Ba hanno costituito il veicolo Domus, il quale ha acquistato le quote in Aedes Siiq di Augusto (in liquidazione) e Palladio, in totale il 54,86% e darà il via a un’opa per il delisting di Aedes Siiq. Quest’ ultima è la società nata pochi anni fa dalle ceneri di Aedes, fondata nel 1905 e quotata nel 1924, ossia la prima società immobiliare ammessa alla quotazione a Piazza Affari. Un pezzo di storia che lascerà il listino. In estate invece c’è stato l’addio al mercato di Coima Res, altra siiq che nel 2016, dopo anni era stata la prima società di real estate a provare la borsa.

Nel complesso in Europa ci sono 141 società immobiliari quotate. Tra Uk e Irlanda ce ne sono 57 per una market cap complessiva di 70 miliardi di euro, solo in Danimarca ci sono 26 gruppi sul listino per 57 miliardi, la Francia ne ha 13 per un mercato da quasi 31 miliardi mentre in Italia ne è rimasta sostanzialmente una, ossia Igd che capitalizza 360 milioni. Quindi riassumendo, nelle mappe ufficiali delle società di advisory di real estate compaiono 141 società quotate in tutta Europa di cui solo 1 in Italia. Qualcosa non torna.

Non è tutto. Al netto di Atlantia, forse il delisting più importante dell’anno, DeVa Finance, la cassaforte della famiglia Della Valle, ha rinunciato ad avanzare la richiesta di procedere alla fusione mediante incorporazione di Tod’s in DeVa Finance, alla quale sarebbe seguita l’uscita dal mercato delle azioni Tod’s. DeVa Finance ha preferito tenere conto delle indicazioni giunte dal mercato e non procedere a un’operazione che potesse essere ritenuta ostile o quantomeno not market friendly.

Tornando alla fuga, lo stesso quotidiano finanziario edito dal gruppo Class, ha lanciato una sorta di appello al governo, chiedendo misure in grado di far tornare la voglia di investire. “Il governo Meloni dovrebbe subito mettere in campo per rendere concrete le parole del ministro dell’Economia (Giancarlo Giorgetti, che sollecitato la predisposizione di interventi per la Borsa, ndr). Occorre innanzitutto stabilizzare e incrementare il credito d’imposta di 500.000 euro sulle ipo, rafforzare una concreta educazione finanziaria a partire dalla scuola primaria, adottare con speditezza tutte le norme del Libro Verde sui mercati che questo giornale ha anticipato e già elaborato al Mef con molte misure di semplificazione. Ed estendere i benefici fiscali dei Pir e dei Pir alternativi anche a chi possiede più di un piano di investimento”.

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