I due Paesi “stanno sempre più condividendo uno kit di strumenti” per indebolire l’Occidente, ha detto l’ambasciatrice Smith citando disinformazione e infrastrutture come leve nelle mani di Pechino e Mosca. L’alleanza è a buon punto ma serve maggior impegno da parte dei governi, ha aggiunto
Russa e Cina “stanno sempre più condividendo uno kit di strumenti che dovrebbe preoccupare la Nato”. A dirlo è Julianne Smith, ambasciatrice statunitense alla Nato, in un’intervista al Financial Times. “Non c’è dubbio” che i due Paesi, ha aggiunto, “stiano lavorando per dividere i partner transatlantici. E ora siamo molto consapevoli, tutti noi abbiamo una valutazione più profonda di questi sforzi e siamo intenzionati ad affrontarli”. Forniture energetiche e alla sicurezza informatica sono tra gli elementi di questo kit. “Abbiamo visto che condividono tattiche ibride”, ha detto. “Penso che la Cina osservi molto da vicino come la Russia si affidi alla disinformazione e a cose come la coercizione o la sicurezza energetica, le operazioni informatiche maligne o malevole”.
Ciò che è accaduto con la guerra in Ucraina, con alcuni media cinesi impegnati a puntare il dito contro la Nato, è frutto dell’esperienza Covid-19 (basti pensare alla fake news cinese degli italiani che dai balconi avrebbero cantato “Grazie, Cina”). Già a marzo del 2020 la testata statunitense Axios parlava di “una pagina” presa in prestito dalla Cina “dal manuale della disinformazione russa”. Laura Rosenberger, allora a capo dell’Alliance for Securing Democracy e senior fellow del German Marshall Fund, oggi senior director Cina al Consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca, spiegava che ci sono tre tattiche “che Pechino ha applicato nella sua campagna propagandistica sul coronavirus che ricordano chiaramente la strategia russa”: la diffusione di “teorie del conflitto multiplo”; l’amplificazione di “siti web complottistici” che, secondo l’esperta, non offrono alcuna trasparenza sui finanziamenti ma promuovono quelle teorie “che lo Stato intende sostenere” e l’uso coordinato di account Twitter di diplomatici e ambasciate, assieme ai media del regime, per dare più spinta alle teorie complottistiche.
In questa fase segnata dalla competizione tra superpotenze e dallo scontro tra modelli (democrazie contro autocrazie), Washington sta spingendo i membri della Nato a inasprire la loro posizione nei confronti della Cina, che nel nuovo Concetto strategico pubblicato a giugno è stata definita per la prima volta una delle “sfide” per l’alleanza. Preoccupano gli sviluppi militari di Pechino, le minacce alle infrastrutture critiche occidentali e la sua partnership “senza limiti” con Mosca. Alcuni Paesi, però, sembrano riluttanti ad abbracciare la posizione statunitense per paura di mettere a rischio i rapporti commerciali ed economici con la Cina o per timore di “distrazioni” dal sostegno all’Ucraina.
Il lavoro per portare i governi a riconoscere le sfide poste dalla Cina e ad affrontarle è “ben avviato”, ha detto Smith, aggiungendo che la Nato cercherà di raggiungere “pietre miliari” alle riunioni ministeriali e ai vertici dei leader. “C’è una parte di questo che spetta ai governi nazionali, alle decisioni nazionali, agli strumenti nazionali, alla legislazione”, ha sottolineato. “Stiamo parlando di proteggere i nostri valori, di proteggere la nostra unità e di proteggerci da alcune tattiche ibride su cui in particolare i cinesi amano fare affidamento”.
(Foto: USNATO)