I 27 hanno deciso di procedere per le restrizioni commerciali “discriminatorie e coercitive” contro la Lituania per Taiwan e per quelle imposte titolari di brevetti high-tech europei. Un passo verso gli Usa, che però…
L’Unione europea ha deciso di procedere all’Organizzazione mondiale del commercio (Wto) su due controversie commerciali in corso con la Cina.
La prima riguarda le restrizioni commerciali, definite “discriminatorie e coercitive”, applicate dal dicembre 2021 dalla Cina alle esportazioni lituane e dell’Unione europea contenenti componenti lituane. Nella nota diffusa dalla Commissione europea non si fa riferimento all’elemento che ha scatenato la reazione cinese. Ma è chiaro: l’apertura di un ufficio di rappresentanza di Taiwan nella capitale Vilnius. I procedimenti del panel possono durare fino a un anno e mezzo. Le misure commerciali cinesi, nota la Commissione europea, hanno ridotto da gennaio a ottobre dell’80% gli scambi commerciali con la Lituania, rispetto all’anno precedente. Il divieto totale di importazione di alcolici, carni bovine, prodotti lattiero-caseari, tronchi e torba provenienti dalla Lituania, viene ufficialmente motivato con argomentazioni di carattere fitosanitario.
“Molti Paesi in Europa”, aveva spiegato il ministro degli Esteri lituano Gabrielius Landsbergis in un’intervista rilasciata a Formiche.net a gennaio, “hanno investito a lungo in queste relazioni. Vogliamo soltanto fare quello che gli altri hanno fatto, ognuno all’interno della politica Una Cina, alla quale continuiamo ad aderire. E la domanda è: perché la Cina ha permesso agli altri di farlo ma vuole limitare il nostro diritto su questo? Questo significa che la Cina è cambiata? Che le linee rosse della Cina si sono spostate in avanti? Ma non possiamo accettare che la Cina violi la nostra sovranità”.
La seconda controversia riguarda delle restrizioni imposte dalla Cina ai titolari di brevetti high-tech dell’Unione europea, che impediscono loro di accedere ai tribunali europei per proteggere e far rispettare i propri diritti. Rispetto ai titolari di brevetti high-tech, dall’agosto 2020, i tribunali cinesi hanno emesso decisioni, “ingiunzioni anti-causa”, che impediscono alle aziende con brevetti high-tech di proteggere efficacemente le loro tecnologie in tribunali non cinesi, compresi quelli dell’Unione europea. Tali ingiunzioni secondo l’Unione europea limitano indebitamente la possibilità per i titolari di brevetti high-tech, per esempio un’azienda europea che possiede una tecnologia per telefoni cellulari, di rivolgersi a un tribunale dell’Unione europea per risolvere una controversia con un possibile licenziatario, per esempio un produttore cinese di telefoni cellulari, sulle condizioni di una licenza di brevetto. La violazione di queste ingiunzioni anti-causa comporta multe fino a 130.000 euro al giorno.
Difficile che passai inosservato il fatto che la decisione dell’Unione europea è stata comunicata poco più di 24 ore dopo la terza riunione del Trade and Technology Council con gli Stati Uniti. Nei giorni scorsi Josep Borrell, Alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, ha dichiarato che “la grande maggioranza dei Paesi dell’Indo-Pacifico e dell’Europa non vuole essere intrappolata in una scelta impossibile” tra le due superpotenze, non vuole “un mondo diviso in due campi”. “C’è stato un inasprimento della posizione nei confronti della Cina” da parte dell’Unione europea, ha spiegato il professor Garret Martin, condirettore del Transatlantic Policy Center presso l’American University School of International Service di Washington, a Formiche.net. Ma “questo non significa che non ci siano più differenze all’interno dell’Unione europea su come rispondere alla Cina, ha aggiunto.
Gli Stati Uniti stanno cercando di convincere l’Unione europea ad adottare politiche più più dura nei confronti della Cina, per quanto riguarda il commercio, i diritti umani e la postura militare sempre più assertiva di Pechino. Le due controversie potrebbero essere un altro passo in questo direzione. Ma il sistema di risoluzione delle controversie del Wto è fragile, proprio a causa di una decisione degli Stati Uniti, che nel 2019, sotto l’allora presidente Donald Trump, hanno bloccato la nomina di nuovi giudici al tribunale d’appello dell’organismo. L’attuale presidente statunitense Joe Biden non ha cambiato direzione insistendo sul fatto che il Wto deve riformarsi per essere più efficiente.