Una nuova fase nella lotta per l’influenza è abbastanza reale e oggi non possiamo prevederne chiaramente né la durata né il risultato. Una cosa è chiara: è iniziata una nuova era per la regione euro-atlantica. L’analisi di Giancarlo Elia Valori
La crisi ucraina ha cambiato lo status quo ante post guerra fredda in Europa. La Russia, considerando il sostegno dei partner occidentali al cambio di regime a Kiev come un tradimento, ha difeso i suoi interessi vitali, mentre l’Occidente considera tutto ciò come una pura e semplice aggressione da parte di una superpotenza.
La crisi ucraina ha aperto un periodo di rivalità russo-statunitense, persino di confronto, che ricorda il Grande Gioco del sec. XIX: la lotta per la supremazia tra l’impero russo e quello britannico. Questa competizione è asimmetrica e altamente ineguale. L’attuale conflitto, estendendosi alla sfera politica, economica e dell’informazione, comprende da febbraio anche il versante bellico. Si differenzia dalla guerra fredda in quanto i contatti tra le persone, il commercio e i flussi di informazioni non vengono interrotti completamente e la cooperazione tra le parti è parzialmente preservata.
Gli interessi della Russia sono concentrati sull’integrazione post-sovietica in Eurasia, mentre gli Stati Uniti d’America avviano il ripristino del containment trumaniano contro la Russia in Europa.
L’approccio degli Stati Uniti d’America alla Russia riflette paure tradizionali, persino fobie, e non si basa su un’adeguata comprensione del Paese, anche perché la Russia ha cessato di essere il fulcro della politica estera della Casa Bianca come nel periodo 1945-1991, “paura” sostituita oggi dalla Repubblica Popolare della Cina.
Il sistema internazionale sta diventando più equilibrato e Washington deve prepararsi a ciò, sviluppando un corso politico che tenga conto degli interessi dei principali attori, inclusa la Russia. Ucraina, Moldavia e Georgia stanno diventando il luogo di una lotta per l’influenza fra Washington e Mosca. Tale rivalità interessa anche una serie di altri paesi e territori, tra cui Armenia, Bielorussia, Kazakistan, Caucaso settentrionale russo, Crimea e Stati baltici, come vedremo meglio in seguito. Nel frattempo in Europa centrale, la Polonia – la più legata alla crisi ucraina – sta inasprendo la sua posizione contro la Russia.
Con lo sviluppo della crisi ucraina, le relazioni tra l’Europa occidentale e la Russia stanno cambiando in modo significativo. Il periodo di cooperazione e comprensione reciproca iniziato con la riunificazione della Germania è finito. Questo anche perché i ceti politici europei – vivendo da 77 anni in un Paese di Bengodi di odore pseudokantiano – si dedicano in larga parte a questioni che una volta i marxisti veri chiamavano pruriti della borghesia. Ed il loro maggior sforzo politico è il tentativo d’imitazione del melting-pot statunitense, che si attua nel cercare di togliersi la patina razzista che ha contraddistinto il mondo occidentale per i crimini del proprio sistema di produzione imperialistico-capitalista: tratta degli schiavi, colonialismo spietato, stragi della I e II Guerra mondiale, bombe atomiche sul Giappone, l’Olocausto, la devastazione del Vicino e Medio Oriente, il geograficamente lontano ed invisibile saccheggio attuale dell’Africa.
Il voler apparire buoni e comprensivi a tutti i costi, sotto l’ombrello statunitense che – a parere dei predetti ceti politici impreparati e incompetenti – dovrebbe liberarci da ogni male che provenga da Oriente. Una nuova Atene di schiavi inconsapevoli, di meteci, di donne con pochi diritti, e sulle quali – per menar il can per l’aja ingannando l’occhio – non si fa che parlare di esse. Un mondo politico a mezza strada fra un collegio-educandato per rampolli di famiglie ricche e nobili, ed una classe di scuola media inferiore composta da ignoranti.
Per cui di fronte alla crescente ostilità dell’Occidente felix dei diritti umani e dei bombardamenti che portano la democrazia, la Russia si sta orientando maggiormente verso est. Repubblica Popolare della Cina e Federazione Russia si stanno riavvicinando anche attraverso la firma di accordi sul gas; e stanno conducendo manovre navali congiunte ed espandendo i legami commerciali.
Al contempo la dura politica della Russia in Ucraina e la sua volontà di sfidare gli Stati Uniti d’America hanno rafforzato la reputazione di Mosca in Medio Oriente ed Asia Anteriore. Basti ricordare cosa , il liberale Occidente ha condotto in quei posti vicini alla Coppa del Mondo in Qatar: quattro guerre arabo-israeliane (1948, 1956, 1967, 1973), tre guerre del Golfo (1980-1988, 1990-1991, 2003), guerra civile in Iraq (2003-2011), guerra in Afghanistan (1979-2022), guerra civile siriana (2011-2002), prima guerra civile in Libia (2011), seconda guerra civile in Libia (2014-2022), per non citare le “rivoluzioni” colorate, le cosiddette “primavere” afro-mediterraneee, le guerre in Africa, e in ogni aspetto con a benedizione dall’industria bellica occidentale.
Ripetiamo che la crisi politico-militare scoppiata in Ucraina all’inizio del 2014 ha segnato la fine del rapporto costruttivo tra Russia e Occidente sviluppatosi dopo la caduta del muro di Berlino nel 1989. Di conseguenza abbiamo un nuovo periodo di accresciuta rivalità con gli avversari della trascorsa guerra fredda, che si credevano morti e sepolti, o al massimo ubriachi di Coca Cola, e soft power hollywoodiano.
E tale confronto ricorda la guerra fredda, ma ne differisce in molti modi. Nella situazione attuale, la componente valoriale è rappresentata in misura minore rispetto al conflitto tra comunismo e democrazia liberale, che aveva uno spessore permeante ideologico e politico, per cui una giustificazione morale.
E va detto che la dimensione militare tradizionale – che è sempre presente – non è diventata predominante ed esclusiva, o almeno non ancora. La crisi ucraina è carica di conseguenze globali, ma di per sé non ha un significato centrale per il sistema internazionale e non diventa un principio organizzativo della politica mondiale e della politica estera dei principali partecipanti al conflitto, in primis gli Stati Uniti d’America. Se le analogie storiche sono appropriate qui è meglio fare un paragone con l’anzidetto Grande Gioco russo-britannico del sec. XIX, con l’eccezione che oggi la rivalità russo-americana è asimmetrica.
La gravità della crisi è stata una sorpresa per molti nella stessa Ucraina, in Russia e negli Stati Uniti d’America, per non dire nell’imbelle Unione Europea-Christmasland. Naturalmente, questo non vuol dire che la crisi in fermento e il deterioramento dell’atmosfera nelle relazioni della Russia con l’Occidente siano stati ignorati. Tuttavia, molti esperti di Ucraina, che credevano che gattopardianamente «più questo paese cambia, più rimane invariato», sono stati colti alla sprovvista dallo sviluppo dinamico degli eventi.
Alla fine del febbraio 2014, l’Ucraina ha “oscillato” troppo fortemente e bruscamente verso Occidente e ha perso il suo equilibrio strategico che la reggeva da quasi un quarto di secolo. Poco prima, il sostegno degli Stati Uniti d’America al cambiamento “liberale” in Ucraina – ottenuto col rovesciamento di un presidente democraticamente eletto – era andato oltre i suoi soliti confini; ed il contraccolpo della Russia, che si sentiva messa all’angolo, ha sorpreso tutti.
Una nuova fase nella lotta per l’influenza è abbastanza reale e oggi non possiamo prevederne chiaramente né la durata né il risultato. Una cosa è chiara: è iniziata una nuova èra per la regione euro-atlantica.
La crisi ucraina è stata preceduta da una competizione tra Unione Europea e Russia sull’orientamento geoeconomico dell’Ucraina. Le radici della crisi sono legate alla guerra russo-georgiana del 2008, che ha posto fine alla possibilità che Georgia e Ucraina aderissero alla NATO, e alle turbolenze nel mercato finanziario globale, che hanno accresciuto la rilevanza di strutture economiche regionali. L’Unione Europea e la Russia hanno valutato in modo diverso l’esito della guerra e l’importanza della crisi. Gli europei, avendo sviluppato il programma di partenariato orientale nel 2009 (Eastern Partnership), si sono diretti verso l’associazione politica ed economica dell’Ucraina e di altre cinque repubbliche ex sovietiche (Armenia, Azerbaigian, Bielorussia, Georgia e Moldavia). Tale iniziativa non è stata tanto un passo verso l’espansione dell’UE quanto un tentativo di creare una comfort zone al suo confine orientale e rafforzare l’orientamento filo-occidentale dei Paesi partecipanti.
La Federazione Russa, a sua volta, ha cercato di coinvolgere l’Ucraina e la maggior parte degli altri Stati post-sovietici nell’attuazione del suo progetto di Unione doganale. Anche i lavori per la sua formazione si sono intensificati nel 2009 e si sono conclusi nel maggio 2014 con la firma di un accordo sulla creazione dell’Unione economica eurasiatica e sul miglioramento della sua posizione nelle relazioni con i grandi vicini continentali: l’UE a ovest e la Repubblica Popolare della Cina a est.
L’inclusione dell’Ucraina in questo schema, che il presidente russo Vladimir Putin ha cercato di attuare dal 2003-2004, dai tempi del progetto dello “spazio economico unico”, avrebbe dovuto dare alla nuova associazione una “massa critica” di 200 milioni di consumatori, di cui gli ucraini sarebbero stati quasi un quarto. Allo stesso tempo, Putin è rimasto fedele alla sua visione degaulliana di una Grande Europa dall’Atlantico a Vladivostok, che ha riportato a galla nel 2010.
Pertanto, sia Bruxelles che Mosca consideravano l’Ucraina un elemento importante dei loro progetti geopolitici. La parte russa ha anche cercato di esplorare la possibilità dell’integrazione simultanea dell’Ucraina con l’Ue e l’Unione doganale, che le avrebbe consentito di mantenere un equilibrio all’interno del Paese e nelle relazioni internazionali. Tuttavia, gli occidentali – per conto terzi – hanno rifiutato categoricamente i negoziati con un’“altra” parte in merito all’associazione dell’Ucraina. Alla fine, sia la Russia che l’UE hanno iniziato a vedere la scelta dell’Ucraina come un gioco a somma zero e non hanno risparmiato sforzi per influenzarne l’esito. E i risultati li stiamo vedendo giorno per giorno in tv, e leggendo sui giornali.