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Cosa aspettarsi dalla conferenza di Parigi. Parla Cangelosi

“Macron si è preoccupato di informare il cancelliere Scholz e su questa base verrà costruita la struttura della conferenza. Auspico che non sia un processo a due, ma che l’Italia possa inserirsi”. Conversazione con l’ambasciatore, già rappresentante permanente per l’Italia a Bruxelles e consigliere diplomatico del Presidente Giorgio Napolitano

“Macron si è preoccupato di informare il Cancelliere Scholz e su questa base verrà costruita la struttura della conferenza di Parigi. Auspico che non sia un processo a due, ma che l’Italia possa inserirsi”. Lo dice a Formiche.net l’ambasciatore Rocco Cangelosi, già rappresentante permanente per l’Italia a Bruxelles e consigliere diplomatico del Presidente Giorgio Napolitano, che analizza il tracciato su cui far progredire il lavoro diplomatico immaginato per indirizzare la fine al conflitto in Ucraina.

Come dovrà svolgersi la Conferenza a Parigi il 13 dicembre?

Certamente il lancio di questa conferenza dimostra che l’iniziativa francese ha avuto in qualche modo il sostegno da parte degli Stati Uniti. E in effetti la Francia ha tentato varie volte di aprire un dialogo con Putin: questa Conferenza non può essere definita una conferenza di pace ma, più che altro, è una conferenza che nasce soprattutto per un aiuto all’Ucraina di carattere economico in vista di un inverno che si presenta particolarmente difficile. Si comprende come vi sia la volontà francese di portare avanti un’iniziativa diplomatica che si sta perseguendo da lungo tempo e che Biden in qualche modo appoggia. Diventerà una conferenza di pace solo se parteciperanno tutte le parti e quindi addivenire poi a un tavolo di negoziato.

Le anticipazioni di Biden e Macron in che direzione vanno?

Nelle loro dichiarazioni è stato messo in rilievo che nessun compromesso verrà imposto all’Ucraina, che dovrà scegliere essa stessa quali condizioni di pace è disposta ad accogliere: quindi non c’è da attendersi una conferenza che definisca un programma e le condizioni sulla base delle quali stabilire una pace. Sarà anche una riflessione sulle possibili vie per giungere al negoziato e un’apertura nei riguardi della Russia.

Cosa attendersi?

Ora come ora non c’è neanche da attendersi molto da questa da questa Conferenza per quanto riguarda la pace, perché non mi sembra che ancora ci siano le condizioni tali per cui le due parti siano pronte a sedersi a un tavolo. Ci dovrebbero essere dei segnali a questo riguardo, ma la Russia sta continuando a fare un bombardamento indiscriminato sulle infrastrutture e sulla popolazione civile. Da parte dell’Ucraina non si accenna alcuna possibilità di compromesso sui territori: quindi mi sembra che le posizioni siano abbastanza distanti e che per colmarle ci vorrà molta diplomazia e molto tempo ancora.

Che significa la locuzione “accordo giusto per l’Ucraina”, come invocato dal ministro degli esteri Antonio Tajani?

Va nel solco dell’appello firmato da 45 ambasciatori non più in servizio attivo che avevano auspicato un accordo giusto per l’Ucraina con il quale appunto si cercava di dare, sulla base dell’esperienza che ciascuno di noi aveva maturato negli anni, alcune indicazioni su come questo processo di pace potesse essere raggiunto. Il punto principale è una pace giusta per l’Ucraina nel rispetto del diritto internazionale, il rifiuto dell’acquisizione di territori con la forza e il rispetto dei diritti delle minoranze e della libera autodeterminazione delle popolazioni, la definizione di una architettura per la sicurezza e la civile convivenza dei popoli. Vi sono altri elementi che si possono introdurre in questo processo, come voler creare un gruppo di contatto così come avvenne per la guerra nei Balcani. Questo potrebbe essere uno dei risultati della Conferenza di Parigi.

In che termini?

Creando le condizioni per un dialogo con la Russia per poter arrivare a un tavolo di negoziato vero e ripristinare tutte le situazioni precedenti al 24 febbraio del 2022, quando è cominciata l’invasione: inoltre a nostro avviso le condizioni per giungere a una pace giusta dovrebbero essere quelle di un simmetrico ritiro delle truppe russe dai territori occupati da un lato e un progressivo ritiro delle sanzioni dell’altro, attraverso negoziati tra le parti, oltre alla definizione di uno status di neutralità garantito dall’Onu e dall’Osce. Per cui una neutralità che dovrebbe far parte di questo complesso di negoziato, accanto allo svolgimento di un referendum questa volta gestito da autorità internazionali. E poi il rilancio dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa con una Helsinki due: il problema che probabilmente Biden e Macron hanno affrontato è quello di valutare, a guerra conclusa, quali sono gli elementi sui quali costruire degli accordi che possono assicurare sicurezza e stabilità all’Europa.

Il passo del Presidente Biden, pronto a parlare con Putin, è un buon viatico? Rischia di rimanere isolato se ci sarà un altro no, come c’è stato fino ad oggi?

Dopo le parole di Biden, per potervi dare attuazione, la diplomazia dovrà mettersi in movimento e vedere quale sarà il momento eventualmente di un incontro. Sicuramente capiamo che dei contatti esistono e avvengono attraverso vari canali, tra i quali quelli militari: ora probabilmente sarà necessario accelerare la strada per favorire un incontro. Il lancio di questa iniziativa deriva da una forte preoccupazione che c’è e che è emersa nei colloqui anche tra Xi e Biden in particolare per quanto concerne per l’uso delle armi nucleari. Il rischio di una estensione del conflitto e di un confronto diretto tra Nato e Russia è ciò che si vuole assolutamente evitare. E siccome incidenti di questo genere possono essere provocati molto facilmente, appare quindi necessario che le trattative per la pace vengano accelerate.

La disponibilità diplomatica mostrata nei giorni scorsi dal Vaticano potrà avere un peso? E in prospettiva quali gli errori da evitare?

Il Vaticano gioca un grosso un grosso ruolo e se una tregua natalizia, ad esempio, fosse lanciata potrebbe essere già uno degli obiettivi della Conferenza di Parigi. Io credo che effettivamente l’iniziativa del Vaticano potrà avere un risultato, anche grazie all’azione di organismi come quello di San’Egidio. Ecco, sarebbe auspicabile che una possibile futura iniziativa possa comprendere il gruppo di contatto che aveva gestito la situazione dei Balcani: ovvero Stati Uniti, Gran Bretagna, Italia, Francia e Germania. Le parole di Tajani vanno in questa in questa direzione con la possibilità che l’Italia sia protagonista di questo processo di pace.

La telefonata Scholz-Putin potrà andare in questa direzione?

Guardi, chiaramente l’iniziativa della Francia vorrà trovare il sostegno in primo luogo della Germania, per questa ragione Macron si è preoccupato di informare il Cancelliere Scholz e su questa base verrà costruita la struttura della conferenza. Auspico che non sia un processo a due, ma che l’Italia possa inserirsi.

@FDepalo



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