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Covid e non solo, la Cina apra i suoi laboratori. L’appello di Mayer

Salute, cambiamenti climatici, sicurezza alimentare e deterrenza nucleare potrebbero trasformarsi un terreno di dialogo tra democrazie e autocrazie, per una volta unite nel tutelare la salute dei cittadini e le salvezza del pianeta. Il commento di Marco Mayer

Nessuno sa esattamente, neppure le massime autorità, che cosa sta per succedere in Cina dopo il subitaneo abbandono della politica Zero Covid decisa dal governo dopo le grandi proteste popolari di alcune settimane fa. Un particolare inquietante è che la Germania è stato autorizzata a inviare i vaccini Pfizer-BioNTech, ma solo per i cittadini tedeschi che lavorano in Cina. Il diffuso timore è che i vaccini cinesi non siano altrettanto efficaci per le mutazioni e le nuove varianti di Omicron e che pertanto la situazione sanitaria possa andare completamente fuori controllo. Nei giorni scorsi Antony Blinken, segretario di Stato americano, ha chiesto a Wang Yi, ministro degli Esteri cinese, di adottare misure di trasparenza sulla pandemia allo scopo di salvaguardare da rischi incombenti il mondo intero.

La Cina è intervenuta con un ritardo di quasi tre mesi rispetto al primo caso ufficiale di Covid accertato a Wuhan (il South China Morning Post ha indicato una data precisa, il 16 novembre 2019). Nonostante la gravità di questo ritardo iniziale (milioni di viaggiatori ignari sono transitati per l’aeroporto di Wuhan) la Cina aveva tuttavia dato l’impressione al mondo di saper combattere la pandemia con disciplina, efficienza organizzativa e rigore scientifico. A più di tre anni di distanza occorre constatare che non è stato così e la difficile situazione di questi giorni lo dimostra ampiamente.

Per la prima volta il presidente Xi Jinping ha parlato della nuova situazione chiedendo misure più mirate ed efficaci e nuove campagne “patriottiche” per la salute del cittadini. L’impressione è, tuttavia, che si tratti di un appello piuttosto generico alle autorità sanitarie cinesi. Con pochi dati a disposizione è difficile analizzare la crisi sanitaria cinese di questi giorni, ma a mio avviso c’è almeno un errore di fondo che si può attribuire alla leadership cinese. Perché aver imboccato la via della cosiddetta “diplomazia dei vaccini” e perché fare tutto da soli senza coinvolgere minimamente la comunità medico-scientifica internazionale? Non può essere una consolazione che la Russia ha fatto ancora peggio dato che il suo vaccino Sputnik (tanto sbandierato) non è stato neppure autorizzato.

Ai populisti europei vorrei ricordare che il “sovranismo sanitario” cinese (idem quello russo) non hanno funzionato per una contraddizione intrinseca. Contrapporre sovranismo e globalismo è semplicemente assurdo. È vero che il globalismo è una illusione. Se lo Stato non funziona non funziona niente (vedi Somalia e dintorni) ma è altrettanto vero che nel mondo contemporaneo lo Stato da solo non basta più. Un certo grado di cooperazione internazionale è imperativo.

I processi di industrializzazione, globalizzazione, democratizzazione e digitalizzazione hanno creato un mondo fortemente interdipendente e integrato, pieno di nuove contraddizioni. Da un lato il nostro pianeta è molto più inquinato e pericoloso, dall’altro è molto più aperto alla scienza, alla ricerca senza frontiere fondata sulla libertà e sulla cooperazione internazionale. Tra i Paesi democratici non solo non scoppiano guerre, ma la cooperazione internazionale è certamente più facile che con i regimi autoritari. Tuttavia, per agire sul serio in termini di Global Health lo slogan “opening up” non può restare solo uno sbiadito ricordo di Deng Xiaoping.

La Cina, almeno in materia di Covid, potrebbe/dovrebbe aprire le porte dei suoi laboratori, ospedali e università alla medicina del resto del mondo è avviare un grande interscambio internazionale in materia di assistenza sanitaria e vaccini. Salute, cambiamenti climatici, sicurezza alimentare e deterrenza nucleare potrebbero trasformarsi un terreno di dialogo tra democrazie e autocrazie, per una volta unite nel tutelare la salute dei cittadini e le salvezza del pianeta. La presidenza indiana del G20 è una occasione da non perdere perché anche l’Italia spinga in questa direzione.



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