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La forte denuncia di Crosetto e i veri problemi della dirigenza pubblica

Il ministro si deve porre il problema di come questa nuova classe politica giunta al governo può davvero governare, anche con l’ausilio di una Pa che è un corpaccione su cui nel tempo sono state inferte troppe ferite. Il commento di Luigi Tivelli

Il Messaggero del 28 dicembre apriva con un titolo a 8 colonne “Pa via i burocrati del no”. Nell’occhiello si riferiva a un’intervista del ministro della Difesa Guido Crosetto. La sintesi del cuore dell’intervista recitava: “In alcuni posti chiave ci sono funzionari con mentalità vecchie, bisogna usare il machete per rompere le catene”. Si tratta di un’intervista con toni molto franchi e diretti e sul vero stato della dirigenza pubblica così come la incontra il nuovo governo. Un’intervista che fa riflettere. Perché il ministro non è solo tra i fondatori di Fratelli d’Italia, ma è l’esponente della nuova classe di governo che meglio conosce le questioni aperte nella Pubblica amministrazione, anche ma non solo per la vecchia e sana scuola democristiana che ha alle spalle.

Rispetto all’evidenziazione di una certa classe dirigente del No nella Pa, che “serve fini diversi dai nostri”, la prima esclamazione che sale dalla mente è: “Il sistema delle spoglie, bellezza!”. Quel sistema delle spoglie prodotto nella seconda metà degli anni ’90 dal centrosinistra, specie dal ministro Franco Bassanini, che ha costituito in qualche modo un vulnus a quei principi della separazione tra politica e amministrazione e dell’imparzialità dell’amministrazione sanciti dall’articolo 97 della Costituzione.

Com’è noto, si è trattato poi di quello che amo definire “sistema delle spoglie all’italiana” in quanto i nuovi dirigenti inseriti in ruoli-chiave della Pa dai nuovi governanti finivano per aggiungersi a quelli vecchi. Ricordo bene, visto che in quella fase lavoravo al sevizio di quel governo, i problemi che incontrò l’allora ministro della funzione pubblica Franco Frattini (purtroppo appena immaturamente scomparso) dovendo fronteggiare gli effetti dell’adozione del sistema delle spoglie da parte del precedente governo di centrosinistra per contro del nuovo governo di centrodestra.

Ebbene, Crosetto con la sua consueta franchezza in termini molto diretti evidenzia tra l’altro il problema che la nuova classe dirigente politica di governo incontra trovandosi a che fare per certi versi almeno con una parte della dirigenza pubblica, secondo lo stesso Crosetto, in qualche modo al servizio di ideologie diverse. Prima dell’introduzione dello spoils system, almeno come presunzione di massima, un ministro assumeva l’incarico e sapeva di avere al suo fianco una classe dirigente amministrativa imparziale.

Come è noto, per certi versi nel tempo le cose sono cambiate e ora un ministro deve alzare le antenne con grande attenzione (e spesso con pochi elementi a disposizione) rispetto a più di qualche significativa posizione dirigenziale che eredita. A questo si aggiunge un altro fattore di quella sorta di “lentocrazia” che caratterizza non pochi settori della nostra Pa. Quella che è stata chiamata la “paura della firma” vuoi per il timore di incorrere nel reato di abuso d’ufficio, vuoi per il timore del giudizio di responsabilità contabile della Corte dei Conti.

In un bel libro di alcuni anni fa, “L’opzione zero” (Rubbettino), Francesco Delzio evidenziava che molti dirigenti pubblici rispetto al dubbio o alla possibilità di assumere questa o quella decisione, spesso adottato appunto l’opzione zero, cioè quella di non decidere. E poi, probabilmente, come emerge dalla scelta di toni forti da parte di Crosetto, c’è non poco timore da parte di questa classe dirigente di governo rispetto ad una parte significativa di quello che si usa definire il deep State.

Da circa una decina di anni, infatti, in qualche modo la forza prevalente, direttamente o indirettamente dei governi è stata il Pd e forse c’è il timore che una parte della dirigenza possa essere più vicina a quella parte politica. Tutta questa serie di problemi e questioni, fra l’altro, agisce ed opera insieme a quel frullatore per certi versi un po’ obsoleto, degli altri problemi che incidono nella Pa: quella diffusa gerontocrazia (è stata opportuna ma non basta certo l’inserimento dei nuovi dirigenti immessi con i concorsi legati al Pnrr), i rischi operativi nell’attuazione dello stesso Pnrr, non certo favorita da una dirigenza in cui è abbastanza diffusa la “paura della firma”; la ben scarsa meritocrazia diffusa nella nostra Pa e a questi si aggiungono, purtroppo, gli altri ingredienti che stanno nel frullatore da cui non viene certo uno dei cocktail più buoni e bevibili del mondo. In mezzo, alcuni settori e branche della dirigenza pubblica, per vari spezzoni, o in qualche ministero, continuano a funzionare abbastanza bene, in parte per il solito miracolo italico.

Certo, se devo comprendere i veri problemi della Pa e scegliere fra Crosetto e Sabino Cassese, non ho dubbi sul fatto di attingere alla grande conoscenza e sapienza del problema del prof. Cassese, che fra l’altro è stato anche un ottimo ministro della funzione pubblica nel Governo Ciampi del 1993. Va però tenuto presente il fatto che il ministro Crosetto, con cui ho talvolta incrociato delle opinioni molto volentieri, si deve pur porre il problema di come questa nuova classe politica giunta al governo può davvero governare, anche con l’ausilio di una Pa che è un corpaccione su cui nel tempo sono state inferte troppe ferite.

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