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Più Fitto meno Salvini. Bene il pragmatismo di Meloni. Parla Folli

Conversazione con l’editorialista di Repubblica: “Il premier è stato molto abile nel conciliare la vecchia anima della destra con le nuove esigenze dell’Ue. Ciò che serve è una prospettiva di politiche europee con una sterzata netta verso la riduzione del nostro debito pubblico”

Fino a questo momento Giorgia Meloni è stata molto abile, dice a Formiche.net Stefano Folli, già direttore del Sole 24 Ore ed editorialista di Repubblica. Il riferimento è al fatto di aver proposto una sintesi tra le pulsioni anti Ue della destra con l’esigenza di affrontare un piano di lavoro completamente nuovo, fatto di relazioni, approcci articolati e realismo (più Fitto e meno Salvini). Ma ora, sottolinea, deve affrontare una fase progettuale nuova, che serva a “vestire le politiche europee”, senza dimenticare la madre di tutte le battaglie: ovvero la riduzione del nostro debito pubblico.

Realismo vs populismo, la politica del governo verso l’Ue sembra essere sempre più orientata al pragmatismo, ovvero, con Bruxelles serve un dialogo e un rapporto (filo con Gentiloni docet)?

Usano il populismo un po’ come bandiera da agitare ogni tanto per non perdere il rapporto con il loro vecchio elettorato. Però è evidente anche al partito di maggioranza che oggi non è possibile contestare l’Europa in una chiave populista. Quindi il pragmatismo è la vera rotta che stanno seguendo: da un lato vedo un canovaccio ad uso e consumo interno, come sul pos, e dall’altro uno pragmatico e costruttivo che si fa rivolto all’Europa. Diciamo che si cammina sul filo di questa ambiguità ma è sempre più evidente che sul piano pratico si cerca un elemento costruttivo con l’Europa: questo varrà secondo me soprattutto quando si porrà la questione del Mes. Una vera cartina di tornasole.

Come dire, più Fitto e meno Salvini?

Si, sicuramente. Sono dell’idea che Salvini, pur offrendo un qualche segnale di scontentezza, in realtà sia abbastanza allineato. Se pensiamo al Salvini del 2019 oggi non è neanche un lontano parente. E poi il premier fino ad oggi mi pare sia stata molto abile, perché è riuscita a conciliare la vecchia anima con le nuove esigenze realistiche. Questo secondo aspetto è quello su cui siamo ancora in alto mare: ovvero la prospettiva di avere alcune idee non che siano pro o contro l’Europa ma che siano un modo per vestire, con un contributo italiano, una politica europea che per adesso oscilla appunto tra una sterile contestazione, sempre meno praticata, e un pragmatismo un po’ opportunistico. Non basta questo per fare una politica verso l’Europa.

Gli sgambetti, però, non mancano (Lagarde). Come leggerli?

Quello che sento dire da più voci è che comunque siamo in una posizione debolissima sulla questione del debito: possiamo tenerci il coperchio sopra ma è una cosa destinata inevitabilmente a esplodere nei prossimi mesi. Abbiamo un problema enorme con la gestione del nostro debito pubblico e non possiamo pensare che il nostro pragmatismo si concluda con un atteggiamento dell’Europa o della Bce di condoni dei nostri vizi di fondo. Sarebbe illusorio. Penso che Giorgia Meloni stia cercando di comprare tempo, come dicono gli inglesi, ma è un’opera in cui occorre andare anche oltre l’elemento del pragmatismo.

Ovvero?

Il pragmatismo, molto utile per accantonare il vecchio stile di opposizione e calarsi nei panni di una forza di governo, può funzionare per un po’ di tempo, ma non a lungo perché in quel caso si rende necessaria un’azione seria, possibilmente anche discussa con l’opposizione, che richiami tutti al senso di responsabilità per abbattere il debito e cercare di contenerlo in maniera significativa. È su questo che ci attende l’Europa ed è su questo che non ci faranno sconti.

Il senatore a vita Mario Monti, pur promovendo la manovra, ha invitato a non “mettere le dita negli occhi dell’Europa” e ha criticato anche il cosiddetto debito buono draghiano. A chi parlava?

Ora lo scenario è cambiato: un conto se del debito buono parla Mario Draghi con la sua credibilità e le sue relazioni in Europa, un conto se lo fa un governo che come abbiamo detto fino adesso sta cercando di costruirsi una difficile credibilità. Non dimentichiamo che il punto di partenza era un governo che doveva suscitare infiniti sospetti in Europa, ma che oggi pian piano si sta accreditando anche grazie al sostegno di Sergio Mattarella. Devo dire che il Capo dello Stato sta contribuendo non poco in questo senso. Per cui credo che Monti intendesse questo, più che fare una polemica con Draghi: bisogna stare molto attenti all’uso delle parole, che non diventino degli alibi per fare delle politiche economiche su cui si può discutere e si può non essere d’accordo.

Sul Mes Forza Italia romperà con il governo?

No. Credo che al Mes si arriverà seppur in forme tortuose, anche se non so in che tempi francamente. Difficilmente immagino Forza Italia che rompe: penso che tireranno la corda perché è un po’ la loro parte in commedia. Naturalmente il giro tortuoso vuol dire anche tutta una serie di passaggi un po’ ipocriti perché quando si dice “ci rimettiamo al Parlamento” come ha detto il ministro Giorgetti l’altro giorno, francamente ci si chiede: ma qui non stiamo parlando di questioni di coscienza che hanno a che fare con i diritti delle minoranze gay o altro. Qui si parla di una questione su cui la maggioranza deve avere una sua linea e con quella linea si presenterà in Parlamento quando ci sarà il dibattito sul Mes. Penso che questa ambiguità nasconda la volontà, alla fine, di essere ancora una volta pragmatici.

@FDepalo


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