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Franceschini, l’endorsement a Schlein e le mosse nel Pd

L’ex ministro si spende in favore dell’ex vicepresidente della Regione: “Rappresenta la sinistra moderna, Bonaccini ceda il passo”. Con i 5 Stelle “saremo competitivi”. E Castagnetti: “smettiamo di essere autoreferenziali”

L’aria di burrasca, a sinistra, si fa sempre più opprimente. Si registrano movimenti strani, in casa Pd, e i candidati al dopo Letta – nelle ultime settimane – si sono moltiplicati. Chi pensava al derby Bonaccini-Schlein si sbagliava. O meglio, ci sarà, ma la sfida si estende anche a Paola De Micheli (che per la verità fu la prima a manifestare la sua volontà di prendere le redini del partito) e a Gianni Cuperlo. L’ultimo candidato, Cuperlo appunto, pare costituisca un elemento di preoccupazione per Schlein che, idealmente, si è candidata a catalizzare la parte più ‘a sinistra’ del Pd e non solo.

Le menti più raffinate, fra i dem, denunciano un’autoreferenzialità diffusa nel partito e nell’analisi della debacle elettorale. Questo rischia anche di far perdere al partito la parte dei popolari. Come si può leggere negli approfondimenti di Formiche.net, il problema è concreto. Pierluigi Castagnetti ha lanciato un appello sulle pagine di Repubblica: “I dem non devono lasciare i cattolici alla destra”. “Noi – dice l’ex Dc – dobbiamo avere un rapporto con la religione cristiana, la più importante del nostro Paese, di reciproco rispetto e non di strumentalizzazione”. “Sono tra coloro che pensano occorra capovolgere del tutto l’approccio alla crisi del Pd, bisogna partire dal rasoterra del Paese – prosegue Castagnetti – . Invece noi partiamo da noi stessi anche per capire la crisi. Se non capiamo perché un ex elettore democristiano o proveniente dal Pci si è messo a votare per Matteo Salvini o per Giorgia Meloni, facciamo una discussione astratta”.

Ma veniamo ai movimenti più inconsueti che si stanno registrando in casa dem. Anche tra gli ex Dc, le visioni sono molto differenti. Per la verità Castagnetti non si sbilancia a sostegno di questo o quel candidato. Lo fa invece, dopo diverse settimane di rumors di palazzo, l’ex ministro Dario Franceschini. Nella sua intervista al Corriere, Franceschini fa un endorsement molto chiaro a Elly Schlein. Perché, spiega, “ha 37 anni e tutte le caratteristiche culturali e personali per essere la leader del Pd in questo tempo nuovo”. D’altra parte la generazione di Bonaccini “ha guidato il partito ai vari livelli dalla fondazione nel 2007 a oggi, e ora è giusto che lasci il passo”. La ricetta di Franceschini per il Pd, e che quindi Schlein dovrà interpretare, è quella di una “frattura”. “In questo momento – osserva – non serve tranquillità”. Sui 5 Stelle, che Franceschini non ha mai nascosto di voler inglobare nel famoso campo largo (e nell’alleanza strutturale, poi abortita), non ci sono dubbi: “Schlein sarà molto competitiva”. Il Pd quindi deve essere “più radicale: nella proposta politica, più netto e più coraggioso”. Dunque l’ex vicepresidente della Regione Emilia-Romagna dovrà “cambiare tutto: gruppi dirigenti, abitudini, rendite di posizione, respingendo compromessi al ribasso”. Tutto questo sa tanto di ‘rottamazione’. Ma guai ad agitare lo spettro renziano.

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