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Cosa cambia sul gas con il price cap? Dubbi e certezze secondo Nicolazzi

Conversazione con l’esperto e manager: “La Bce al contempo paventa che il price cap inneschi turbative finanziarie; e il direttore di Acer, l’agenzia europea per l’Energia che è coinvolta nella gestione del price cap, si dice ‘reluctant to rely on this gas price cap’ per contrastare le turbolenze di prezzo. Sembrerebbe di poter dire tutti insoddisfatti, tranne Consiglio e Commissione”

Intanto è un segnale politico l’accordo europeo sul tetto al prezzo del gas, dice a Formiche.net Massimo Nicolazzi, esperto manager con alle spalle una solida esperienza nel settore degli idrocarburi, (Eni e Lukoil), Senior Advisor Programma Sicurezza energetica Ispi. Ma andando in profondità non mancano rilievi e ragionamenti che abbracciano geopolitica e relazioni “energetiche”.

La quadra trovata in Ue sul tetto al prezzo del gas risolve il problema o è una panacea?

È essenzialmente un segnale politico, nel senso che l’Unione europea aveva un problema di potenziale delegittimazione (del resto esplicitato dallo stesso Presidente ora di turno) in caso di mancato raggiungimento di un accordo sul feticcio del price cap. Dopo la quadra si può dire che ogni tanto a Bruxelles si riesce a decidere qualcosa, ed è un buon segnale. Poi però che quanto deciso sortisca effetti che vanno al di là dell’annuncio, è tutto da dimostrare. Circa le modalità con cui scatta, ricordo anzitutto che il price cap è inizialmente limitato alla trattazione di futures month ahead (in pratica futures a scadenza mensile) alla Title Tranfer Facility, con possibile estensione a altri hub entro il 31 Marzo 2023, ma con espressa esclusione delle compravendite effettuate fuori delle piattaforme regolamentate (Over the Counter, OTC); e poi anche che il cap non è fissato a 180, ma al prezzo maggiore tra 180 e il prezzo di vendita di un paniere di gnl europei e asiatici maggiorato di 35 Euro MWh. Osservo di passaggio che l’esclusione degli OTC lascia tutti liberi di rifornirsi al prezzo che trovano (e non a caso la Germania si è resa flessibile all’adozione del provvedimento dopo avere concesso a fini di approvvigionamento un prestito con garanzia sovrana di 3 miliardi a uno dei più grandi traders globali, Trafigura. Saranno acquisti OTC e immuni, ammesso che ne esistano, da limiti di price cap).

Se poi con la ripartenza cinese riparte il mercato asiatico riparte anche una forte concorrenza tra mercato europeo e asiatico per l’approvvigionamento di gnl; il prezzo del paniere di gnl di riferimento può di nuovo scattare verso l’alto; e se arriva ad esempio a 250 €MWh il price cap si posiziona automaticamente a 285 anziché 180. Per converso mi sembra difficile immaginare una situazione in cui il Ttf quoti oltre 35 Euro in più rispetto a un paniere di riferimento euroasiatico (anche se dipenderà in parte dal “peso” dato all’asiatico – JKM – dentro il paniere). Diverso sarebbe se il paniere comprendesse anche una quota di gnl americano (Henry Hub) che però è stato (ritengo giustamente) escluso.

Ovvero?

Il Ttf quest’anno è stato a lungo il mercato più caro. Grandi cori di maledizione della speculazione (che poi in buona parte speculazione è quando il mercato ha problemi che la politica non è in grado di risolvere, onde scatena il manzoniano dagli all’untore). In realtà il fenomeno derivava in buona parte dall’inversione dei flussi. Il russo muoveva da est a ovest; e venuto meno il russo si doveva muovere da Ovest a Est, con l’Olanda che diventava il riferimento principale per le importazioni di gnl, In realtà così l’Olanda è temporaneamente diventato un collo di bottiglia del sistema, ed i prezzi del locale mercato regionale sono andati in forte tensione. Adesso però si sbottiglia. Di recente hanno installato due navi rigassificatori in più, per un totale di una decina di miliardi annui di capacità e stanno facendo altri lavori di potenziamento dei terminali esistenti.

Con quale risultato?

Il risultato netto è che da fine ottobre, quando hanno cominciato a funzionare i nuovi rigassificatori, il Ttf ha ripreso uno spread normale nei confronti degli altri punti di contrattazione europea. Adesso siamo ritornati a spread tra Ttf e altri hub abbastanza in linea con quelli precedenti la crisi. Quindi in prospettiva quel delta di 35 Euro ben difficilmente si realizzerà almeno rispetto alle altre rilevazioni europee in paniere, con l’effetto che a qualunque prezzo Il price cap finirebbe per non scattare.

Tutti soddisfatti allora?

Il segnale politico dato col price cap fa in realtà incavolare sia gli operatori che i fornitori. Non dico che sia un bene o un male. Dico solo che dal punto di vista del fornitore sia il russo che l’algerino che il qatarino capiscono benissimo che il price cap non funziona, o comunque funziona poco e solo in situazioni estreme. Però comunque per il fornitore crea un precedente, nel senso che c’è un’istituzione che infila il naso nel meccanismo di mercato di formazione dei prezzi: in qualche modo sta dicendo che ha anche il potere di imporre un prezzo amministrato (ironicamente, la denuncia di Peskov per cui il price cap è una violazione dei processi che regolano il mercato avrebbe potuto essere sottoscritta da qualunque economista mercatista occidentale).

Veniamo al punto di vista degli operatori. Forse il tetto non scatterà mai, anzi probabilmente non scatterà mai. (Tra l’altro sono state previste una serie di condizioni al ricorrere delle quali il price cap comunque non scatta o può essere sospeso. E una delle più buffe è la condizione per cui il price cap viene sospeso se ha l’effetto di ridurre le contrattazioni sul Ttf. Se si mette un cap al Ttf e altrove il cap non c’è, a me tornerebbe ovvio che diminuiscano le contrattazioni al Ttf). Il problema per l’operatore è però che per quanto ritenga il cap improbabile deve comunque coprirsi per l’eventualità che scatti. E dunque l’operatore è contrario perché gli aumentano coperture e margin calls (il cui costo peraltro dovrà riuscire a far riflettere sul prezzo).

La Bce al contempo paventa che il price cap inneschi turbative finanziarie; e il direttore di Acer, l’agenzia europea per l’Energia che è coinvolta nella gestione del price cap, si dice “reluctant to rely on this gas price cap” per contrastare le turbolenze di prezzo. Sembrerebbe di poter dire tutti insoddisfatti, tranne Consiglio e Commissione.

Lo scenario di oggi è mutato rispetto al marzo scorso, quando è stata avanzata per la prima volta la proposta italiana?

Da un lato a marzo non era ancora contemplata la sostituzione pressoché integrale del russo con Gnl e dall’altro ci arrivava ancora tanto gas russo. La sottomissione del gnl a price cap è problematica, che le navi vanno là dove le porta il prezzo e se l’Asia paga sopra il nostro cap noi col cap restiamo senza gas. Io ho parlato con alcune delle persone che hanno curato dal punto di vista tecnico la prima proposta italiana ed erano i primi a dire che avrebbe funzionato col gas via tubo ma col GNL probabilmente sarebbe servito ipotizzare un mercato parallelo.

Per altro verso la proposta iniziale aveva comunque una componente in qualche modo sanzionatoria nei confronti del russo. Nel 2021 dalla Russia importavamo in Ue 150 miliardi di mc; nel 2023 sarà tanto se arriveremo a 25 (la maggior parte dei quali verrebbe in Italia) ma potremmo ritrovarci a zero. Il contenuto sanzionatorio nei confronti della Russia è in via di (rapida) evaporazione. Diluvio di gnl e progressiva scomparsa del russo. Il price cap è in pratica stato approvato dopo che sono venute meno le premesse che erano alla base della proposta iniziale.

E comunque col cap chiudiamola qui che per dirla con Simone Tagliapietra le cose su cui dobbiamo davvero concentrarci per bilanciare il venir meno del gas russo sono la minimizzazione della domanda e la massimizzazione delle alternative di approvvigionamento. “This is the only way out of the woods. Not the price cap”.

L’esplosione sul gasdotto ucraino riapre il tema della sicurezza delle infrastrutture energetiche?

La sicurezza infrastrutturale è comunque un fattore di rischio che mi sembra ineliminabile. Se qualcuno intende far saltare un tubo prima o poi ci riesce. Nord Stream 1 e 2 insegnano. Però non mi sembra questo il vero argomento di dibattito. Iea suggerisce che l’anno prossimo la Ue senza russo sarà “corta” di una trentina di miliardi di mc.; e cosa sarà del russo che ancora c’è è a dir poco incerto. Tra l’altro Europa non ha mai sanzionato le importazioni di gas russo. E mentre esplode qualche tubo, stanno però costantemente aumentando le importazioni dalla Russia di gas naturale liquefatto. Non ne parla quasi nessuno. È un dato silenziato ma in qualche modo curioso.

Saggezza vorrebbe comunque che ci attrezziamo e ci pianifichiamo (magari coordinando a differenza dell’anno scorso i tempi e modi degli acquisti di gas per lo stoccaggio della prossima estate) per metterci in condizione di farne a meno.

@FDepalo


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