Il Sottosegretario all’evento del Movimento cristiano lavoratori: “Se c’è una persona che non si rassegna, quello è il cristiano. Ha pazienza, certo, non brucia le tappe, ha senso di realtà: ma non perde mai di vista l’obiettivo. La storia del nostro popolo è una storia di speranza, non di arrendevolezza, perché alcune caratteristiche peculiari: la centralità della donna all’interno della famiglia; la cura dell’anziano, che non ha eguali in altre Nazioni occidentali”
Sono lieto e onorato di portare il saluto del presidente consiglio, del governo e mio personale al 50° compleanno del MCL. Sono onorato per il vs invito e per l’istituzione che rappresento, sono lieto perché con Mcl vi è una lunga amicizia, che ha già conosciuto momenti di incontro privati e pubblici.
La liturgia della Festa di oggi, la festa dell’Immacolata, ricorda la colpa originaria e le sue conseguenze: “Con dolore trarrai il cibo dalla terra per tutti i giorni della tua vita. Col sudore del tuo volto mangerai il pane” (Gen.). Nella sua terza enciclica, la Laborem exercens (pubblicata nel 1981 in occasione del 90° anniversario della Rerum novarum), S Giovanni Paolo II, dà, fra gli altri, un insegnamento importante: il lavoro in sé non è effetto della caduta. Dal peccato originale deriva la fatica collegata al lavoro: ma il lavoro in sé preesisteva alla caduta, aveva una sua originaria dignità in quanto rappresentava la partecipazione dell’uomo al piano divino della creazione.
Questa originaria dignità è l’elemento identitario più significativo del vs mezzo secolo di storia, in coerenza col magistero sociale cristiano. L’impegno perché questa dignità sia sempre riconosciuta è, se possibile, più attuale oggi rispetto al momento della vs costituzione: in un mondo in cui la globalizzazione travolge i diritti più elementari dei lavoratori, e in cui lo sfruttamento paraschiavistico interessa tanti operai, e anzi attrae investimenti da parte delle aziende multinazionali.
I principi a cui ispirate la vs opera – in particolare la solidarietà e la sussidiarietà – sono gli stessi che, cambiando quello che c’è da cambiare – voi siete un movimento, noi siamo il governo -, muovono la nostra azione. Oltre a costituire i cardini della Dottrina sociale della Chiesa, sui quali si fonda della nostra Costituzione, soprattutto i suoi primi articoli. Sono gli stessi principi che animano i primi provvedimenti che abbiamo assunto, a cominciare dalla legge di bilancio.
Sono convinto che chi assume un incarico di governo un diritto lo perda: ed è quello alla lamentela. Perché, anche se abbiamo ricevuto una eredità complicata, che ogni giorno riserva sorprese; anche se incontriamo resistenze di ogni tipo, soprattutto da strutture e da istituzioni dalle quali ci si attenderebbe collaborazione; anche se dobbiamo costantemente dimostrare qualcosa e sottoporci a ogni tipo di esame, abbiamo però un dovere: adempiere al mandato ricevuto dagli italiani.
La novità di questa parte conclusiva del 2022 è che per la prima volta dopo 11 anni si è formato un governo coerente col voto manifestato dagli elettori: a taluni può non piacere, ma è la fisiologia democratica. Corollario del dovere di dare seguito agli impegni assunti è il dovere di assumere su di sé la realtà per come è.
Questa realtà che ci ha imposto di redigere la prima legge di bilancio nei termini che conoscete, con condizionamenti pesanti, dal sovraindebitamento agli effetti della guerra, soprattutto sul piano dell’approvvigionamento energetico, fino all’inflazione, in realtà in crescita già da prima della guerra.
Per questo la prospettiva che vi invito a condividere non è da qui al 31 dicembre 2022, quando la legge di bilancio sarà pubblicata sulla G.U., ma da qui al 2027, quando, Dio piacendo, termineranno la Legislatura e l’esperienza di questo governo. E in tal senso vi invito a cogliere nella legge di bilancio per come si sta costruendo, non la completa attuazione del programma di Governo, ma l’avvio della sua applicazione.
Lascio da parte quel che diverte tanto i media, ma che ha un rilievo oggettivo veramente marginale, dall’utilizzo del pos all’elevazione del limite del contante, che si limitano a rendere la vita meno difficile ai piccoli operatori economici.
La sostanza è altra: è la copertura del caro energia, dettata dall’emergenza. Qualcuno dice che è poco quello che viene destinato al resto, in primis al cuneo fiscale e contributivo. Bene, completi il discorso, e – poiché ogni manovra deve rispettare l’equilibrio di bilancio – precisi da dove pensa che vadano ricavate le risorse: dall’aiuto che viene dato a imprese e famiglie povere per pagare le bollette? Va detto, altrimenti il discorso è incompleto!
Il segnale a mio avviso più significativo riguarda il luogo nel quale solidarietà e sussidiarietà si incrociano, cioè la famiglia. Qualche giorno fa Sole 24 ore – fonte non governativa, che legge i dati in modo obiettivo – quantificava l’entità della manovra per la famiglia in circa 4 mld di euro: 2,5 mld per bonus gas e luce; 436 ml per agevolazioni per acquisto della prima casa degli under 36; 500 ml per acquisto di alimenti di prima necessità per le famiglie con reddito ISEE inferiore a 15.000 euro; un mese in più di congedo parentale all’80%, che probabilmente sarà esteso anche al padre; riduzione al 5% dell’Iva per i prodotti per i neonati; aumento del 50% per il primo anno di vita del bambino dell’assegno unico universale a partire dai 3 figli; incrementi resi strutturali per i figli disabili.
Si può fare di più, soprattutto per invertire la rotta del declino demografico? Certamente, ma queste misure segnano la direzione di marcia.
A esse corrispondono, e non soltanto per esigenze di bilancio, tagli che sono imposti dal buon senso e dalla ragionevolezza. Ci è stato detto che con la riforma del reddito di cittadinanza scarichiamo 660.000 poveri: sapete bene che non è così, e che il RdC sarà garantito per 8 dei 12 mesi del 2023. Ma poi, proprio in ossequio alla solidarietà e alla sussidiarietà questa misura, per come è stata congegnata, deve finire; o meglio, deve essere rimodulata per chi veramente non ce la fa. Non soltanto perché è andata nella direzione contraria alla ricerca del lavoro, ma perché la sola opportunità che ha offerto è stata quella di realizzare micro truffe: micro per l’entità della singola truffa, poiché l’insieme provoca un danno ingente.
La presidenza del Consiglio ha analizzato un campione ampio, pari a circa un milione di posizioni di percettori di RdC. Qualche dato, sul presupposto che al RdC è collegata una carta che permette una serie di operazioni elettroniche:
si registra una concentrazione di movimentazioni, per un importo complessivo superiore a 3 ml di euro, nel periodo maggio-giugno 2022 in esercizi finanziari distanti dal luogo di residenza, con transazioni a mezzo pos a fronte di operazioni inesistenti, soprattutto in Campania, Sicilia e Lazio;
oltre 66.000 carte, sulle quali risultano depositati in totale 133 milioni di euro, non sono mai state riscosse, il che fa dedurre che siano state rilasciate in base a dichiarazioni fraudolente;
si riscontrano utenze telefoniche di cellulari intestate a titolari di RdC, associate a un numero elevatissimo di carte di RdC regolarmente funzionanti. Un solo numero di telefono risulta associato a una quantità variabile da 100 a 700 carte di RdC;
11.000 carte di RdC intestate a soggetti nati in Germania e 3.000 a stranieri senza fissa dimora.
Leggi come queste certamente dissuadono dal lavorare.
Chiudo, perché ho abusato della vs attenzione, pur se vi sarebbe tanto altro da dire, per es. sulla partita cruciale del PNRR: ma non mancheranno occasioni.
Qualche giorno fa il Censis ha pubblicato il suo rapporto annuale. Dopo aver descritto negli anni passati il corpo sociale italiano adoperando la metafora della società coriandolare, e poi quella del rancore, nel 2022 il Censis ha evocato la categoria della malinconia. Da cristiani sappiamo bene che la malinconia è assai prossima alla tristezza, cioè a quel tratto dell’animo che i Padri della spiritualità cristiana segnalano come indice di attività del Tentatore.
È da qui che insieme bisogna invertire la rotta. Come popolo e come istituzioni. Come popolo, con un lavoro in senso lato culturale – quello che voi fate, -che permetta di riprendere a parlare, come soleva ripetere S Giovanni Paolo II, di “eccezione italiana”; che faccia ritrovare almeno in parte quella forza, anzitutto spirituale, che ha permesso ai nostri nonni nell’immediato secondo dopoguerra, di ricostruire una Nazione lasciata in macerie dal conflitto e di giungere al boom, in primis demografico, degli anni 1960. Come istituzioni: per le quali la tentazione della malinconia significa rassegnarsi a che tutto proceda stancamente come è stato finora, senza fare nulla per migliorare la realtà.
Se c’è una persona che non si rassegna, quello è il cristiano. Ha pazienza, certo, non brucia le tappe, ha senso di realtà: ma non perde mai di vista l’obiettivo. La storia del nostro popolo è una storia di speranza, non di arrendevolezza, perché alcune caratteristiche peculiari: la centralità della donna all’interno della famiglia; la cura dell’anziano, che non ha eguali in altre Nazioni occidentali; un senso di solidarietà non astratto; la propensione al dono; il culto dei Santi, che ha la dimensione laica del legame con il campanile: per questo ci sentiamo parte più della comunità municipale che di quella regionale.
Non abbiamo ragione di farci prendere dal virus della malinconia. Perché la malinconia alla fine è arrendersi a che Cristo sia esiliato dalla nostra storia, che sia colpito da un decreto di espulsione. E voi da 50 anni a Cristo date cittadinanza e centralità nella vostra azione sociale e politica. E per questo, rinnovando il saluto del Presidente del Consiglio, vi ringrazio.