L’importante per Zelensky non è promuovere una guerra di religione, ma evitare che il Patriarcato di Mosca possa utilizzare il suo restante prestigio religioso per sostenere gli obiettivi geopolitici del Cremlino. L’analisi del generale Carlo Jean
Pochi ucraini (10%) e russi (5%) partecipano regolarmente alle funzioni religiose, anche se, per i primi, la percentuale risulta in netto aumento. Molti cercano nella religione conforto per le sofferenze e i pericoli della guerra. Invece, la massa – oltre il 70% – di entrambi i popoli ritiene che l’Ortodossia costituisca una componente essenziale della loro identità nazionale. Come avveniva nella Bisanzio imperiale, esiste uno stretto legame fra le Chiese Ortodosse e le istituzioni statali, spesso estese al potere politico. Tale fatto è particolarmente evidente in Russia. Kirill, il Patriarca di Mosca e di tutte le Russie, ha sostenuto l’aggressione di Putin all’Ucraina, attribuendole quasi la dignità di una crociata contro i valori perversi del modernismo, del liberismo e del consumismo. Non solo ha condonato tutti i peccati (anche gli stupri?) ai caduti per la “Patria Russia” (il che in parte almeno, passi dato che è nel solco della tradizione del “Bonus Miles Christi”, di cui non è più diplomaticamente corretto parlare nel Cattolicesimo.
Il sostegno del Patriarca a Putin è esteso alle finalità dell’aggressione. Sarebbero anche quelle di liberare l’Ucraina dal peccato (leggasi gay) e di “de-satanizzarla”, riaffermando i valori tradizionali della religiosità e dell’Ortodossia, che sarebbe spiritualmente superiore alle altre religioni.
L’Ortodossia, introdotta in Ucraina nel 998 da Vladimiro il Grande, capo della Kyivan Rus, è la religione di gran lunga più diffusa nel Paese (70-80%), che presenta minoranze significative di altre religioni nell’Ucraina meridionale, già parte dell’Impero Ottomano, e in quella occidentale, occupata prima dall’impero polacco-lituano, poi da quello asburgico.
In passato, in Ucraina l’Ortodossia era divisa in tre Chiese: quella autocefala, con una percentuale di fedeli inferiore al 5% e oggi praticamente scomparsa; quella Ucraina ortodossa, facente capo al Patriarcato di Mosca (UOC-PM); e quella Ortodossa ucraina (OCU-K), facente capo a Kiev. Prima del conflitto con la Russia, entrambe le Chiese, che adottavano il Calendario Giuliano al posto del cattolico calendario Gregoriano, affermavano di essere le legittime rappresentanti dell’Ortodossia in Ucraina, ma riconoscevano l’autorità del Patriarcato di Mosca. Le cose cambiarono dopo il 2014 con l’annessione della Crimea da parte di Mosca e con il suo sostegno alle repubbliche secessioniste del Luhansk e del Donetsk. Nel 2018 la OCU-K venne riconosciuta autonoma dal Patriarcato di Costantinopoli, ebbe il suo Patriarcato e assorbì molte parrocchie dall’UOC-PM.
Mentre prima del 2014 12.500 parrocchie si riconoscevano fedeli di quest’ultima, rispetto alle 7.000 della OCU-K, oggi i fedeli dell’OUC-PM si sono ridotti a meno del 10% degli ortodossi. Solo il 3-4% degli ucraini delle regioni non occupate dai russi riconosce di appartenere a tale Chiesa, su cui grava il sospetto di essere filo-russa. Anche se non lo è, il tracollo del numero di fedeli deriva certamente dal sostegno che il Patriarcato di Mosca ha dato all’aggressione di Putin. Dal canto suo, l’UOC-PM ha più volte affermato che sosteneva senza riserve la resistenza ucraina e che aveva eliminato nei suoi statuti ogni riferimento ai rapporti di dipendenza dal Patriarcato di Mosca. Comunque, rimane il sospetto di una sua attività a favore di Mosca, soprattutto nei monasteri ortodossi, quali il rinomato Monastero delle Grotte di Kiev. Questo ha indotto i servizi di sicurezza ucraini a effettuare perquisizioni in numerose strutture ortodosse e a denunciare taluni ecclesiastici per attività informative e di propaganda a favore delle forze d’invasione.
Il governo di Kiev ha indubbiamente l’interesse di denunciare l’esistenza di una “quinta colonna interna”, per rafforzare la coesione nazionale e giustificare l’adozione di severe misure contro i “traditori del popolo” e gli elementi informatori e sabotatori. La sua azione è stata però molto soft. Teme evidentemente di suscitare reazioni negative da parte dei sostenitori della libertà di religione e degli stessi ucraini più fedeli alle tradizioni della derivazione della Chiesa Ortodossa russa da quella della Kyivan Rus. Certamente i responsabili dell’OCU-K hanno interesse a screditare del tutto la concorrenza e premono al riguardo.
L’importante per Zelensky non è promuovere una guerra di religione, ma di evitare che il Patriarcato di Mosca possa utilizzare il suo restante prestigio religioso per sostenere gli obiettivi geopolitici del Cremlino.
Il problema più delicato si poneva verosimilmente per papa Francesco. Con la sua volontà – a parer mio irrealistica e un po’ ossessiva – di dialogo e di mediazione, che lo portava ad immaginare un incontro a Kiev con il Patriarca Kirill. A parer mio sarebbe stato interessante non tanto per la pace, ma per la vivace reazione degli ucraini, che nella loro quasi totalità non vogliono essere “liberarti dal male e dal peccato”, ma semplicemente cacciare i russi dal loro territorio e che, in ogni caso, non sentono la Nato abbaiare ai confini della Russia, come sentiva un tempo il Vaticano prima di cambiare idea. Anzi, vorrebbero che abbaiasse più forte!