Secondo un’analisi di Gorkhale, ex ministro e ambasciatore indiano in Cina, Pechino rischia di incorrere in un errore tattico con ripercussioni di carattere strategico, perché ritiene che Nuova Delhi non intende rispondere a coercizioni militari di bassa intensità. La tensione al confine tra le due potenze è una situazione che preoccupa anche Washington
Domanda di un giornalista durante l’ultimo briefing al Pentagono (nella serata di martedì 13 dicembre): le forze militari cinesi e indiane si sono scontrate sul loro confine conteso per la prima volta in quasi due anni, e dunque quanto è preoccupato il dipartimento della Difesa che questo scontro possa portare a un confronto militare più ampio? E ancora: “Il Pentagono è disposto a fornire maggiore supporto militare all’India per aiutarla a gestire le minacce militari della Cina al confine?”.
A rispondere è il Press Secretary del Pentagono, il generale Pat Ryde: “Posso dirle che il DoD (acronimo di Department of Defense, ndr) continua a seguire da vicino gli sviluppi lungo la linea di controllo effettiva [Lac] al confine tra India e Cina. Abbiamo visto che la Repubblica popolare cinese continua ad accumulare forze e a costruire infrastrutture militari lungo la cosiddetta Lac. Ma mi rimetto all’India per quanto riguarda il loro punto di vista. Tuttavia, è importante sottolineare la crescente tendenza della Cina ad affermarsi e a essere provocatoria nei confronti degli alleati degli Stati Uniti e dei nostri partner nell’Indo-Pacifico. Continueremo a rimanere fermi nel nostro impegno a garantire la sicurezza dei nostri partner. E sosteniamo pienamente gli sforzi in corso da parte dell’India per dequalificare la situazione”.
Martedì l’esercito cinese ha difeso le sue azioni nell’area di Yangtse nel settore di Tawang, nell’Arunachal Pradesh, e ha incolpato l’India di aver innescato uno scontro a mani nude e armi bianche avvenuto il 9 dicembre. I cinesi dicono che gli indiani hanno “attraversato illegalmente” la Lac. Chiaramente gli indiani dicono l’opposto, e aggiungono che la Cina sostanzialmente sta venendo meno a un’intesa di settembre con cui avevano promosso il reciproco ritiro delle truppe da un’altra area del conteso confine himalayano.
Che la decisione di tre mesi fa non fosse la soluzione definitiva alle tensioni tra i due Paesi e alle annose vicende lungo la Lac era già piuttosto chiaro, ma il riaccendersi di nuovi scontri è un fattore che riaccende l’interesse perché in campo ci sono due delle principali potenze globali.
Il portavoce del Comando del Teatro Occidentale dell’Esercito di liberazione cinese ha affermato in una dichiarazione che i militari cinesi stavano conducendo “un regolare pattugliamento nell’area di Dongzhang” sul “lato cinese della Lac” quando le truppe sono state “bloccate dall’esercito indiano che ha attraversato illegalmente” la linea di confine – e di contatto. “La risposta delle nostre truppe è professionale, ferma e standard, e ha contribuito a stabilizzare la situazione”. Durante il briefing quotidiano, il portavoce del ministero degli Esteri cinese ha dichiarato che “l’attuale situazione di confine tra Cina e India è generalmente stabile” e “entrambe le parti hanno mantenuto una comunicazione senza ostacoli sulle questioni relative al confine attraverso i canali diplomatici e militari”.
Per Nuova Delhi non è proprio così, e i media indiani raccontano (tramite informazioni ricevute anche dal governo) che lo scontro del 9 dicembre lungo la Lac ha fatto seguito a un tentativo di trasgressione da parte di alcune centinaia di truppe cinesi nell’area, che sono state respinte dall’esercito indiano. Un ex alto funzionario indiano ha sottolineato riservatamente all’Hindustan Times i crescenti rischi di “errore di calcolo strategico” lungo il confine, affermando che la Cina ha assunto una posizione sempre più aggressiva, ignorando la volontà dell’India di rispondere.
Le trasgressioni cinesi lungo la Lac– tra cui quelle in più aree a partire dall’aprile 2020 nel settore occidentale del Ladakh – rispecchiano una postura aggressiva, riscontrata dal 2013, e hanno sollevato la questione “se vi sia un potenziale errore di calcolo strategico da parte della Cina dopo lo stallo militare in Ladakh”, ha scritto l’ex ministro degli Esteri e ambasciatore in Cina Vijay Gokhale in un’analisi per il Carnegie India sulla politica indiana della Cina.
“Due presupposti cinesi, che l’India inasprirà la sua posizione militare in risposta a una coercizione di basso livello e che l’India non formerà alleanze contro il coercitore, dovrebbero essere soppesati rispetto ai cambiamenti nel pensiero strategico indiano dal 2020”, ha scritto Gokhale: “In primo luogo, l’ambiguità che prevaleva nei circoli decisionali e strategici indiani sul fatto che la Cina sia un partner o un rivale è stata sostituita dalla chiarezza strategica. Il comportamento della Cina è ora percepito come avversario e pochi sono disposti a concederle il beneficio del dubbio”.
Questo è un elemento fondamentale: a Nuova Delhi è aumentata la consapevolezza sul fatto che con Pechino sia in atto un confronto, anche aspro. Per Gokhale, è stata ridefinita l’idea di moderazione strategica, e “ciò ha comportato un cambiamento nella propensione al rischio della classe politica, a seguito del quale nell’agosto 2022 è stata condotta la contro-operazione Snow Leopard a Rezang La/Rechin La”. Si parla delle contromosse dell’India a sud del lago Pangong che hanno spinto la Cina a disimpegnarsi successivamente sulla sponda nord.
“Si è trattato di un’escalation intenzionale da parte dell’India che non era stata prevista dalla Cina”, ha osservato. Pertanto, l’ipotesi cinese che non ci sarà un contraccolpo immediato alla coercizione di basso livello sulla Lac, perché l’India è avversa al rischio, potrebbe non essere più valida.
Quanto accade lungo il confine sino-indiano è delicato anche perché l’idea che la risposta indiana alla futura coercizione militare cinese rimarrà indefinitamente bassa è probabilmente un concetto superato. L’India è ora più disposta e impegnata a potenziare la capacità militare per prepararsi alla situazione di coesistenza armata che si aspetta prevalga lungo la Lac.
“L’incidente di Galwan ha dimostrato che, contrariamente alle speranze indiane, le misure preventive e il perseguimento della pace e della tranquillità potrebbero non essere sufficienti a scoraggiare una Cina che ritiene di avere un vantaggio militare lungo la Lac”, ha ammonito Gokhale. Per questo, dato che è probabile che nel breve periodo vi sia uno squilibrio militare, l’India dovrebbe dare la priorità al perseguimento di una gestione del rischio di livello superiore. Si tratta di un obiettivo qualitativamente diverso dalla ricerca della pace e della tranquillità.
La gestione del rischio sposta l’attenzione dal livello tattico sul terreno al livello politico-strategico. “Il dialogo a questo livello ridurrebbe il rischio di escalation a una soglia indesiderata. Pertanto, la ripresa del dialogo politico, sospeso dal novembre 2019, è essenziale”, commenta l’ex ministro sul sito del Carnegie: “È insostenibile che due grandi Paesi asiatici, che sono anche vicini e Stati dotati di armi nucleari, si astengano da conversazioni sullo stato delle loro relazioni”.