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L’intelligence italiana ieri, oggi e domani. La lezione di Gabrielli

In Italia c’è “una scarsa conoscenza delle cose che attengono al mondo dell’intelligence, un mondo che rischia di vivere di falsi miti, di rappresentazioni interessate, di comode ricostruzioni”. L’intervento al master in Intelligence dell’Università della Calabria, diretto da Mario Caligiuri

“I Servizi di intelligence in Italia nel XXI secolo” è stato il titolo della lezione tenuta dal prefetto Franco Gabrielli, Autorità delegata alla sicurezza della Repubblica nel governo Draghi, al master in Intelligence dell’Università della Calabria, diretto da Mario Caligiuri. Si è trattato di un ritorno per Gabrielli, che aveva concluso nel febbraio del 2008 la prima edizione di questo percorso formativo dell’ateneo calabrese, promosso primo in Italia con il sostegno del presidente emerito della Repubblica Francesco Cossiga. Tema della lezione il rapporto tra l’intelligence e le altre istituzioni dello Stato, caratterizzato da incomprensioni spesso dovute a valutazioni errate, basate su “una scarsa conoscenza delle cose che attengono al mondo dell’intelligence, un mondo che rischia di vivere di falsi miti, di rappresentazioni interessate, di comode ricostruzioni”. Il prefetto ha evidenziato come l’organizzazione dell’intelligence sia stata strutturata nel corso della sua storia come “un sistema binario antagonista con una tendenziale inclinazione unitaria”, sottolineando la “straordinaria importanza delle garanzie funzionali previste nella Legge 124/2007.

LA FAKE NEWS DEI “SERVIZI DEVIATI”

Ricordando il recente volume su Enrico Mattei presentato in occasione dei sessant’anni della morte del presidente dell’Eni, Gabrielli ha ricordato la delicata fase della Guerra fredda, quando l’Italia di fatto era un Paese “in condizione di sovranità limitata”. La mancata consapevolezza di tale condizione ha contribuito a riversare ogni responsabilità sui Servizi, tanto da creare erroneamente la definizione di “servizi deviati”.

LA MANCANZA DI UNITARIETÀ

Gabrielli ha quindi sottolineato come la storia dell’intelligence sia stata caratterizzata dalla frammentazione e dalla competizione, tanto più che fino al 1977 non c’era mai stata una regolamentazione legislativa del sistema, basato sulle due competenze distinte facenti capo ai ministeri dell’Interno e della Difesa. Per decenni ciò ha causato “una mancanza di unitarietà e di una visione d’insieme, condizionando fortemente le prospettive di crescita”. Il prefetto lo definisce “un antagonismo che anche per le vicende successive relative allo scandalo dei fondi neri del Sisde, ha tenuto in piedi un sistema squilibrato dove il Sismi ha rappresentato, dal 1992 fino al 2007, l’organismo per eccellenza”. La legge 124 del 2007 ha indicato un nuovo equilibrio, precisando il segreto di Stato, introducendo le garanzie funzionali e assegnando la responsabilità politica esclusiva al presidente del Consiglio.

I LIMITI DELLA LEGGE 124

Gabrielli ha poi sottolineato come la 124 rappresenti “uno spartiacque importante”, definendo un bilanciamento di poteri tra gestione e controllo. Ci sono però ancora da affrontare “una serie di equivoci” dovuti alla frammentazione tra Dis, Aise e Aisi “che incide sull’unitarietà dell’azione, soprattutto per quanto riguarda il rapporto con la politica”. Ha quindi sottolineato come tale evidenza renda complessa la gestione della sicurezza, anche in considerazione del rapporto con la magistratura ed il patrimonio informativo degli apparati delle forze di polizia.

IL FLUSSO DELLE INFORMAZIONI

La gestione del flusso delle informazioni sulla sicurezza presenta criticità. Infatti, l’ufficiale di polizia giudiziaria è collocato tra due fuochi: la dipendenza gerarchica e l’obbligo della segretezza delle indagini. “È una sorta di perversione”. Inoltre “nel nostro sistema esiste una sperequazione di patrimonio informativo degli apparati, poiché, a differenza di altri Paesi come la Gran Bretagna o gli Stati Uniti, dove si stabilisce a monte quali siano le priorità nazionali, nel caso italiano si lascia alla magistratura un ruolo decisivo, producendo uno squilibrio tra apparati dell’intelligence e delle forze di polizia”.

IL PROBLEMA LESSICALE

Sul tema della sicurezza Gabrielli ha sottolineato come sia necessaria una riflessione sul lessico utilizzato, dal momento che racchiude diversi ambiti di azione come la security, la safety e l’intelligence. La scarsa precisione lessicale “descrive una mancata comprensione delle attività realmente svolte, favorendo abusi e strumentalizzazioni”. Si tratta di un mutamento di prospettiva che dovrebbe caratterizzare anche la selezione del personale che accede ai Servizi, per evitare di considerare il passaggio all’intelligence come una sorta di “oscar alla carriera” per chi proviene dalle forze di polizia, specialmente per i dirigenti. È infatti sbagliato considerare i due mondi come vasi comunicanti, rendendo evidente una cesura che permetta al settore dell’intelligence di raggiungere una sua identità specifica. Ha quindi sottolineato che “troppo spesso il mondo dell’intelligence viene vissuto come una zona franca, cioè non come un luogo che ha una sua dignità, che ha una sua ragione d’essere, che ha una sua individualità e una sua identità, ma un luogo che in qualche modo può essere utilizzato per scopi che non necessariamente sono quelli propri”.

LA SELEZIONE DEL PERSONALE

La selezione e la formazione del personale diventano allora fondamentali poiché la vera sfida è un nuovo approccio di analisi “in un mondo in cui c’è un’overdose di dati, la differenza la fa l’informazione analizzata in profondità: il tema è fare sintesi ed avere la possibilità di capire dove va il mondo”.

In definitiva, ha detto, occorre sempre tenere presente che uno degli scopi dell’intelligence è “mettere il politico nelle condizioni di decidere”, affinché le istituzioni svolgano efficacemente il proprio ruolo e mantengano la loro credibilità.

IL SERVIZIO UNICO

Gabrielli ha poi rilevato la necessità di un Servizio unico che, pur non perdendo di vista la complessità, operi con interdisciplinarietà e interconnessione. Per questo, “il tema della selezione del personale è fondamentale, poiché è necessaria un’adeguata scelta del capitale umano, in cui l’eccellenza dovrebbe essere la regola”.

I LASCITI DEL GOVERNO DRAGHI

Gabrielli ha infine descritto i tre lasciti che il governo Draghi ha concretizzato per la sicurezza della Repubblica. L’importante creazione dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale, la definizione delle misure di intelligence di contrasto cibernetico e lo strumento del “clandestine service”, ovvero l’impiego del personale dell’Aise per lo svolgimento di attività di ricerca informativa e operazioni all’estero. In relazione all’Agenzia per la cybersicurezza nNazionale, ha ricordato che è un’esperienza partita con grande ritardo rispetto ad altri paesi, come la Germania (1999) e la Francia (2009), sottolineando come sia stata resa autonoma dall’intelligence per darle maggiore libertà di azione, in modo da renderla svincolata dagli angusti limiti della riservatezza.

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