Skip to main content

L’Iran non intende fermare la repressione delle proteste

Il regime iraniano vuole dimostrare di non volersi fermare davanti a niente e l’amministrazione Biden dovrebbe chiedere più del rispetto dei diritti umani, spiega Kahn, Foundation for Defense of Democracies. L’arresto della nipote di Khamenei è un simbolo, per dare esempio di determinazione

La nipote della Guida suprema iraniana, Ali Khamenei, ha invocato la caduta del regime clericale in un video che il fratello ha pubblicato online dopo che i servizi di sicurezza di Teheran l’hanno arrestata la settimana scorsa.

Paragonando l’ayatollah Khamenei a Hitler e Mussolini, Farideh Moradkhani ha chiesto agli altri Paesi di tagliare i ponti con il “regime assassino e assassino di bambini” di Teheran. Il suo arresto riflette i crescenti timori di Khamenei per le proteste in corso in Iran, che costituiscono una delle maggiori minacce alla sopravvivenza del regime dalla Rivoluzione islamica del 1979.

“L’arresto di Farideh Moradkhani dimostra che il regime non si fermerà davanti a nulla pur di mantenere il potere. Piuttosto che limitarsi a esprimere il proprio sostegno ai diritti umani in Iran, l’amministrazione Biden dovrebbe esprimere il suo esplicito accordo con la richiesta di Moradkhani di un regime change”, spiega Tzvi Kahn, ricercatore della Foundation for Defense of Democracies.

Moradkhani è già stata arrestata in passato, anche perché il regime non può dare l’idea che lei sia oggetto di favoritismi in quanto nipote della Guida, ma anzi la leadership vuole dimostrare di essere integerrima. Nel gennaio 2022, il regime ha arrestato la nipote di Khamenei dopo che questa aveva elogiato la vedova dell’ex scià, invitandola a tornare in Iran.

Moradkhani ha anche condotto una campagna contro la pena di morte, che Teheran applica più di ogni altro Paese al mondo oltre alla Cina. Anche il suo defunto padre, sposato con la sorella di Khamenei e persistente critico della Repubblica islamica, ha trascorso anni in un carcere iraniano.

La nipote del leader butta benzina sul fuoco, con il dissenso che è ormai diffuso e difficilmente controllabile per le forze di sicurezza iraniane. L’uccisione di 448 persone, tra cui 60 bambini e 29 donne, non è bastato a fermare le proteste, iniziate a settembre. I dati sulle vittime sono forniti dall’organizzazione no-profit Iran Human Rights con sede in Norvegia, alcuni attivisti danno numeri anche più alti.

Centinaia di manifestanti hanno riportato ferite agli occhi o hanno perso del tutto la vista a causa dei proiettili di gomma e di altre armi. Le forze di sicurezza hanno persino usato le ambulanze per penetrare nelle manifestazioni e arrestare chi vi partecipava. Un’inchiesta della CNN ha rilevato almeno 11 episodi di violenza sessuale contro manifestanti uomini e donne in carcere. Il regime ha scelto di chiudersi e reagire in modo violento, la nipote della Guida non poteva essere un’eccezione, ma fare da esempio.

La settimana scorsa, il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite ha tenuto una sessione speciale sulle proteste in Iran, approvando una risoluzione che istituisce una missione d’inchiesta internazionale indipendente per indagare sulle violazioni dei diritti umani legate ai disordini. L’Iran si trova ad affrontare una “vera e propria crisi dei diritti umani”, ha dichiarato Volker Turk, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani. Teheran ha risposto che non collaborerà con la missione d’inchiesta. Il regime ha rifiutato di permettere ai relatori speciali delle Nazioni Unite sui diritti umani in Iran di visitare il Paese dal 1992.



×

Iscriviti alla newsletter