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Europa-Africa, un unico destino. La conferenza di Med-Or

Guido Crosetto, Mohamed Bazoum, Marco Minniti, Matteo Piantedosi

L’ex ministro dell’Interno e presidente della Fondazione Med-Or è intervenuto insieme al presidente del Niger, Mohamed Bazoum, alla conferenza “Italia, Niger. Europa, Africa. Due continenti. Un unico destino”, ospitata a Roma dall’Università Luiss con il ministro della Difesa, Guido Crosetto, dell’Interno Matteo Piantedosi e dell’Università Anna Maria Bernini

Di sicurezza nella regione del Mediterraneo allargato e di rapporti tra Europa e Africa, sempre più interconnessi tra di loro, si è discusso il primo dicembre a Roma in occasione della conferenza “Italia, Niger. Europa, Africa. Due continenti. Un unico destino”, organizzata dalla Fondazione Med-Or e ospitata dall’università Luiss.

Con l’attuale presidente del Niger, Mohamed Bazoum, “siamo stati insieme ministri dell’Interno” dei nostri due Paesi, e con lui “abbiamo iniziato ad usare il termine ‘Sahel’, che all’epoca fece scandalo ma oggi è ritenuto cruciale”. Così Marco Minniti, oggi presidente della Fondazione Leonardo Med-Or, ha aperto la conferenza. “Poi Bazoum è diventato presidente del Niger, io presidente di Med-Or, che è un po’ la stessa cosa”, ha scherzato l’ex ministro dell’Interno.

Insieme al presidente della Fondazione e ai ministri dell’Interno e della Difesa e dell’Università e della ricerca italiani, Matteo Piantedosi, Guido Crosetto e Anna Maria Bernini, ospite d’eccezione era infatti il presidente del Niger, Bazoum, il cui Paese è al centro dei flussi migratori che dall’Africa si spostano in Europa.

Il presidente nigerino ha spiegato che gli sviluppi dell’attualità e le sfide che questa comporta hanno esteso la “frontiera mediterranea” dal Maghreb al Sahel, avvicinando all’Europa quello che finora era percepito come lontano ed estraneo. “Il lavoro compiuto in questi anni fra Italia e Niger sul piano della cooperazione ha portato ad una cooperazione militare in uno spazio più preciso, risultato anche delle domande che in Niger ci siamo fatti sui bisogni europei”, ha detto Bazoum, sottolineando da un lato “l’impegno assunto”, dall’altro le “responsabilità europee”. Bazoum ha ricordato che il Niger “non è un Paese di partenza dell’immigrazione”, ma che su effetto delle dinamiche libiche è diventato “un luogo di transito”, e che in questo contesto Niamey combatte la rete criminale “che dall’inizio degli anni Duemila lega strettamente” il traffico di migranti, di droga e di armi. I Paesi europei “hanno ben compreso” che la sicurezza del Sahel determina quella dell’Europa. Il Niger riceve un aiuto prezioso nella formazione dei suoi militari da parte di qualsiasi Paese sia disposta a farlo”, ha detto Bazoum citando fra gli esempi “la Francia, l’Italia, gli Stati Uniti o il Giappone”.

Sul fronte climatico e dello sviluppo, Bazoum ha ricordato che l’Africa non può lavorare efficacemente contro il cambiamento climatico se rimane povera. Per Bazoum è fondamentale “cambiare il paradigma” della riflessione globale sul clima, in modo da “prendere in considerazione anche i bisogni dei Paesi più poveri”, come “non è accaduto” in occasione della Cop27 chiusa lo scorso mese in Egitto. “Il Sahel è la zona del mondo più colpita dal cambiamento climatico”, ha detto ancora il presidente nigerino, “servono altre condizioni” per il dialogo.

“L’Italia può aiutare il Niger ad ottenere le risorse e competenze necessarie a rendere efficiente il sistema scolastico locale ed agire cosi tramite l’educazione per una cosciente transizione demografica”, ha detto il presidente nigerino ricordando che se in Europa “il sistema scolastico ha funzionato”, in Niger “la scarsa qualità degli insegnanti” va di pari passo con una percentuale di riuscita scolastica inferiore al 30 per cento e con usi sociali come il matrimonio in giovanissima età.

Bazoum ha puntato inoltre il dito verso la Libia che è divenuta “un negozio di armi a cielo aperto” e continua ad alimentare così un triplice fenomeno criminale, segnato anche dal traffico di droga e da quello di esseri umani. Il capo di Stato nigerino ha fatto riferimento al conflitto dilagato dalla Tripolitania alla Cirenaica, sfociato nella caduta e nell’uccisione del colonnello Muammar Gheddafi nel 2011. Proprio il 2011 sarebbe l’anno, secondo Bazoum, nel quale per il Niger si è definita una sfida triplice. “Il traffico della droga che arriva dall’America Latina a bordo degli aerei ha sviluppato un’economia criminale che non si limita ad armare i terroristi ma che stravolge l’economia nel suo complesso e favorisce il fenomeno del terrorismo” ha detto il presidente. “Il nostro impegno allora è su tre livelli: contro il traffico di armi, contro quello di droga e contro quello dei migranti”. Per Bazoum, “il Niger non è un Paese di partenza ma dal 2011 con le ripercussioni della crisi libica è divenuto la strada piu’ importante della migrazione verso l’Europa”.

A ricordare l’impegno del Niger in campo di sicurezza e di cooperazione con l’Italia è stato anche il ministro dell’Interno, Piantedosi. Gli sforzi che il Niger sta effettuando nel contrasto al terrorismo, anche cercando un dialogo con i gruppi armati, andrebbero maggiormente valorizzati a livello europeo, perché potrebbero rappresentare “una strada da seguire”, ha detto il ministro il quale ha invitato a “dare atto” all’impegno avviato dal governo del Niger, sforzo “utile alla stabilizzazione” di tutto il Mediterraneo.

L’Europa e l’Africa “saranno sempre più chiamate a lavorare insieme” e per farlo è necessario avviare “un dialogo più franco”, che permetta di “concordare un cambio di paradigma” per eliminare alcuni fattori di retaggio storico che hanno minato la reciproca fiducia, soprattutto a danno del continente africano. Per Piantedosi “serve dialogare con uno spettro più ampio di Paesi africani sui temi dell’immigrazione”, ha detto Piantedosi, per il quale in quest’ambito l’Europa deve assumersi la responsabilità di diventare “un motore a livello globale”.

Il ministro della Difesa Crosetto invece ha invitato ad investire in Africa per far crescere Pil pro capite e cultura. “Quanto cresce il Prodotto interno lordo pro capite e quanto cresce la cultura sono i due fattori fondamentali per valutare il miglioramento delle condizioni di sviluppo dei Paesi in Africa e l’efficacia dell’azione europea in questo senso”, ha spiegato il titolare della Difesa. “La cosa più stupida che può fare l’Europa è non capire che la crescita dell’Africa determina quella europea, e per crescita si intende una crescita economica”, ha aggiunto. Per Crosetto è necessario “darci un punto di arrivo” in questo processo, smettendo di “raccontarci a Bruxelles e nei consessi europei che abbiamo fatto investimenti in Africa senza mai andare a chiedere un riscontro a chi li ha ricevuti”.

Nei confronti dell’Africa serve “una politica pratica”, fondata su risultati misurabili, a partire dal reddito pro capite, che deve essere fatto crescere, in Niger e altrove, dove “resta oggi inferiore all’equivalente di mille euro”. Al centro dell’intervento del ministro della Difesa, la critica ad approcci europei di tipo “burocratico”. “Non misuriamo mai il risultato di programmi di cooperazione dai nomi bellissimi” ha detto Crosetto. “L’Europa investe sette volte quello che investe la Cina in Africa, ma la Cina ha una presenza significativa, mentre l’Europa no”. Secondo il ministro, fatta salva la centralità del sostegno alla formazione e alla cultura, “la risposta è una politica pratica”. Crosetto ha chiesto: “Dopo un anno di impegno, la cooperazione europea quanto ha fatto aumentare il reddito del Niger, che oggi è ancora sotto i mille euro?”.

La ministra dell’Università, Anna Maria Bernini, ha invece auspicato che l’università e la ricerca siano “una fabbrica che produca futuro e dipenda dalla qualità della proposta formativa. In questo caso siamo noi a determinare il contenuto di queste cooperazioni internazionali, che sono già attive con il Niger, per lo scambio di competenze e ricercatori”. “Non possiamo lasciare cadere le iniziative che sono in corso. – ha aggiunto – Dobbiamo valorizzare, le dobbiamo implementare e riempirle di quel principio di realtà. Anche le infrastrutture immateriali sono intrise del principio di realtà che è fatto di: cooperazione, organizzazione e gestione sartoriale dei bisogni”.

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