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L’amicizia Cina-Russia ha qualche limite. Il caso Huawei

Il colosso di Shenzhen ha deciso di chiudere una sua divisione a Mosca per i rischi di sanzioni secondarie. Ma è pronta a tornare quando la guerra in Ucraina finirà

La società cinese Huawei, sotto restrizioni negli Stati Uniti e in diversi Paesi occidentali per ragioni di sicurezza nazionale, ha deciso di chiudere una sua divisione in Russia dal 1° gennaio. Lo ha riferito il quotidiano russo Kommersant. Si tratta della filiale Enterprise Business Group, con circa 2.000 impiegati, responsabile della fornitura di soluzioni di tecnologia dell’informazione e della comunicazione ai clienti aziendali. Secondo il giornale, la decisione è dovuta ai rischi di sanzioni secondarie, poiché gli apparecchi della società cinese possono essere utilizzati nel settore pubblico.

Ai dipendenti che lavorano per l’unità verrà chiesto di trasferirsi negli uffici di Huawei in altri Paesi della Comunità degli Stati Indipendenti, altrimenti verranno licenziati. Ma l’ufficio potrebbe riprendere il lavoro in futuro: ”la società è pronta a tornare se le ostilità attive in Ucraina cessano”, scrive Kommersant evidenziando così quanto la stabilità sia un elemento decisivo per la Cina e le aziende cinesi a livello internazionale. Allo stesso tempo, secondo le fonti del quotidiano, Huawei manterrà centri di ricerca e sviluppo nelle città di Mosca, San Pietroburgo, Nizhny Novgorod e Novosibirsk.

Non è il primo passo indietro di Huawei dalla Russia dopo l’invasione dell’Ucraina. Ad aprile, infatti, l’azienda aveva licenziato alcuni dipendenti locali e sospeso nuovi contratti con gli operatori per evitare le sanzioni di Stati Uniti e Unione europea.

In base alle sanzioni statunitensi sulle esportazioni dirette alla Russia, è vietata l’esportazione nel Paese di qualsiasi prodotto tecnologico realizzato in Paesi stranieri utilizzando componentistica, software o progetti americani. Pechino si è opposta alle sanzioni economiche contro Mosca. Ciò ha spinto Washington a lanciare diversi moniti di avvertimento a chi volesse approfittare di eventuali opportunità commerciali create dalle sanzioni e aiutare così la Russia a eludere i controlli sulle esportazioni.

Come evidenzia il South China Morning Post, diverse aziende cinesi sono state coinvolte nel fuoco incrociato del conflitto e molte occidentali hanno chiuso le operazioni in Russia. Ericsson e Nokia, rivali di Huawei nel settore delle telecomunicazioni, hanno sospeso le loro operazioni commerciali. Il produttore cinese di droni DJI Technology Co è stata la prima azienda tecnologica cinese a interrompere le proprie attività commerciali in Russia (oltreché in Ucraina) ad aprile.

Ieri Dmitrij Medvedev, vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo, ha incontrato in qualità di leader di Russia Unita (il partito del presidente Vladimir Putin) il leader cinese Xi Jinping. Quest’ultima ha auspicato, come riportato dall’agenzia di stampa ufficiale cinese Xinhua, che il Partito comunista cinese e Russia Unita possano promuovere la comunicazione e contribuire con la loro saggezza ad approfondire la cooperazione strategica tra Cina e Russia. Intanto, le forze navali dei due Paesi hanno iniziato esercitazioni congiunte che dureranno una settimana nel Mar Cinese Orientale mentre i media cinesi più “falchi” continuano a puntare il dito contro la Nato per la guerra in Ucraina.

La partnership “senza limiti” siglata da Putin e Xi poche settimane prima dell’invasione in occasione dell’incontro a margine delle Olimpiadi invernali di Pechino sembra mostrare qualche limite di natura economica e commerciale. Al contrario, alla luce anche di una Russia che sta cercando sempre più la sponda cinese, pare navigare o gonfie vele per quanto riguarda quella che la Cina chiama una “governance globale più giusta”, cioè la sfida all’Occidente e all’ordine internazionale basato su regole.



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