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Tra manovra, Pnrr e fisco. Giorgetti fuga i grandi malintesi

Il titolare dell’Economia interviene in parlamento per difendere la manovra da 35 miliardi e sgombrare il campo dai dubbi. Le misure sono frutto di scelte politiche, basta dire che il prossimo anno andrà tutto storto. Il taglio del cuneo fiscale rimane un pilastro dell’azione dell’esecutivo e sul Pnrr Roma è pronta a centrare gli obiettivi di fine anno. La sponda dei mercati

Nel giorno in cui le principali parti sociali hanno detto la loro in parlamento sulla manovra targata Giorgia Meloni e Giancarlo Giorgetti, quest’ultimo è tornato a difendere la legge di Bilancio che porta in dote 35 miliardi di euro, il grosso dei quali impiegati sul fronte dell’inflazione e dell’energia. Quello che rimarrà, una decina di miliardi o meno, andrà, tra le altre cose, destinato al mini-taglio del cuneo fiscale, allo stop alle cartelle esattoriale ante-2015, e al finanziamento delle deroghe alla legge Fornero.

L’ORA DELL’OTTIMISMO

Il responsabile di Via XX Settembre è partito da un assunto. Inutile cercare solo i difetti nell’ex Finanziaria, perché il senso delle misure c’è. E anche sulle prospettive economiche dell’Italia non è il caso di fare troppo gli uccelli del malaugurio. “Non sembra condivisibile il pessimismo oggi prevalente sulle prospettive per l’economia internazionale e, in particolare, per quella italiana, pessimismo che traspare anche dalle previsioni economiche di organizzazioni quali il Fondo monetario internazionale”, ha esordito Giorgetti.

Ricordando come “il prodotto interno lordo nei primi tre trimestri del 2022 è aumentato più del previsto tanto che la crescita annuale acquisita al terzo trimestre (ovvero la crescita che si verificherebbe se la variazione del quarto trimestre fosse nulla, ndr) è pari al 3,9%. Inoltre, nei primi dieci mesi dell’anno l’occupazione secondo l’indagine mensile sulle forze di lavoro è risultata superiore del 2,6% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso”.

IL PRIMATO DELLA POLITICA

Di una cosa è certo Giorgetti, che la manovra oggi all’esame del parlamento è frutto di scelte politiche, che hanno capo e coda. “Anche i precedenti governi hanno dovuto fronteggiare situazioni emergenziali adottando decisioni difficili, il nostro non fa eccezione, ma abbiamo fatto delle scelte politiche, allocando le risorse verso gli impieghi che riteniamo più necessari in questo momento. Siamo dell’idea che abbiamo scritto una legge di bilancio coraggiosa e che risulterà utile all’Italia”. E comunque, se è vero che “la manovra toglie reddito disponibile, i poveri li abbiamo tutelati. Non potete dire che non abbiamo avuto attenzione per le famiglie a basso reddito questo non lo accetto”.

CHIAREZZA FISCALE

Non è finita. Altro capitolo, il fisco su cui l’esecutivo è finito sotto il fuoco incrociato. Una flat tax che premia solo gli autonomi, poco coraggio sul taglio del cuneo e, soprattutto quello stralcio delle cartelle sotto i mille euro e ante-2015.  Sul fisco “voglio chiarire che non abbiamo introdotto alcuna forma di sanatoria o condono, come pure da qualche parte è stato erroneamente sostenuto: non sono stati previsti abbattimenti dell’ammontare delle imposte dovute né limitazioni dei poteri di controllo dell’Amministrazione finanziaria. Non è questa la direzione in cui il governo ha inteso operare”.

“Piuttosto le varie misure di tregua fiscale prevedono in generale il pagamento integrale delle imposte dovute, ma al contempo assicurano ai contribuenti un alleggerimento e una maggiore sostenibilità finanziaria del debito fiscale, mediante la riduzione delle sanzioni e la previsione di più ampie tempistiche per i versamenti. Sottolineo, inoltre, che le misure di carattere fiscale si auto-compensano quasi integralmente, nel 2023, e danno poi risorse destinate a coprire gli interventi di carattere sociale della manovra”. E il cuneo fiscale? Pochi dubbi, “resta uno dei pilastri della politica del governo, un obiettivo nell’ambito del mandato è quello ridurlo del 5%. Abbiamo riconfermato il 2% e siamo andati al 3% sui redditi più bassi”.

TRA PNRR E MERCATI

Sullo sfondo, l’immane sfida del Pnrr. Giorgetti sa fin troppo bene che l’esplosione dei costi delle materie prime rischia di sballare la tempistica dettata da Bruxelles. In gioco ci sono le rate di finanziamento, una delle quali è prevista proprio a dicembre. Fallire gli obiettivi vorrebbe dire mettere in discussione i pagamenti futuri, indispettendo l’Europa. In mattinata il ministro leghista era intervenuto a un evento, proprio dedicato al Pnrr. Dispensando altro ottimismo.

“In questi giorni stiamo lavorando intensamente per conseguire i 55 obiettivi del secondo semestre 2022, per poter presentare a Bruxelles la terza richiesta di pagamento entro la fine di dicembre prossimo. Siamo già a buon punto e centreremo sicuramente anche questo traguardo. Complessivamente l’Italia ha finora ricevuto 67 miliardi di euro, abbiamo presentato la prima e la seconda richiesta di pagamento alla Commissione europea nei tempi previsti. Questo ci ha permesso di ricevere un totale di 42 miliardi di euro, a cui vanno aggiunti i 24,9 miliardi di euro ricevuti quale prefinanziamento iniziale”. E poi, se è vero che l’inflazione rende tutto più costoso, il debito italiano è certamente meno caro di due mesi fa. “Già oggi lo spread è inferiore di circa 40 punti base rispetto al primo giorno di insediamento del governo”.

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