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Governo lucido sulla manovra, ma la Bce fa il suo mestiere. Parla De Romanis

L’economista della Luiss a Formiche.net: l’Italia è un Paese serio e un Paese serio gli impegni li rispetta, per questo la norma sui pagamenti elettronici non stava in piedi. A marzo ci sarà da rifinanziare le misure per famiglie e imprese e senza deficit. Solo un governo politico con un ministro dell’Economia politico può farlo. E Giorgetti lo è. Il Mes? Basta con i demoni, ratificare non vuol dire attivare

Non è stata una cattiva idea far saltare nella notte tra sabato e domenica la norma, inserita nella manovra all’esame del Parlamento, che fissava a 60 euro la soglia entro la quale non dover accettare il pagamento elettronico. E così, dopo settimane passate a tenere alta la bandiera del Pos, lo stendardo viene abbassato al primo inarcare di sopracciglio della Commissione Ue.

La misura voluta dal governo di Giorgia Meloni, contrasterebbe con obiettivi e target del Pnrr raggiunti dall’Italia lo scorso anno. Cosa che in realtà era stata sottolineata già da tempo dalla stessa Bruxelles. Per metterci una pezza il governo dovrebbe ora inserire una norma per inserire in manovra crediti di imposta per le commissioni pagati dai negozianti che finiscono a carico di tutti i contribuenti. E invece è tutto, direttamente, saltato. Il che, dice a Formiche.net l’economista della Luiss, Veronica De Romanis, è una buona notizia.

“La retromarcia del governo sul Pos è senza dubbio una buona notizia, perché gli impegni, quelli con l’Europa, si rispettano e poi era una misura sbagliata. Noi siamo un Paese serio, abbiamo preso dei finanziamenti e non possiamo permetterci di non adempiere ai nostri impegni solo perché cambia governo”, premette De Romanis. “Questa manovra è molto prudente, il messaggio arrivato all’esterno è che l’Italia non ha fatto colpi di testa ma è rimasta in un solco di responsabilità. Certamente, posata questa prima pietra, le sfide sono altre. A marzo scadranno molte delle misure per le famiglie e le imprese e al momento non ci sono risorse. Dovendo però trovarle, ma senza fare nuovo deficit, ecco che bisognerà lavorare sulla spesa, attraverso un’operazione di ricomposizione della stessa. E chi meglio di un governo politico con un ministro dell’Economia politico, può affrontare questa sfida?”

De Romanis non nasconde il rischio di un “costo politico, dal momento che rifinanziare le misure anti-inflazione, vorrà dire andare a toccare capitoli di spesa. Ma certamente l’opzione debito non può e non deve essere più sul tavolo”. E che dire della recente mossa della Bce che ha sconquassato i mercati e affondato le Borse? De Romanis rimarca un concetto. “La Banca centrale da sempre ha come mandato la lotta e il contenimento dell’inflazione. Non ci può, dunque, stupire che si vada nella direzione di un aumento dei tassi. Detto questo, l’Unione europea è fatta da 19 economia, naturale che le decisione della Bce impattino in modo diverso. Ed è lì che entrano in gioco i governi nazionali, che debbono sostenere l’economia. La Bce si occupa dei prezzi, i governi della crescita, è il principio della suddivisione dei ruoli, ma qualcuno nel governo italiano forse non lo ha capito. Pensiamo, piuttosto, a portare a casa il Pnrr e a far crescere l’economia, questo è il vero messaggio da dare, non prendersela con la Bce”.

Non poteva mancare il Mes, il Meccanismo per la stabilità il cui trattato istitutivo a monte è stato ratificato dall’Europa intera, ad eccezione dell’Italia. “Bisogna capire una cosa: un conto è la ratifica di un trattato, un conto è l’attivazione. Non stiamo parlando della linea pandemica del Mes, i fondi per la sanità, bensì del meccanismo per le crisi bancarie che rimane un valido strumento per l’Europa. Il punto è la ratifica, ma se si ratifica poi non è detto che vada usato. Io credo che non firmare il trattato voglia dire anche privare altri Paesi della possibilità di farne ricorso, qualora lo volessero”.

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