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Natale a Riad. Qualcosa sta cambiando in Arabia Saudita

L’Arabia Saudita permette celebrazioni natalizie con uno spirito — e una spinta — senza precedenti. Riad vuole trasmettere un’immagine aperta di sé, per superare la percezione di rigore, chiusura e controversie sui diritti

L’Arabia Saudita tradizionalmente non accetta cerimonie e festeggiamenti per celebrare uno dei giorni più significativi del calendario cristiano, né sul piano religioso (chiaramente) né su quello più laico (festoni, luci, shopping). Quest’anno, però, i residenti della capitale Riad hanno potuto ammirare i tipici allestimenti stagionali nei centri commerciali e addirittura acquistare alberi di Natale (cosa che negli scorsi anni non era permessa), mentre Arab News ha pubblicato un’edizione speciale per le feste – per la prima volta nella sua storia.

“I sauditi sentono lo spirito natalizio come mai prima d’ora”, ha scritto in prima pagina il giornale in lingua inglese, consigliando ai lettori cose tipo il posto migliore per assicurarsi un tacchino per la cena di Natale. “Meglio tardi che mai”, ha aggiunto il direttore Faisal Abbas in editoriale dal titolo “Merry Christmas”.

Non è la prima volta che in Arabia Saudita si vendono articoli natalizi; da qualche anno le restrizioni sulla festa si sono gradualmente attenuate. Ma il 2022 — dopo la più contenuta celebrazione di Halloween, anche piuttosto criticata — segna un cambiamento di passo per un Paese in cui quasi tutti i cristiani sono espatriati e in cui tradizionalmente ogni forma di culto diversa dall’Islam è stata proibita, sottolinea il Financial Times.

Il giornale inglese dedica attenzione a quanto succede perché ne percepisce unicità e senso. Il regno del Golfo sta cercando vie per aprirsi, o quanto meno per mostrarsi più aperto, e il Natale è una di queste: festa cristiana intrisa di senso laico e consumistico, completamente secolarizzata sotto la forza culturale occidentale. La “ritrovata allegria natalizia” (copyright FT) arriva mentre il principe ereditario Mohammed bin Salman, primo ministro e factotum del regno, porta avanti una serie significativa di riforme.

Certi cambiamenti includono misure enormi come il rinnovamento dell’economia per renderla meno dipendente dal petrolio e l’allentamento delle restrizioni religiose sulla vita che, fino a pochi anni fa, impedivano per esempio alle donne di guidare. Tuttavia sui giornali occidentali fanno più clamore aspetti controversi del regno e del futuro regnante — in particolare modo in Italia, il dossier saudita come molti altri, viene usato come argomento velenoso per certi regolamenti di conti della politica interna.

Fare gli auguri a chi celebra festività religiose non musulmane rimane un argomento controverso per gli integralisti sauditi. Quest’anno, tuttavia, Mohammed al-Issa, un alto religioso musulmano, ha detto ai telespettatori che “non c’è nulla nelle scritture che vieti di fare gli auguri”. E questo cambiamento di tono è stato accolto con favore da alcuni cittadini, e soprattutto da coloro che vivono all’estero o che hanno rapporti con l’estero.

La mossa di Arab News sembra avere lo scopo di dimostrare che l’Arabia Saudita sta diventando un Paese più tollerante. È un’attività di comunicazione strategica pensata anche per aiutare il regno ad attrarre talenti e imprese occidentali di fronte alla crescente concorrenza di paesi come gli Emirati Arabi Uniti, che offrono libertà di religione alla maggior parte delle fedi (da ricordare la visita di Papa Francesco) e uno stile di vita più liberale (anche perché sgravato dal peso del rigore che l’Arabia Saudita deve mantenere all’interno del mondo islamico come protettore di luoghi sacri). Dare la percezione di una maggiore libertà interna serve anche come operazione di marketing strategico davanti all’impatto che vicende tragiche (quanto assurde per la concezione occidentali) come il caso Khashoggi hanno avuto sul regno e sul suo presente/futuro leader.

Il principe bin Salman ha ottenuto il sostegno di molti giovani sauditi per le sue riforme, ma il regno è stato pesantemente criticato dai governi occidentali e dai gruppi di difesa dei diritti umani e civili per le continue violazioni. Quest’anno l’Arabia Saudita ha condannato a morte decine di prigionieri, per esempio, mentre una dottoranda e madre di due figli è stata imprigionata per quasi 40 anni per aver espresso critiche su Twitter.

È in corso la composizione di un nuovo contratto sociale: chi sostiene bin Salman chiede da lui una posizione ferma e ancora più spinta (magari includendo nel suo programma anche riforme sociali). Ma dall’altra parte i conservatori, rappresentati dalla generazione superiore a quella del principe (minoritaria per demografia, ma ancora forte nei luoghi di potere).

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