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Le regionali e l’erosione del Pd. La strategia di Conte spiegata da Panarari

democrazia

“La logica di questa operazione è chiara: Conte continua a condurre una linea strategica che ha l’obiettivo di mordere ai fianchi al Pd, sottraendogli l’elettorato di sinistra”, spiega il politologo e sociologo della comunicazione. E sulla manovra: “Inciampi dettati da tensioni interne al governo”

Nel toto-candidature per la presidenza della regione Lazio, spunta il nome dell’ex ministro Alfonso Pecoraro Scanio. La freccia all’arco sarebbe di Giuseppe Conte, leader del Movimento 5 Stelle che, diversamente da quanto accaduto in Lombardia, non ha trovato l’accordo con il Pd. Rumors di palazzo, d’altra parte, confermano che Pecoraro Scanio sia da tempo vicino alla galassia grillina. Di più. “Si dice che sia uno dei consiglieri di Conte. Da tempo ha abbracciato l’eco-populismo, che sarebbe perfettamente coerente con la linea oppositiva, ad esempio, alla realizzazione del termovalorizzatore a Roma”. Massimiliano Panarari, docente dell’università Mercatorum, saggista e sociologo della comunicazione non è sorpreso dall’ipotesi di questa candidatura. “Anche perché – ragiona il politologo – avrebbe una logica ben precisa”.

La logica sarebbe quella di continuare a erodere voti al Pd?

Pecoraro Scanio è una figura che ha fatto, tra le altre cose, diversi interventi pubblici a sostegno del Movimento 5 Stelle. Avrebbe, dunque, la caratura e il background per fare il frontman. Sempre nel campo delle ipotesi. La logica di questa operazione è chiara: Conte continua a condurre una linea strategica che ha l’obiettivo di mordere ai fianchi al Pd, sottraendogli l’elettorato di sinistra, anche alla luce della trasformazione di questo elettorato in chiave populista. Un elettorato che, fin dai tempi del Conte bis, ha subito una profonda contaminazione tra Movimento 5 Stelle e Pd. 

A perderci, però, continua a essere il Pd. C’è una tensione all’autoflagellazione?

Continua, dal Conte 2, una visione politica che ritiene inevitabile, a dispetto del dato di realtà, un’alleanza organica e strutturale tra Movimento 5 Stelle e Pd. Questo genera, per il Pd, un effetto rincorsa devastante, perché mina l’agibilità politica dei dem stessi. Stefano Bonaccini è l’unico che ha capito che non ci sarà spazio per il progressismo, dunque per il Pd, se il partito non saprà scrollarsi di dosso la competizione con il Movimento 5 Stelle e con il Terzo Polo. Anche perché, questa competizione con Conte, ha avuto l’effetto di cannibalizzare i voti del Pd e di accreditare come principale forza politica di minoranza il Movimento 5 Stelle. 

Conte si è scagliato contro la novità introdotta dal governo sul reddito di cittadinanza. Pare essere sempre in campagna elettorale…

Il reddito di cittadinanza è stato uno dei pilastri fondamentali della campagna elettorale dei 5 Stelle. Lo strumento che, parzialmente, ha garantito la resistenza (in termini elettorali) dei grillini. Ora dunque si è trasformato in qualche modo in una misura identitaria: un elemento centrale e permanente. La sensazione è che Conte sia sempre in campagna elettorale e che stia traghettando sempre di più il Movimento verso un ritorno alle origini: una macchina efficiente per la comunicazione e per la campagna elettorale. 

Sempre in tema di Manovra. Che tipo di finanziaria si sta profilando ai suoi occhi?

Rispetto a come poteva apparire qualche giorno fa, stanno emergendo i primi inciampi. Sostanzialmente per tre fattori: l’inesperienza di una parte dell’esecutivo, le tensioni interne fra i partiti di maggioranza che sfociano spesso in fibrillazioni e l’avversione ai tecnici che è riaffiorata come un fenomeno carsico. Le impostazioni macro-finanziarie le aveva impresse Mario Draghi che, durante il passaggio di consegne, aveva dato molti consigli a Giorgia Meloni. Consigli che, in questa fase, sembrano essere stati messi da parte a beneficio di interventi a gamba tesa che spesso non hanno portato ad alcun risultato. Se non a marce indietro.

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