Intervista all’economista e docente di Tor Vergata. I precedenti governi non hanno fatto altro che mettere la polvere sotto il tappeto, ora sta al nuovo esecutivo provare a toglierla e dimostrare di saper cambiare il corso degli eventi. Per mettere in sicurezza il piano di ripresa e resilienza occorrono competenze di cui la Pa è oggi colpevolmente sprovvista. La Bce è la dimostrazione della follia di certe politiche europee
Non sarà un anno facile, il 2023, per Giorgia Meloni. Ma non è detto che la sfida non possa essere vinta. Ad attendere al varco la prima premier donna della storia italiana c’è, per esempio, la forte inflazione. Ma anche un deficit da tenere a bada, un rapporto con l’Europa ulteriormente migliorabile e un Pnrr da portare a casa e mettere in cassetta di sicurezza, con doppia mandata. Tutto questo non è impossibile, dice a Formiche.net l’economista e docente Gustavo Piga. Basta avere buona volontà e voglia di sporcarsi le mani.
Il 2022 ci sta per salutare, è tempo di bilanci. E anche di capire i futuri traguardi. Partiamo…
Se me lo permette faccio una premessa di merito. Guai a mettere la polvere sotto il tappeto, perché così facendo i guai si accumulano e poi tutto esplode. Perché le dico questo? Perché ci sono dei problemi a tutt’oggi irrisolti, e parlo anche dei precedenti governi a quello attuale. Oggi l’Italia è decadente, quasi fatiscente.
Non le pare una visione un po’ troppo pessimista?
Assolutamente no. Però possiamo sempre sperare che il prossimo anno le cose migliorino, in qualche modo. I grandi problemi di questo Paese vanno affrontati e mi auguro che lo si faccia. Presto il re sarà nudo e gli alibi saranno finiti.
Proviamo a fare un po’ di ordine. La manovra, ormai alle battute finali. Di più non si poteva fare con i denari a disposizione. Lei è d’accordo?
Mi chiede dei soldi. Bene, cominciamo a contarli. I soldi in realtà non erano pochi ma le responsabilità della Meloni sono marginali e minimali. I disastri sono stati fatti, semmai, dai precedenti governi che non hanno saputo spendere. Montagne di risorse che sono state utilizzate in modo poco efficace. Questo è il pregresso, da cui parte la manovra. Lei mi deve spiegare come è possibile che il primo Paese in Europa per destinazione del Pnrr il prossimo anno rischia la recessione. Qualcosa vorrà dire, o no?
Le rigiro la domanda. Lei come se lo spiega?
In modo molto semplice. Fino a questo momento non abbiamo assunto nella Pa le persone competenti che sappiano come si fa una gara d’appalto. Servono risorse motivate, preparate. E questo è un primo grande fallimento, di cui, ricordo, Meloni non è responsabile o se lo è, lo è in maniera marginale. Ora il governo come farà a spendere queste risorse se la nostra Pa non è attrezzata? Parliamo del primo vero problema del 2023.
Dicevamo della manovra.
Meloni ha preso decisioni importanti. Tanto per cominciare ha scelto di non aumentare le tasse e, soprattutto, di non fare ulteriore deficit, perché l’Europa glielo ha chiesto espressamente. Meloni è certamente stata meno austera dei precedenti governi e tutto questo è per dire che anche nel 2023 le politiche economiche dell’Italia saranno in un certo senso condizionate dalla stessa Europa. Non è detto che Meloni non cambi idea e non faccia altro deficit, potrebbe acquistare ulteriore reputazione in Ue e chiedere la possibilità di nuovi scostamenti.
Senza deficit, insomma, non si crescerà come si deve…
Non fare disavanzo è una tara per l’Italia. I deficit si abbassano quando le cose vanno bene, quando vanno male bisogna fare come negli Stati Uniti, dove si mette mano al deficit per salvare l’economia. Ricapitolando, all’Italia servono risorse, ma se le tasse non aumentano o il deficit non si gonfia, ecco che rimane una sola alternativa.
Ovvero?
La spending review. Ma qui l’Italia è carente, latitante. Potenzialmente parleremmo di 40 miliardi all’anno, una enormità. Ci vorrebbe un programma che dia qualità alla spesa. Ma, indovini, per questo servirebbero competenze di cui la Pa è sprovvista. E torniamo al tema delle poche assunzioni senza le quali non si fa il Pnrr e non si taglia la spesa.
La Bce, secondo molti osservatori, è stata scomposta e forse un po’ miope nel gestire l’inflazione. Vero o falso?
Vero, ma il problema della Bce lo ha tutta Europa. Un problema immenso, parte della strategia folle di Francoforte, che ha delle conseguenze importanti per il Continente. Stiamo assistendo a una crescita dei tassi per combattere un aumento dell’inflazione che non dipende da noi. In più tale atteggiamento aumenterà le disuguaglianze perché bloccherà la crescita dei salari. Un altro pezzo di follia europea.
Sarà dura per Meloni?
Sì, ma non è detto che il corso degli eventi possa cambiare. Il governo, se farà scelte giuste e calibrate, potrà invertire la rotta. Tanto vale augurarselo.