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Stazioni di polizia cinese in Italia? Il governo non esclude sanzioni

“Le forze di polizia, in costante raccordo col comparto intelligence, hanno in corso un monitoraggio di massima attenzione sulla questione”, ha dichiarato in Aula il ministro Piantedosi. In corso accertamenti sul centro di Milano per verificare che i compiti svolti non comprendano condotte illegalità come la repressione dei dissidenti all’estero

“Seguirò personalmente” il caso delle cosiddette stazioni di polizia cinese in Italia “non escludo provvedimenti sanzionatori in caso di illegalità”. Lo ha dichiarato Matteo Piantedosi, ministro dell’Interno, rispondendo alla Camera a un’interrogazione a risposta immediata presentata da Riccardo Magi, deputato e presidente di Più Europa. “Le forze di polizia, in costante raccordo col comparto intelligence, hanno in corso un monitoraggio di massima attenzione sulla questione”, ha aggiunto.

Sono almeno le 102 stazioni in 53 Paesi del mondo, 11 soltanto in Italia (un record). Sono i numeri delle stazioni di polizia d’oltremare aperte delle autorità di pubblica sicurezza cinesi e raccontati dall’ultimo rapporto di Safeguard Defenders, intitolato “Patrol & Persuade”. I centri di Milano e Roma sono stati definiti “progetti pilota” dalle autorità cinesi, una sorta di banco di prova europeo per una strategia di polizia per monitorare la popolazione cinese all’estero e costringere i dissidenti a tornare a casa. Oltre alle quattro stazioni già note di Prato, Firenze, Milano e Roma rivelate dal Foglio, sono emerse anche nuove aree tra cui Bolzano, Venezia e la Sicilia.

L’interrogazione dell’onorevole Magi evidenziava alcuni elementi, compreso l’accordo di cooperazione internazionale tra ministero dell’Interno e le forze di polizia della Repubblica popolare cinese del 2016 per pattugliamenti congiunti. Alla luce anche del recente rapporto di Safeguard Defenders, il deputato aveva chiesto al ministro Piantedosi se, fatte salve le competenze in materia del ministero degli Esteri, il Viminale “abbia mai autorizzato l’apertura di questi centri, quale attività svolgano e se sia stata aperta un’inchiesta amministrativa in merito”.

Il ministro Piantedosi ha dichiarato che dagli accertamenti svolti sul centro di Prato (tra cui anche un incontro con l’addetto di collegamento dell’ambasciata cinese a Roma) è emerso che “lo scorso mese di marzo l’associazione culturale della comunità cinese di Fujian in Italia aveva aperto una sorta di sportello per il disbrigo di pratiche amministrative rivolto ai connazionali”. Secondo il presidente del consiglio, “oltre finalità richiamate, la sua associazione avrebbe fornito un servizio finalizzato ad aiutare i cittadini cinesi, che a causa del protrarsi della pandemia non avevano potuto fare rientro nel Paese di origine, nel rinnovo di patenti cinesi e in materia di successioni”, ha continuato. “Ad oggi, la predetta associazione, pur rimanendo formalmente in essere, di fatto non risulta più fornire i suddetti servizi che peraltro avrebbero discorso anche uno scarso interesse”, con soltanto quattro richieste ricevuto, ha proseguito. L’autorità giudiziaria è stata informata degli elementi “per ogni ulteriore eventuale valutazione”, ha aggiunto il ministro.

Circa le altre città “sono tuttora in corso approfondimenti” ma “non risultano al momento cosiddetti centri servizi analoghi a quelli di Prato né a Roma, né a Firenze, né a Firenze né a Bolzano”. Solo a Milano, ha continuato, è stata “riscontrata la presenza di un’associazione, la Overseas Chinese Center, che svolge attività di disbrigo pratiche amministrative per i cittadini cinesi e sulla quale sono in corso approfondimenti”. Dagli accertamenti svolti dal Dipartimento della pubblica sicurezza “non risulta alcuna autorizzazione” da parte delle articolazioni del medesimo dipartimento “in ordine all’attività dei centri in questione”. Nonostante questo, il ministro ha deciso di mandare di svolgere “ogni ulteriore indagine amministrativa, anche al fine di verificare se non vi siano eventuali provvedimenti abilitative a qualsiasi altro eventuale titolo”.

Nella replica, il deputato Magi ha definito “necessario rendere pubblici tutti quanti gli accordi che sono stati stipulati con la Repubblica popolare cinese” per capirne “i contorni e tenere molto alta la guardia”. Il nostro Pese è “particolarmente vulnerabile rispetto a certi tipi di influenza”, ha aggiunto l’esponente di Più Europa con riferimento esplicito al governo Conte I ha nel marzo 2019 ha firmato il Memorandum d’intesa sulla Via della Seta con la Cina.

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