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Qatargate, il Pnrr e la prospettiva del Pd. Parla Covassi

L’europarlamentare dem: “La decisione del Pd di costituirsi parte lesa nei procedimenti penali in corso di fronte alla magistratura belga mi pare opportuna e doverosa”. E sul congresso: “Vorrei che da questo congresso uscisse un grande partito progressista in grado di guardare al futuro e ridare speranza sui grandi temi di oggi laddove la destra usa soltanto le paure”

Lo scandalo Qatargate, il subbuglio nel partito che (stando ai sondaggi) è ai minimi storici e le sfide sullo scacchiere europeo. Arrivare a Bruxelles, in questo momento, in quota Pd non è propriamente una passeggiata di salute. Beatrice Covassi è stata proclamata – poche settimane fa – deputata europea e subentra a Simona Bonafè nella delegazione del Pd e nel gruppo S&d.

Covassi, lei arriva in un momento burrascoso per il Pd in Europa. Il Qatargate getta un’ombra notevole su alcuni esponenti di spicco. Siete davvero parte lesa come sostiene Letta?

Si tratta di fatti gravissimi che ledono la credibilità delle istituzioni europee e rischiano di avere un impatto sul futuro del progetto comunitario. Va sottolineato che la responsabilità per comportamenti illeciti deve essere ascritta solo ad alcuni anche se è del tutto evidente che abbia ricadute diffuse. In senso ampio, non solo il Pd, ma anche il gruppo politico -tutti noi europarlamentari e l’istituzione stessa- siamo “parte lesa” perché questi fatti hanno gettato un’ombra sull’integrità del nostro lavoro e già questo è molto grave. In senso più circoscritto, la decisione del Pd di costituirsi parte lesa nei procedimenti penali in corso di fronte alla magistratura belga mi pare opportuna e doverosa perché il comportamento di pochi non può diventare la colpa di tutti.

Come riacquistare credibilità agli occhi dell’elettorato dopo una scure di questo tipo, specie sul versante dei diritti dei migranti che è uno dei temi bandiera del Pd?

Non bisogna generalizzare, ma è chiaro che oggi serva una riflessione seria su cosa vuol dire essere progressisti oggi. Serve una forza che torni a far sognare la gente, in grado di avere visione, di parlare in modo concreto di diritti sociali e civili, delle sfide del futuro a partire da quelle legate ai cambiamenti climatici. I mea culpa non bastano e neppure le psicoanalisi collettive. È chiaro che il tema dei migranti come quello dell’Europa – questioni importanti della nostra agenda – stanno risentendo di questa vicenda. Ed è per questo che andranno accertate e punite con estrema fermezza tutte le responsabilità. È sbagliato colpevolizzare chi salva le vite in mare; chi ha usato le Ong o le cooperative per fare i propri affari deve essere punito. Ma si tratta di colpe dei singoli che non possono ledere la rispettabilità e la dignità delle tantissime persone oneste che lavorano per la difesa dei diritti umani e per l’integrazione dei migranti.

Sul versante Pnrr, quali sono i dossier più urgenti sui quali il governo si deve concentrare?

Il Next Generation Eu è il più vasto programma di stimolo mai adottato dall’Unione Europea ed è stato per la maggior parte attribuito all’Italia. Gli obiettivi di questo programma rispondono a una logica di riforme – diversa dal passato – per cui il finanziamento è subordinato alla realizzazione di determinati obiettivi. Il successo del Pnrr dipende, dunque, dal coraggio di fare le riforme: cosa a cui la destra è particolarmente allergica, presa com’è dalla difesa corporativa dello status quo.  Mi spiego meglio. Temo non vi sia la volontà da parte del governo Meloni di rendere stringenti e operative riforme che, nella loro ottica, contrastano con gli interessi del proprio elettorato. L’apertura alla concorrenza di molti servizi, oggi protetti, rappresenta il caso più ovvio: penso, per esempio, alla concessione balneari. Aggiungo che vi sono dubbi, espressi molto bene da Enzo Amendola, sul cambiamento in corsa della governance del Pnrr nella fase cruciale in cui si passa dalla progettazione all’attuazione. La crisi energetica e inflattiva ha aperto alcuni spazi per modifiche mirate, tuttavia, il governo non può stravolgere il nucleo degli investimenti pubblici e privati che andrà attuato in modo conforme a quanto previsto nei mesi scorsi. Lo ha ricordato di recente anche il commissario Gentiloni.

Siamo davvero, come sostengono dalle parti dell’esecutivo, in ritardo?

Il governo Draghi è stato sfiduciato a luglio, pochi giorni dopo il conseguimento di tutti gli obiettivi del primo semestre. E questo ha fatto sì che l’Italia ricevesse la seconda rata da 21 miliardi di euro, dopo i 45,9 miliardi ricevuti in precedenza. E ciononostante l’esecutivo ha continuato a lavorare, in particolare proprio per il Pnrr. Questo governo mi pare evidente che abbia grandi difficoltà. È naturale che in un programma a scadenze ravvicinate e incalzanti come il Pnrr si proceda per stati di avanzamento verso il raggiungimento degli obiettivi previsti, tuttavia non si possono accampare scuse. Con volontà e determinazione è assolutamente possibile farcela. Mi pare assurdo che il governo Meloni metta le mani avanti, cercando giustificazioni non richieste. Bisogna essere capaci di lavorare come sistema Paese, insieme, guardando al futuro. Ricordo che con il debito pubblico che abbiamo, l’unico spazio di crescita vera per il Paese è offerto dalle risorse europee.

Il Pd, anche internamente, sta vivendo un momento difficile. Quale sarà la linea che prevarrà al congresso?

Io vorrei che da questo congresso uscisse un grande partito progressista in grado di guardare al futuro e ridare speranza sui grandi temi di oggi laddove la destra usa soltanto le paure. Questo sarà possibile se ci impegneremo ad aprire un dibattito nel Paese, sincero e non artificiale, sulla natura, visione e identità del Pd. Questo congresso non deve limitarsi ad individuare un nuovo leader e neppure a scegliere tra una linea massimalista e una riformista. Il Pd non ha senso di esistere se non è in grado di fare sintesi tra diverse culture politiche e neppure a scegliere tra finte alternative. Bisogna ripensare un soggetto politico e avviare una riflessione su determinati temi, a partire dalla selezione della classe dirigente. Oggi ciò che occorre al Pd sono idee e pensiero. Il Pd resterà un grande progetto politico se sarà in grado di fare sintesi: questa la sua vera forza e la sua identità. Per farlo, bisogna avere il coraggio di dire che negli ultimi anni il partito è rimasto bloccato, anche per ragioni di “avvedutezza” istituzionale, dalla gestione del potere. Ma limitarsi a gestire l’esistente senza mai alzare lo sguardo equivale a gestire il proprio declino senza accorgersene. Questo è il più grande rimprovero che faccio a un partito che resta il cardine politico più importante a difesa dei principi fondativi della Repubblica.


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