Tutti i numeri del Rapporto Rifiuti Urbani 2022 di Ispra, giunto alla sua ventiquattresima edizione e realizzato in collaborazione con le Agenzie regionali e provinciali. Attraverso un sistema conoscitivo completo sui rifiuti
Dopo l’emergenza sanitaria che ha caratterizzato il 2020, la ripresa economica a livello nazionale ha contribuito all’aumento della produzione dei rifiuti urbani che raggiungono quasi i 30 milioni di tonnellate, con un +2%. Più consistente la crescita nelle regioni del Sud (quasi +3%), seguono quelle del Centro (+2,5%) e del Nord (+1,9%). Sono soprattutto i 16 Comuni con più di 200 mila abitanti a guidare questa crescita con un +2,8%. In valore assoluto il Nord produce quasi 14 milioni 200 mila tonnellate di rifiuti, il Centro più di 6 milioni 300 mila tonnellate e il Sud oltre 9 milioni di tonnellate. In aumento quasi ovunque anche la raccolta differenziata che, a livello nazionale, si attesta al 64%: Veneto (76,2%) e Sardegna (74,9%) le regioni più performanti. La provincia di Treviso raggiunge il livello più alto con l’88,6%, seguita da Mantova (86,4%) e Belluno (83,8%).
Sono questi alcuni dei numeri contenuti nel Rapporto Rifiuti Urbani 2022 di Ispra, giunto alla sua ventiquattresima edizione e realizzato in collaborazione con le Agenzie regionali e provinciali. Attraverso un sistema conoscitivo completo sui rifiuti, “si intende fornire un quadro di informazione oggettivo e sempre aggiornato di supporto al legislatore per orientare politiche e interventi adeguati, per monitorarne l’efficacia, introducendo, se necessario, eventuali misure correttive”.
“Questo rapporto – ha detto il presidente di Ispra Stefano Laporta – si collega direttamente al Pnrr e in particolare alla Missione 2, Rivoluzione verde e transizione ecologica, nella quale sono stati stanziati un miliardo e mezzo di euro per il potenziamento della raccolta differenziata e la realizzazione di nuovi impianti per il trattamento e il riciclo dei rifiuti urbani. L’auspicio è che il sistema di gestione dei rifiuti possa sfruttare questa occasione unica, irripetibile e straordinaria per attuare appieno quei principi dell’economia circolare grazie alla realizzazione dei progetti previsti dal Piano”.
Sulla stessa lunghezza d’onda Laura D’Aprile, capo Dipartimento Sviluppo Sostenibile del ministero dell’Ambiente: “I dati presentati nel rapporto confermano gli sforzi con i quali sono state predisposte le misure del Pnrr e cioè la necessità di colmare il gap impiantistico tra Nord e Centro-Sud e di dare attuazione alle riforme previste dalla Strategia dell’Economia Circolare e dal Piano Nazionale Rifiuti del ministero dell’Ambiente. Entro fine mese pubblicheremo altre cinque graduatorie sia per i progetti previsti per l’economia circolare che per quelli che riguardano la raccolta e la gestione dei rifiuti urbani”.
Ognuno di noi produce ogni anno più di 500 chili di rifiuti. Gli abitanti dell’Emilia Romagna ne producono molti di più, 641 chili. Le altre regioni con un pro capite superiore alla media nazionale sono Valle D’Aosta, Toscana, Liguria, Marche, Umbria, Lazio e Trentino Alto Adige. Meno rifiuti si producono in Basilicata (358 chili per abitante), in Molise (386 chili) e in Calabria (411 chili). Nei Comuni con più di 200 mila abitanti la ripresa del pendolarismo e del turismo ha avuto un ruolo determinante nell’aumento della produzione di rifiuti. Catania e Palermo i Comuni dove è cresciuta di più (oltre il 5%), seguite da Genova, Roma e Napoli. Solo Trieste, Bari e Bologna fanno registrare cali tra il 5 e il 2 per cento.
La percentuale della raccolta differenziata si attesta al 64% della produzione nazionale: 71% al Nord, 60,4% al Centro e 55,7% al Sud. Solo 9 Regioni raggiungono l’obiettivo del 65% fissato dalla normativa per il 2012: Veneto (76,2%), Sardegna (75%), Lombardia (73%), Trentino Alto Adige (72,6%), Emilia Romagna (72,2%), Marche (71,6%), Friuli Venezia Giulia (67,9%), Umbria (67%) e Piemonte (65,8%). Sono prossime all’obiettivo Abruzzo, Toscana e Valle D’Aosta. Più in basso, tra il 59 e il 55 per cento , Molise, Puglia e Liguria. Seguono la Campania (54,6%), il Lazio (53,4%) e la Calabria (53%). Al di sotto del 50 per cento troviamo solo la Sicilia (47%), anche se negli ultimi anni la raccolta differenziata è più che raddoppiata.
Tra le città metropolitane svetta Cagliari con il 74 e mezzo per cento, seguita da Venezia poco sopra il 73%. Oltre il 65 per cento troviamo Firenze, Milano e Bologna. Torino è appena sopra il 61 e Bari quasi al 58 per cento. Roma Capitale raggiunge solo il 51 e mezzo. Ben ultima Palermo al 33 per cento (ma con una crescita di quasi quattro punti nell’ultimo anno). I capoluoghi più virtuosi sono Como (quasi 92%), Treviso (87 e mezzo), Ferrara (87,3%) Pordenone (86,3%) e Belluno (85,6%).
“I dati contenuti nel rapporto – ha sottolineato il vice presidente del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente Marco Lupo – hanno alle spalle un lavoro di squadra e di grande sinergia tra gli operatori dell’Ispra e quelli delle Agenzie Regionali di protezione ambientale. Una collaborazione che non si limita all’elaborazione di dati, ma costituisce la base di tutta una serie di misure per quanto riguarda autorizzazioni e controlli dell’intero ciclo dei rifiuti, in particolare sugli impianti di trattamento, attraverso l’attività ispettiva sulla correttezza del funzionamento e il rispetto delle prescrizioni contenute nelle autorizzazioni”.
I rifiuti avviati agli impianti per essere riciclati costituiscono il 50% del totale di quelli prodotti e raccolti in maniera differenziata. Il riciclo si attesta appena sopra il 48% a fronte di un obiettivo del 55% da conseguire entro il 2025, del 60% nel 2030 e del 65% nel 2035. Gli impianti di gestione operativi al 2021 sono 657: 349 al Nord, 116 al Centro e 192 al Sud. La maggior parte (356) servono per trattare la frazione organica (8 milioni 300 mila tonnellate). Diminuiscono i rifiuti smaltiti in discarica anche se sono ancora troppi: oltre 5 milioni e mezzo di tonnellate, quasi il 20% del totale dei rifiuti prodotti. E comunque negli ultimi dieci anni il ricorso alla discarica si è più che dimezzato.
Un focus particolare il rapporto lo dedica ai rifiuti di imballaggio. Per questi la normativa prevede obiettivi ambiziosi di riciclo al 2025 e al 2030. Il loro recupero complessivo supera l’82% dell’immesso al consumo. Con l’applicazione delle nuove metodologie di calcolo, gli obiettivi al 2025 sono praticamente già raggiunti per tutte le frazioni di imballaggio, ad eccezione della plastica. Per incrementarne il riciclo sono previste azioni specifiche attraverso nuove tecnologie che vanno oltre i processi di riciclo meccanico. Progetti e investimenti in questo senso sono inseriti nel PNRR e nella Strategia nazionale sulle plastiche per garantire, da una parte il controllo della loro dispersione nell’ambiente e , dall’altra, una loro maggiore valorizzazione.
“Per quanto riguarda i rifiuti di imballaggio, l’Italia è leader nella loro gestione – ha detto Luca Ruini, presidente del Conai – Ogni anno, grazie al riciclo, trovano nuova vita più di sette imballaggi su dieci e siamo il primo tra i grandi Paesi europei per riciclo pro capite. Stiamo parlando di un’industria fondamentale per un Paese povero di materie prime come l’Italia: il riciclo va promosso; è un’eccellenza che va tutelata e incentivata”.
Per quanto riguarda i costi di gestione dei rifiuti urbani, quello che ogni cittadino, in media, si accolla ogni anno è di circa 195 euro. Costi che, come è ovvio, non sono gli stessi su tutto il territorio nazionale. I più elevati li riscontriamo al Centro con oltre 230 euro per abitante; segue il Sud con 202 euro, mentre quelli che abitano nel Nord pagano soltanto poco più di 176 euro l’anno. I veneziani sono quelli che sopportano i costi maggiori (quasi 390 euro), seguiti dai cagliaritani e dai fiorentini. I cittadini di Catanzaro quelli che pagano meno (160 euro).
“L’Italia gioca un ruolo da leader all’interno dell’Unione Europea – ha dichiarato la vice ministro del ministero dell’Ambiente Vannia Gava – dimostrando di riuscire a recuperare le carenze dei decenni passati e di guidare l’evoluzione verso la green economy. Il governo ha sposato gli obiettivi di decarbonizzazione al 2030 e al 2050 e non intende venire meno. Sul tema dei rifiuti, l’adozione della Strategia nazionale per l’economia circolare definisce una visione di lungo termine all’interno della quale il legislatore, le istituzioni, le amministrazioni, le imprese e gli stessi utilizzatori devono sviluppare le loro azioni. La transizione ecologica verso la neutralità climatica è un processo che deve coinvolgere tutti i settori e che deve accendere nuovi processi di riconversione e innovazione”.