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Soft power nel Mediterraneo, la zampata di Digital Realty in Grecia

La geopolitica legata alla comunicazione e al digitale si affianca all’energia e al green come strumento di soft power in un settore come il Mediterraneo assolutamente strategico

L’apertura in Grecia di un Data Center da parte di un grosso player americano racconta una nuova puntata non solo della trasformazione digitale nell’Egeo, ma della strategia americana in contrapposizione a quella cinese nel mare nostrum. In questo modo da un lato la Grecia apre agli investimenti nei data center, che aspirano a dare un preciso impulso alla trasformazione digitale del Paese grazie ad una realtà primaria come Digital Realty, uno dei maggiori player al mondo nel campo dei data center; dall’altro si compie un altro passo concreto verso policies che offrono ai paesi Ue un’alternativa (reale e atlantista) all’invasività di Pechino.

Digital Realty

La prima struttura, pronta nel marzo 2023, si candida ad essere il più grande data center del Paese, in grado di supportare fino a 6,8 MW di capacità all’interno di strutture con un area di 8.600 mq. Si prevede che il secondo impianto, ATH-4, aggiungerà altri 6,8 MW di potenza quando sarà operativo, il che è previsto nel 2024. Più in generale la geopolitica legata alla comunicazione e al digitale si affianca all’energia e al green come strumento di soft power in un settore come il Mediterraneo assolutamente strategico. In questo senso il valore aggiunto del programma di investimenti per l’economia greca salirà a 4 miliardi di euro.

Il progetto

Digital Realty è stata una delle prime società tecnologiche al mondo a investire in Grecia, acquisendo un’impronta nel sud-est Europa, con l’obiettivo strategico di rafforzare ulteriormente l’infrastruttura digitale del paese, al fine di diventare un importante hub di interconnessione del Mediterraneo per via della sempre più crescente richiesta di grandi carichi. Il ciclo di investimenti però non si ferma, poiché è già stato acquistato il lotto di terreno adiacente al campus esistente, che ospiterà Atene-5. Contestualmente è alle porte il progetto Heraklion-1 per l’inserimento del primo data center della società a Creta, un annuncio che ha acceso l’interesse di 15 aziende a far passare cavi in ​​fibra ottica sottomarini attraverso Creta. Sono in corso protocolli di cooperazione con aziende del calibro di Vodafone, Grid Telecom, United, EXA e Medusa. L’ultimo è il sistema sottomarino che, partendo da Israele, attraverserà il Mediterraneo e nel 2024 raggiungerà la Spagna.

Cavi e interconnettori

Questo nuovo data center dovrebbe fungere da hub di interconnessione per cavi sottomarini transcontinentali e regionali e da hub per il traffico dati globale in un momento in cui la partita dei cavi elettrici sottomarini è giocata da più players. Basti pensare al collegamento italotunisino targato Terna, o all’interconnettore tra Grecia, Cipro, Israele ed Egitto, un mega-progetto infrastrutturale i cui primi passi si sono già concretizzati, come nella sezione tra Creta e il Peloponneso. L’EuroAsia Interconnector è stato approvato dalla Commissione Europea con i primi 657 milioni di euro su un costo totale stimato di 1,58 miliardi di euro. È lungo circa 1.500 km, ad una profondità massima di circa 2.700 metri: sarà il cavo elettrico sottomarino più lungo del mondo. E quindi anche il più a rischio di sabotaggi.

E ancora, anche Inghilterra e Germania sono al lavoro: la società di consulenza Arup è entrata in una joint venture con la società di ingegneria tedesca Fichtner, per fornire servizi di progetto per il NeuConnect Interconnector che collegherà l’isola di Grain nel Kent, in Inghilterra, con la regione di Wilhelmshaven in Germania. Non sfugge che, alla luce della crisi energetica in atto, il tutto acquista un altro peso specifico.


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