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Investimenti e transizione energetica. Al Med il futuro del Mediterraneo

Ne hanno discusso al Med 2022 Mediterranean Dialogues a Roma promossa dal ministero degli Esteri italiano e organizzato dall’Ispi: Lise Grande ceo dell’U.S. Institute of Peace, Taghrid Nafeisi, managing director del Al-Multaqa Brokerage and Investiment, il ministro algerino della Conoscenza Economica e Startup Yacine El-Mahdi Oualid, il direttore Affari Pubblici dell’Eni Lapo Pistelli e Gelsomina Vigliotti, vice presidente dell’European Investment Bank

 

La transizione energetica e gli investimenti nella regione Mena dopo la crisi pandemica e la guerra in Ucraina. Dai paesi dipendenti dal fossile a quelli con vaste aree senza energia elettrica. Una delle principali sfide che questi paesi hanno dovuto affrontare è stata quella di attrarre maggiori e migliori investimenti stranieri diretti, un problema aggravato dalla debolezza del clima degli investimenti e dalle turbolenze politiche interne.

Ma come guardano oggi alla regione i principali attori finanziari? Nonostante il discorso di disimpegno, gli Stati Uniti sembrano mantenere il loro ruolo storico nella regione Mena rafforzando vecchi e nuovi partenariati, in particolare attraverso solidi finanziamenti allo sviluppo. Gli investimenti della Cina in grandi piani infrastrutturali (soprattutto nel Maghreb), uniti alla creazione di dipendenze tecnologiche, sono un segnale della crescente importanza della regione per Pechino. Importanti investimenti in tecnologia e infrastrutture, nonché il sostegno al finanziamento del debito e all’assistenza tecnica finanziaria dimostrano lo status della regione come prima linea nella competizione tra potenze internazionali.

Chi sono oggi i principali attori che guidano gli investimenti e la finanza internazionale per lo sviluppo nella regione Mena e quali sono i loro interessi? Quali sono le diverse strategie di finanziamento dello sviluppo implementate dalle varie grandi potenze in competizione per l’influenza regionale? In che modo l’Europa, l’immediato vicino e partner storico della regione, compare in questo quadro?

Se ne è discusso oggi nella seconda giornata del Med 2022 Mediterranean Dialogues che si è svolta a Roma promossa dal ministero degli Esteri italiano e organizzato dall’Ispi. Questo panel in particolare ha visto anche la collaborazione dell’United States Institute of Peace (USIP). Hanno partecipato infatti Lise Grande ceo dell’U.S. Institute of Peace, da Taghrid Nafeisi che è managing director del Al-Multaqa Brokerage and Investiment, il ministro algerino della Conoscenza Economia e Startup Yacine El-Mahdi Oualid, il direttore Affari Pubblici dell’Eni Lapo Pistelli e Gelsomina Vigliotti che è vice Presidente dell’European Investment Bank.

Della situazione di instabilità nel mercato globale e in particolare per la guerra tra Russia e Ucraina, che ha segnato lo sviluppo della regione, ha parlato Grande. “Il compito dell’ente per il quale lavoro è quello di trovare delle soluzioni alle crisi che si registrano all’estero”, ha spiegato. Si tratta infatti di un istituto indipendente, apartitico e finanziato a livello federale incaricato di prevenire, mitigare e risolvere i conflitti violenti in tutto il mondo. Ha 25 anni di continua esperienza all’estero guidando, gestendo e coordinando operazioni complesse per le Nazioni Unite. Grande ha ricoperto posizioni di leadership in operazioni umanitarie, di stabilizzazione, mantenimento della pace, costruzione della pace e sviluppo in Africa, Medio Oriente, Asia e Caucaso. Grande ha però sottolineato come “Nonostante la crisi del Covid, l’Unione europea continui ad avere un focus sugli investimenti in particolare con le aziende statali di questa zona”.

Ospite d’eccezione della conferenza è stato il ministro algerino della Conoscenza Economica e Startup, Oualid, il quale ha spiegato che “l’Algeria si è mossa verso una riforma dell’economia per diversificarla in modo da uscire dalla dipendenza degli idrocarburi. Noi stiamo facendo questo con delle riforme importanti per attrarre gli investitori stranieri come la legge sugli investimenti”. Algeri offre oggi “maggiori garanzie per l’entrata e l’uscita di capitali e per la libertà di investimento. Abbiamo rimosso la legge che limitava questi investimenti stranieri. Siamo un partner energetico importante dell’Europa da decenni. Stiamo facendo un lavoro per promuovere le startup energetiche. Penso che la nostra economia ora sia più competitiva anche grazie alle riforme monetarie”.

Secondo Oualid, quando parliamo di investimenti in questa regione dobbiamo avere “una prospettiva per analizzare gli sforzi condotti da ogni Paese e se vediamo all’Algeria penso possiamo vedere come siamo resilienti davanti a molti shock economici come quelli del 2009 alla luce anche della nostra situazione geopolitica. Investiamo nell’energia globale ma anche nei talenti e in molti stanno investendo in Algeria. È la nostra natura valorizzare gli scambi economici tra il nord e il sud del Mediterraneo. Così come con i nostri vicini africani. Su questo stiamo facendo un importante lavoro per la stabilità politica e sociale del Continente”.

Rispetto invece all’integrazione economica, il ministro ha spiegato che “la valutazione è diversa se si fa una comparazione con l’Europa. I paesi africani per esempio negli ultimi anni hanno ospitato una importante conferenza per adottare strumenti di sviluppo a livello regionale. Il mercato in Africa è difficile così come il suo approccio. La via per una maggiore integrazione è ancora lunga e necessita un lungo processo”.

Per questo l’Algeria sta “aprendo le porte agli investitori per diversificare l’economia e adottare nuovi strumenti finanziari dando maggiore libertà al settore privato. Abbiamo cambiato la legge sul commercio modificando le percentuali delle società miste. Stiamo facendo un buon lavoro nel campo delle pari opportunità ad esempio è aumentato il numero delle donne ingegnere e anche in quello dei posti decisionali dove registriamo segnali incoraggianti”.

Un ruolo importante negli investimenti in Africa è giocato dall’European Investment Bank. Il suo vice presidente, Gelsomina Vigliotti, ha spiegato che “l’investimento in questa parte del mondo è molto importante. Io ho visto le differenze di attitudini tra i diversi investitori nell’area e se guardiamo al passato vediamo da parte della Cina una postura aggressiva in particolare in Africa. Abbiamo visto un’attenzione minore da parte dei paesi ospitanti rispetto alle condizioni poste dagli investitori cinesi che hanno generato una loro posizione di forza in alcuni paesi. Hanno una strategia chiara di portare i paesi dove investono in una situazione di stress”.

Diverso invece è l’approccio degli investitori dei paesi G7 che “è quello di andare sui fondamentali, sulla mutua partnership. Gli europei guardano molto agli standard dei paesi dove investire non solo tecnici ma anche rispetto ai diritti umani. Supportano i paesi non solo per avere un ritorno economico. Gli investimenti in area Mena sono di 2 miliardi di dollari all’anno soprattutto dell’Unione europea e dai suoi vicini. Vediamo forti partnership soprattutto in questi tre anni nonostante la pandemia sui campi energetici e di sicurezza. Vediamo il movimento delle navi da est e ovest o da sud verso il nord. Se parliamo di energia non ci riferiamo solo a quelle fossili”.

Le banche dell’Unione europea hanno adottato una politica “ed ora che la sicurezza energetica è importante soprattutto in Europa vediamo come questi obiettivi necessitino un accelerazione della neutralità climatica. La Banca europea degli investimenti sta puntando quindi soprattutto nell’investimento delle energie rinnovabili e siamo molto impegnati nella regione MENA nello sviluppo delle energie pulite. Investiamo anche nel suo trasporto, nelle ferrovie e nel decongestionare il traffico nella regione per una integrazione regionale”, ha aggiunto Vigliotti.

In questi giorni abbiamo assistito a “una sorta di diplomazia climatica con paesi che in passato non collaboravano ma che ora a causa delle sfide energetiche hanno iniziato a farlo. Vediamo anche Israele e Palestina come lavorino a investimenti comuni nei settori privati. Pensiamo questo sia un driver importante per la pace e la stabilità regionale. Lo sviluppo economico è qualcosa che viene diretto dalla politica dei singoli paesi ma quello che facciamo è ricordare che noi siamo qui per promuovere gli obiettivi dell’Unione Europea”, ha concluso.

Lapo Pistelli invece, direttore degli Affari Pubblici di Eni, ha raccontato come Eni sia una compagnia energetica con attività in più di 65 paesi del mondo, “ma con una storica presenza in Africa dove siamo i più grandi nel settore e una recente espansione nel Golfo (Iraq, Emirati, Oman, Bahrein e Qatar). I problemi della regione MENA non possono essere staccati dal resto del continente africano: “abbiamo visto con la pandemia e la guerra in Ucraina come tutto ciò abbia avuto conseguenza in tutto il continente, dalla crisi alimentare al rallentamento degli investimenti, alla crescita del numero di coloro che non hanno accesso all’energia”. E sono ancora oltre 700 milioni coloro che sono più preoccupati dell’accesso all’energia invece della transizione, dato che attualmente sono esclusi da questo diritto.
Eni intende investire oltre 4 miliardi di dollari nei prossimi anni, a partire dall’Algeria, un “Paese chiave non solo per l’Italia ma anche per l’Europa”. E del resto nel bacino mediterraneo abbiamo avuto storicamente quasi la metà dei nostri investimenti annuali, della nostra produzione, delle nostre riserve. Oggi la nuova presenza nel Golfo, più avanti in termini di tecnologia e maturità industriale, si aggiunge ai legami storici con l’Africa.
Pistelli si è detto positivamente impressionato dal Cop27: “l’energia, sia quella tradizionale che quella rinnovabile richiede cicli industriali lunghi, investimenti costanti e partnership di lunga durata. Questi elementi comportano anche investimenti sul capitale umano e sulle comunità locali. Questo rapporto profondo con i Paesi che ci ospitano è il modo migliore per derischiare l’investimento e per creare valore di lungo periodo invece che profitto di breve.” A Sharm, invece che annunciare sempre nuovi traguardi, si è parlato di “implementazione” delle cose già decise negli anni scorsi. Meglio così: la rincorsa degli annunci fa perdere di vista il bisogno di un lavoro di lunga lena che concilia sicurezza energetica, transizione verso le nuove energie e sostenibilità dei costi, cioè competitività delle nostre economie.  “Pandemia e guerra sono stati due bruschi risvegli che hanno riportato la politica a fare i conti con la complessità del mondo energetico.”

A chiudere i lavori è stata Nafeisi, Managing direttore del Al-Multaqa Brokerage and Investiment, che ha raccontato la situazione delle donne nel campo degli investimenti in particolare nel suo Paese, la Giordania. “Nella nostra compagnia abbiamo un board dove siamo tutte donne – ha spiegato – e siamo sopravvissuti alla crisi finanziaria del 2008, alla primavera araba e alla pandemia”. La Al-Multaqa “è una organizzazione no profit che lavora per dare il lavoro alle donne insieme al ministero del Lavoro e alla sicurezza sociale di Amman, oltre che con le commissioni del parlamento che si occupa delle donne impegnate nel business”. Nafeisi ha denunciato come “il nostro settore privato non da’ lavoro alle donne.

Ci sono posti vacanti che non vengono assegnati alle donne ma solo agli uomini e noi soffriamo molto di questo”. Rispetto invece agli investimenti in Giordania, il Regno Hashemita soffre per la concorrenza nella regione Mena rappresentata dal Consiglio di cooperazione del Golfo, dal Levante e dal Nord Africa. “Queste tre regioni non comprendono la Giordania. Il Golfo attrae molti investimenti ma ora il governo giordano sta attuando delle riforme per attrarre investimenti nel Paese”. Per consentire gli investimenti, la manager giordana chiede un’opera più efficace contro la corruzione. “Sono stata in Vietnam 20 anni dopo la fine della guerra e sono stata sopresa dalla prosperità del Paese. Mi hanno detto che ci sono riusciti sconfiggendo la corruzione e ricreando le forze di polizia. E’ importante per la prosperità dei paesi quella di combattere la corruzione. I governi devono inoltre sostenere le risorse umane. Dalla primavera araba la regione Mena soffre della mancanza di creazione di posti di lavoro e solo poche donne lavorano. I salari non spingono le donne a lasciare la casa e i figli per lavorare”, ha concluso.



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