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La water diplomacy è la nuova frontiera italiana per i Balcani. Parla Guerrini (Arera)

A monte c’è tutto il lavoro svolto da Arera, anche nel network Wareg, che può contribuire a stimolare l’Ue a riconoscere, come fatto per l’energia, un ruolo della regolazione anche per l’acqua: in questo modo si eviterebbe l’instabilità in alcuni Paesi come per esempio nell’area balcanica

La transizione verde e digitale nel settore idrico europeo è la nuova frontiera soprattutto in aree obiettivo come i Balcani, dove i regolatori economici per il servizio idrico rappresentano il principale alleato delle istituzioni (europee e nazionali). In questo settore spicca l’attività di Arera, l’Autorità italiana di Regolazione per Energia Reti e Ambiente. Alla luce della transizione verde digitale anche nel settore idrico europeo, i regolatori economici che cosa fanno, cosa vorrebbero fare e come incarnano di fatto il ruolo di alleato delle istituzioni? In questo senso quale l’apporto che può offrire l’Italia e in modo particolare l’attività che sta distinguendo Arera in in questi anni anche in Wareg?

Formiche.net lo ha chiesto al prof. Andrea Guerrini, consigliere di Arera e presidente Wareg, l’associazione europea delle Autorità pubbliche con responsabilità nazionali o regionali di presidio e regolazione del settore idrico e delle acque reflue nell’Unione europea e nei Paesi limitrofi, a cui tra l’altro ha appena aderito anche il regolatore ucraino.

Regolazione acqua/energia

“Siamo un’associazione abbastanza giovane con il macro obiettivo di sensibilizzare le istituzioni europee a riconoscere questo ruolo – osserva – anche perché appunto i regolatori hanno dimostrato di riuscire, laddove presenti, a fare allineare i Paesi agli standard che davano le direttive. E quindi, forti di questo ruolo pregresso che abbiamo dimostrato di saper esercitare negli ultimi dieci anni, in qualche modo crediamo che se l’Europa riconoscesse, come ha fatto per l’energia, un ruolo della regolazione anche per l’acqua intanto eviterebbe l’instabilità in alcuni Paesi come nell’area balcanica”.

Nella Macedonia del nord, ad esempio, sono allo studio alcuni accorpamenti della governance togliendo competenze al regolatore dell’acqua, mentre in Ungheria sono in discussione le competenze del regolatore riducendo quelle sull’acqua, perché quelle sulla parte energetica non possono essere evidentemente tolte. Tutto ciò crea dell’instabilità, perché anche l’Ungheria ha fatto un grandissimo percorso non soltanto grazie al regolatore ma anche grazie alle aziende. “Risulta che l’acqua del Danubio sia balneabile anche in tratti vicini alle città, quindi se l’Europa valorizzasse non solo il ruolo delle tecniche di regolazione, ma anche dei regolatori si darebbe più stabilità alla water governance di quei Paesi che vogliono candidarsi a far parte dell’Unione europea”.

C’è un general trend in Europa di assegnazione delle competenze ai regolatori dell’energia, quindi con nuove competenze sul sistema idrico ma si tratta di cicli diversi, perché se da un lato la Grecia accelera di contro l’Ungheria sembra che voglia in qualche modo allentare la spinta regolatoria.

Attrattività

Per cui il settore idrico, benché di percezione pubblica, tocca una serie di altri elementi come il ruolo di chi deve portare l’acqua dal punto A al punto B: “Ed è proprio questo il tema della regolazione economica – aggiunge Guerrini – Il passaggio è strategico anche con riferimento all’esigenza di attrarre investimenti con l’obiettivo di avere una percezione di stabilità: qui il regolatore non solo è necessario ma occorre un’attività di regolazione efficace che vada oltre il ciclo politico, ovvero la water diplomacy. In occasione della presentazione che ho fatto all’Ocse la settimana scorsa ho insistito sul punto della transizione ecologica perché anche su quella noi siamo convinti che il regolatore sia sempre stato associato a un tema come le tariffe. Oggi però noi ci sentiamo anche ingaggiati sulla transizione di fatto, dal momento che Arera è coinvolta nel processo di transizione anche introducendo meccanismi regolatori per spingere anche gli operatori verso la decarbonizzazione e l’efficienza energetica. In questo senso il regolatore ha in mano le leve per spingere una parte importante del Paese come comparti regolati, tra cui l’idrico”.

Una leva anche in termini di sensibilizzazione potrebbe essere questo fondo dell’innovazione che stanno utilizzando alcuni Paesi come la Scozia, l’Irlanda anche il Regno Unito da assegnare a dei progetti che vengono presentati dalle utilities: un’occasione di innovazione come ad esempio fibre ottiche per monitorare le perdite o come l’Innovation Fund. “Anche noi in autorità abbiamo costituito il fondo e ora dobbiamo definire le regole per assegnare queste risorse e quindi premiare i progetti su un comparto idrico: è un’iniziativa in cantiere che abbiamo già fatto sui progetti pilota per l’immissione di gas verde in rete”.

Perché i Balcani?

Il costone balcanico è già stato interessato da una serie di azioni mirate che hanno avuto, via via, il loro punto cardine in tematiche come l’energia, le infrastrutture, i vaccini e i migranti. Significa che quell’area, in particolare, rappresenta un terreno fertile per sperimentare dinamiche, strategie e innovazioni? “In questo quadro va valutato con attenzione il contesto industriale che però in qualche modo segue anche dinamiche di consolidamento regolatorio – precisa Guerrini – perché è chiaro che una utility che voglia investire in questi Paesi chiede certezze nella stabilità anche delle regole. Il nostro lavoro su questo elemento è stato puntuale e credo che il Forum Wareg possa essere veramente un’associazione strategica, a prescindere da chi ne fa parte, perché può essere quello strumento che, anche attraverso la Commissione, sviluppa percorsi di training con i regolatori dei Balcani che stanno in realtà anche partecipando in maniera anche molto motivata”.

Progetti

Si tratta di aree che accusano le maggiori difficoltà regolatorie, e al contempo avvertono sulla loro pelle il bisogno di scambiarsi buone prassi: “I progetti specifici di Wareg sono proprio dedicati ai Balcani e all’area balcanica per esercitare il capacity building in territori dove la regolazione sul settore idrico c’è ma certo non si può paragonare a quella di altri Paesi e non è ancora sviluppata.

In questo senso l’Autorità attraverso WAREG si è fatta promotrice di una cooperazione regionale finalizzata all’applicazione dell’acquis comunitario idrico, che si è concretizzata nel 2022 con un MoU tra i 4 regolatori della regione (Albania, Kosovo, Montenegro, Nord Macedonia) e Wareg nel ruolo di coordinatore di futuri programmi di training e capacity-building finanziati dall’UE (es. TAIEX) e da altre organizzazioni internazionali (es. CEI)”.

Inoltre qualche anno fa in Montenegro il presidente dell’Authority montenegrina, che nasce come Autorità per l’energia, chiese a Wareg di incontrare il ministro dell’Economia per offrire consigli sul perché un’autorità come quella del mondo dell’energia avesse necessità di essere assegnataria anche di competenze. Il tema balcanico passa da due direttrici di marcia: le attività continue di capacity building ma anche a livello istituzionale, che si sommano a un’esigenza di mercato come dimostra il progetto di un acquedotto tra Albania e Puglia.

Diplomazia regolatoria

In questo senso il ruolo della Commissione europea è fondamentale perché collabora al fianco dei regolatori locali per convincere anche i Governi a fare sinergia al fine di maneggiare questo elemento così delicato come la regolazione. Non va dimenticato che la questione balcanica è strategica, non fosse altro perché connessa al dossier allargamento Ue, al ruolo nuovo che stanno incarnando nelle policies di Bruxelles, accanto all’assenza di una maturità legislativa a livello europeo sul tema regolatorio. “In questo pertugio può inserirsi il lavoro di Wareg – prosegue Guerrini – probabilmente noi possiamo aprirci un varco con l’obiettivo di far presente che l’istituto del building regolatorio consente a ogni Paese di crescere, andando oltre il ciclo politico quindi assicurando stabilità in un tema sensibile come quello idrico: una sorta di diplomazia regolatoria”.

Destinazione Bruxelles

Ma come creare maggiore consapevolezza, anche geopolitica, nell’Europarlamento che è adesso il momento di agire e non magari tra tra uno o cinque anni? “Da un lato l’Europa sta continuamente alzando l’asticella rispetto a quelli che sono gli standard del servizio. La proposta di direttiva acque reflue che è stata pubblicata menziona la neutralità dal punto di vista energetico a livello Paese, se pure al 2040: si tratta evidentemente di cicli sì ampi ma a cui ci si arriva rapidamente. Si parla addirittura di trattamenti quaternari di cui in Italia non se n’è mai sentito neppure parlare: quindi da un lato ci sono ci sono queste spinte dell’Europa che vanno in una direzione, dall’altro ci sono Paesi che hanno ancora difficoltà con degli standard severi della direttiva che è attualmente in vigore. Per cui bisogna effettivamente correre dal momento che molta parte di acque reflue non sono trattate in Europa secondo la direttiva. In questo senso è interessante sottolineare un elemento: chi non ha regolazione né forte né debole come Germania e Austria ha un livello di compliance alto, il 90%. Mentre l’agglomerato di Paesi che va dall’area mediterranea a quella balcanica ha un livello di compliance sotto la media UE: ma se detta così non può essere una buona pubblicità per il lavoro dei regolatori, osservo che negli ultimi dieci anni i ritmi di miglioramento di questi Paesi rispetto alla compliance è stato elevatissimo”.

Criticità

Altro aspetto interessante il Pnrr che tocca gli investimenti necessari nell’acqua: il governo si è rivolto al regolatore perché il regolatore aveva già avviato un lavoro di raccolta e di verifica dei piani economico finanziari delle utility. “Questa è stata una anche un’opportunità per far sì che la regolazione crescesse in quelle aree del territorio più svantaggiate, con la possibilità di farle mettere in regola con le tariffe. Quindi il Governo ha fissato dei target e usa il regolatore per verificare che quei target vengano effettivamente raggiunti. Ma Wareg ha anche una sede a Bruxelles che serve per avvicinare diciamo i soci balcanici alle istituzioni europee fruibile da tutti”.

Ultima criticità è quella delle perdite nelle infrastrutture, un tema enorme che abbiamo ancora oggi in molte zone d’Italia dove ci sono dei Comuni che non hanno ancora un sistema di acque reflue.

All’estero

Inoltre mentre i grandi player italiani come Terna, Snam e Italgas sono già dentro dinamiche straniere (ad esempio nel mercato greco energetico) non c’è un pari attivismo per l’acqua. “In questo senso ad esempio il progetto dell’Acquedotto pugliese con l’Albania è legato anche ad una stabilità regolatoria. Nel momento in cui si affrontano investimenti importanti tra sue Paesi è necessario che ognuno possa contare su un sistema regolatorio stabile sul quale basare la tariffa, altrimenti si rischia che l’investimento non sia coperto”.

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