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Come cambiano le relazioni tra Zelensky e gli Usa secondo Mikhelidze

Secondo Mikhelidze (Iai), l’incontro a Washington tra Zelensky e Biden segna un salto di qualità nei rapporti, dunque nell’assistenza americana all’Ucraina, e manda un messaggio chiaro sulla volontà di aiutare Kiev fin dove necessario contro l’aggressione ordinata da Putin

Per andare a Washington, alla Casa Bianca e incontrare Joe Biden, il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha aspettato il momento giusto: quello che avrebbe reso la visita perfetta, “storica”, come la definisce Nona Mikhelidze, analista dello IAI sentita da Formiche.net, in grado di marcare un salto di qualità nei rapporti tra Stati Uniti e Ucraina. Il pacchetto di viaggio era organizzato da tempo, ma per portarlo a compimento si è atteso qualcosa di significativo – il Natale, una buona occasione per rinvigorire un’attenzione in calo sul conflitto.

Zelensky è volato ieri, mercoledì 21 dicembre, dalla Polonia su un assetto militare americano, iper protetto per ovvie ragioni di sicurezza (i russi gli danno la caccia letteralmente, perché il presidente è una figura carismatica che traina la resistenza ucraina). In pochi avevano informazioni certe su tempi, spostamenti, programmi (secondo alcune informazioni ottenute da Formiche.net, nemmeno l’ambasciata ucraina a Washington era stata messa al corrente su tutto lo schedule della visita).

“Quando Zelensky commenta di avere adesso ‘un quadro chiaro’ a proposito di come sarà la military capability ucraina, è proprio frutto di quel salto di qualità: lo abbiamo visto col tipo di nuovi armamenti che stanno arrivando a Kiev, secondo l’ultimo pacchetto approvato da Washington”, sottolinea Mikhelidze.

Questo salto di qualità nei rapporti passa inevitabilmente per le armi: l’Ucraina è impegnata in una guerra di resistenza che dura da 300 giorni. Ed è interessante che quanto accaduto a Washington si abbini all’annuncio di Vladimir Putin – fatto quasi contemporaneamente alla visita americana di Zelensky, durante una conferenza stampa insieme al ministro della Difesa – sul rinnovamento delle forze armate russe e sulla continuazione dell’invasione ucraina.

La guerra è in una fase che in gergo tecnico viene definita escalation management, da Washington arriva la risposta. “Armi che prima erano un tabù entrano gradualmente nel campo dell’assistenza – spiega l’esperta di Russia e spazio post-Sovietico – e questo serve per evitare shock, ossia una sconfitta troppo secca per Mosca che potrebbe innescare contraccolpi incontrollabili a Mosca. Invece gli Stati Uniti hanno preferito gestire la situazione, abituando gradualmente a un’assistenza di ordine via via superiore, e questo si riscontra anche nel quadro politico: se prima si parlava del ritorno allo status quo ante 24 febbraio, ora si inizia più apertamente a parlare dei confini del 1991″.

Libertà, indipendenza, diritto internazionale e “pace giusta”, sono queste le quattro parole uscite dall’incontro di Washington. Tanto che Mikhelidze sottolinea come il passaggio più significativo sia stato quello in cui, durante la conferenza stampa dei due leader, a una domanda sulla “pace giusta”, Zelensky ha risposto che la pace non sarà mai giusta per tutto il dolore provocato da Mosca, tuttavia una sorta di giustizia per Kiev sarebbe il non accettare compromessi territoriali. “Significativo che Biden abbia subito sottolineato di essere d’accordo con il presidente ucraino, definendo i termini e il perimetro di possibili negoziati”.

Da settembre in poi la Russia ha avviato una campagna di propaganda e disinformazione a proposito dei negoziati. Alterazioni di dichiarazioni, informazioni deviate e ricostruzioni anche fantasiose hanno portato a considerare l’esistenza di un accordo dietro le quinte tra Russia e Stati Uniti sulla testa degli ucraini. Per l’analista dello IAI, “con la visita di Washington si è fatto ordine su questo, Biden è stato chiaro su come il processo negoziale sia in mano ucraina, precisando che i vari incontri russo-americani erano su questioni specifiche come la prevenzione dell’escalation nucleare, e non sulla soluzione del conflitto”.

Oltre all’incontro con Biden, Zelensly ha potuto parlare al Congresso riunito: un intervento emotivo e toccante, scritto da chi sembrava conoscere bene quali leve andare ad azionare tra legislatori e cittadini statunitensi. “Una mossa da fuoriclasse della comunicazione, dimostrata anche dal fatto che 48 ore prima di essere a Washington era a Barkhmut, da dove ha preso la bandiera poi donata ai congressisti statunitensi, firmata dai soldati ucraini che combattono su quella che attualmente è il più sanguinoso dei fronti di guerra”, aggiunge Mikhelidze.

“A livello globale quello che esce è un messaggio chiaro, ormai non si torna indietro su quello che è la vittoria ucraina ‘whatever it takes‘. Poi chiaro, si capirà se la vittoria è effettivamente raggiungibile sul campo di battaglia, ma gli Stati Uniti fanno capire che saranno al fianco di Kiev fin dove necessario. Questo è evidente anche nel linguaggio usato da Biden nei confronti di Putin: molto sprezzante, con un wording chiaro che esclude forme di negoziato con Mosca, almeno finché ci sarà Putin”.


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