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Così l’Algeria cerca il suo spazio nel mondo

Il Paese di Tebboune cerca di sfruttare la fioritura economica legata alle nuove vendite di gas per crearsi un nuovo standing internazionale. La sfida su quattro lati per Algeri, tra spinta per lo sviluppo, Russia e Cina, stabilità interna e regionale, rapporti con Ue e Usa. In vista della visita di Giorgia Meloni, che segue la rotta di Draghi nel consolidare l’Algeria come primo fornitore di gas per l’Italia e dare a Roma il ruolo di punto di equilibrio per Algeri

L’Algeria, il più grande esportatore di gas naturale dell’Africa, sta sfruttando al meglio una nuova era di rivalità tra grandi potenze e una crisi energetica in corso per costruire un proprio standing internazionale aggiornato sul flusso degli affari globali. Dopo aver chiesto ufficialmente, nel novembre 2022, di entrare a far parte del gruppo di economie emergenti rappresentato dai BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica), l’amministrazione del presidente  Abdelmadjid Tebboune ha deciso di estendere i progetti della Belt and Road Initiative con la Cina su infrastrutture, energia ed esplorazione spaziale.

Nel frattempo è diventato il più importante fornitore di gas naturale dell’Italia (42% dei 68 miliardi di metri cubi importati nel 2022), sfruttando la prossimità geografica e la necessità di Roma di sganciarsi dalla dipendenza energetica russa. Attualmente Algeri — che non ha contratti esclusivi con l’Italia — è un attore chiave della sicurezza energetica europea. Un ruolo che gli ha permesso l’anno scorso di superare i 50 miliardi di dollari di entrare dalle forniture gasifere, rispetto ai 34 miliardi del 2021 e ai soli 20 miliardi del 2020. È legata soprattutto a queste nuove entrate la rinnovata centralità nel sistema euro-mediterraneo, ma non solo. Una situazione è un desiderio di Algeri che stanno però portando Bruxelles, e soprattutto Washington, a fare alcune pressioni, soprattutto riguardo agli accordi di cooperazione economia e militare con la Russia.

“La crescente relazione dell’Algeria con la Russia rappresenta una minaccia per tutte le nazioni del mondo”, ha dichiarato la rappresentante degli Stati Uniti Lisa McClain in occasione della pubblicazione, lo scorso settembre, di una lettera firmata da lei e da altri 26 legislatori e indirizzata al segretario di Stato americano Antony Blinken. “Solo nel 2021, l’Algeria ha concluso un acquisto di armi con la Russia per un totale di oltre 7 miliardi di dollari. In questo accordo, l’Algeria ha accettato di acquistare aerei da combattimento russi avanzati, tra cui il Sukhoi 57. […] Gli Stati Uniti devono inviare un chiaro messaggio al mondo che il sostegno a Vladimir Putin e ai barbari sforzi bellici del suo regime non saranno tollerati”, hanno scritto i legislatori.

Riluttante a mettere a repentaglio i legami commerciali e di sicurezza con Pechino e Mosca, l’Algeria ha cercato di aderire ai BRICS per “poter definire più facilmente la propria politica estera, proteggendo al contempo le sue crescenti opportunità economiche come esportatore di energia”, scrive in un’analisi Foreign Policy.

Oltretutto, la richiesta di adesione ai Brics è arrivata quasi in contemporanea a quella saudita e soprattuto a quella egiziana. Questo significa che mentre Il Cairo — anche per dimensioni demografiche e per strutturazione interna — è andato in sofferenza sotto il peso della crisi ucraina, Algeri potrebbe guadagnare un ulteriore punto di vantaggio se l’organizzazione dei Paesi in via di sviluppo accettasse la sua richiesta — che non avrà un percorso facile comunque, perché Algeri dovrà adottare determinati standard di governance richiesti dall’organizzazione. Un fattore — battere di slancio l’Egitto — che darebbe all’Algeria vantaggio strategico nell’equilibrio di potenze in Nordafrica, che poi si ripercuote sul Sahel a sud e sul Mediterraneo a nord.

Quella di Algeri è però una situazione complessa su quattro lati. Da una parte le grandi opportunità di sviluppo connesse alle nuove dinamiche del mercato energetico. Da un’altra i collegamenti con i partner storici: la Cina è il principale esportatore dell’Algeria dal 2013, e a novembre i due Paesi hanno firmato un secondo patto di cooperazione strategica quinquennale, mentre la Russia fornisce circa l’80% delle armi, rendendo l’Algeria il terzo importatore di armi della Russia, dopo India e Cina e primo per spesa militare in Africa. Il terzo lato è quello interno, dato che Tebboune governa un sistema autoritario, con all’interno sensibilità, crepe e bollori sociali: la stabilità è una necessità per la strategia, con il fattore economico che potrebbe essere nel breve periodo un grosso aiuto alla presidenza. L’ultimo lato è quello affacciato sul Marocco: Algeri sente come determinante la questione del Sahara Occidentale e detesta l’allineamento che si è creato tra l’amministrazione Trump e Rabat (solco poi seguito dalla presidenza di Joe Biden) sulla sovranità marocchina nella regione e sugli Accordi di Abramo — e anche a fronte di questo ha stretto i rapporti con potenze alternative.

Su quest’ultimo dossier — che ha già toccato stabilità europee con le tensioni con la Spagna — il tentativo di mediazione lanciato dalla Giordania cercando sponde in sede Ue è anche un metodo per riconnettere l’Algeria al mondo regionale e alla diplomazia occidentale, dimostrando che altri attori — come la Cina — non hanno particolare intenzione di essere attivi su certi contesti delicati. Su questo, il ruolo giocato dalla diplomazia (anche economica) italiana è quello di punto di equilibrio e interlocutore all’interno dell’Ue e dell’Occidente.

Solo tre settimane fa, Sonatrach, la il gigante statale degli idrocarburi, e la società tedesca del gas VNG hanno firmato un contratto per la costruzione del primo impianto di idrogeno verde ad Algeri, che produrrà 50 megawatt di elettricità dall’energia solare. Contemporaneamente l’italiana Eni ha avviato una fitta serie di nuove collaborazioni aziendali sempre con Sonatrach anche nell’ottica di sviluppare piani comuni per la transizione energetica.

L’Algeria si sta anche attrezzando per vendere la sua capacità elettrica di riserva all’Europa, mentre spinge per raddoppiare le esportazioni di gas per raggiungere i 100 miliardi di metri cubi all’anno, rispetto ai 56 del 2022. Si tratta di attività che vanno oltre il business e toccano ampiamente l’orientamento della politica dello stato.

Non sorprende dunque che Pechino e Mosca abbiano accolto con favore la richiesta riguardo ai Brics. D’altronde il ministro degli Esteri russo, Sergey Lavrov, ha visitato l’Algeria nel maggio 2022 e, durante la visita di Stato del leader cinese Xi Jinping in Arabia Saudita nel novembre scorso, ha incontrato il primo ministro algerino, Aymen Benabderrahmane, con il quale ha promesso di rafforzare ulteriormente le relazioni.

Anche al Vertice dei leader USA-Africa, tenutosi a Washington il mese scorso, Tebboune è stato sostituito da Benabderrahmane, mentre la sua amministrazione si è accuratamente adoperata per mantenere una posizione “neutrale” nella diplomazia mondiale, per evitare di essere coinvolta nelle critiche di Washington alla Russia o alla leadership autoritaria dell’Algeria.

In patria, le forze armate algerine controllano il potere mentre Tebboune, eletto con il sostegno dei militari  nel 2019, ha dato un giro di vite al dissenso. Aspetti che l’amministrazione Biden tiene in attenzione primaria — avendo elevato i principi democratici a vettore di politica internazionale. Invece in mancanza di legittimità politica interna, il governo di Tebboune ha scelto di stringere contro il dissenso e anche di adottare una politica estera più assertiva e di sottolineare la sua posizione non allineata con Russia, Cina e Occidente.

L’ultima aggiunta al gruppo dei BRICS è stata quella del Sudafrica nel 2010, quindi è probabile che l’Algeria attenda a lungo una risposta. Nel frattempo, il Paese sta cavalcando l’onda della crescente domanda di esportazioni di petrolio e gas, che costituiscono circa il 90% delle entrate in valuta estera dell’Algeria. Ma quando questo boom finirà, gli algerini potrebbero tornare a chiedere un cambiamento democratico, come hanno fatto prima della pandemia del Covid, con le proteste dell’Hirak.

È questo scenario complesso e molto articolato che la presidente del Consiglio Giorgia Meloni sa di trovarsi davanti quando nelle prossime settimane andrà in visita ad Algeri, dove dovrà gestire il suo dichiarato atlantismo e le necessità dell’Italia nella relazione con un partner che cerca di essere protagonista internazionale anche (soprattutto?) attraverso un allineamento con Paesi rivali di Europa e Stati Uniti. Dimensione in cui l’Italia potrebbe giocare quel ruolo di fulcro.



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