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Armi a Kiev per dare la spallata a Putin. Conversazione con Mikhelidze

Secondo Mikhelidze (Iai), il governo italiano è consapevole che Usa, Ue e Nato si stanno muovendo per spingere l’assistenza militare a Kiev. La Russia è ferma, vittima delle divisioni militari interne, e in primavera potrebbero arrivare importanti controffensive. Unico modo per fermare Putin

È in corso un’accelerazione sulla spedizione di nuovi e più tecnologici armamenti per rinforzare l’Ucraina e permettere non solo la resistenza, ma una controffensiva contro l’invasione voluta da Vladimir Putin. “Davanti a questa spinta su forniture sempre più efficienti qualitativamente e anche più efficaci in termini offensivi, anche l’Italia sarà portata a muoversi per non rischiare di essere marginalizzata in ambito europeo e Nato”, spiega Nona Mikhelidze, analista esperta di spazio post-sovietico dello IAI, in una conversazione con Formiche.net.

Se a Roma occupano i media le ricostruzioni sulle titubanze riguardo all’invio di certe forniture — con i timori di lasciare scoperta, indifesa l’Italia, smentiti dal ministro Antonio Tajani — altrove si discute di carri armati. Mezzi che andrebbero a sostenere la spinta controffensiva. Meno di una settimana dopo l’inversione di marcia di Francia, Germania e Stati Uniti — che ha visto questi Paesi pianificare la fornitura all’Ucraina veicoli da combattimento di fanteria occidentali — l’attenzione è ora rivolta ai carri armati.

La pressione sta arrivando da Kiev ma anche dall’Occidente, scrive Politico, con il Regno Unito che sembra essere pronto, mentre Francia e Polonia stanno intensificando le pressioni sulla Germania affinché invii carri Leopard 2 come parte di un’assistenza di ampia coalizione targata Ue. I carri armati sono il passo successivo logico delle attuali forniture, l’anello mancante per permettere i contrattacchi. La protezione aerea è invece ciò che deve salvaguardare i civili, perché è verosimile pensare che (come già successo) davanti a ogni arretramento la Russia risponderà con attacchi contro le città.

Su questo l’Italia sta lavorando con la Francia a un progetto di scudo antimissile. Oggi, martedì 10 gennaio, il ministro Tajani ha ribadito che Roma sta “lavorando intensamente con i francesi”, anche se restano dei “problemi tecnici da risolvere, per gli aspetti militari non burocratici, il ministro della Difesa [Guido] Crosetto sta lavorando, stiamo procedendo e non c’è nessuna frenata. Gli stati maggiori sono all’opera ma ci vuole tempo”.

Per Mikhelidze siamo davanti a una fase in cui Ue, Usa e Nato hanno ormai deciso che la soluzione della guerra passerà da una sostanziale sconfitta militare di Putin ed eventuali scuse rischiano di lasciare indietro gli indecisi. “I tabù sull’invio di armi solo difensive (Himars esclusi) sembrano essere superati, e ho la sensazione che si voglia fare in fretta, spingendo un consenso generale sull’impossibilità di procedere solo per via politica, cancellando i rumors di ottobre su negoziati dietro alle spalle di Kiev frutto del terrore di rappresaglie nucleari. C’è stato un cambio di narrazione, anche perché la propaganda russa ha creato una radicalizzazione interna dove non esistono vie di uscita se non attraverso la guerra, anche perché la possibilità di restare al potere per Putin è molto legata alla guerra”.

Secondo le informazioni di Formiche.net, gli ucraini hanno bisogno di almeno tre mesi per organizzare la gestione delle nuove armi. Servono per pianificare la logistica degli spostamenti, per addestrare gli operatori, per organizzare le manovre. Sulla base di questi dati si può supporre che importanti operazioni di controffensiva potrebbero esserci a primavera, più o meno a fine aprile — perché serve anche tempo ai vari governi e parlamenti per organizzare le misure legislative per l’invio di nuovi pacchetti.

Molto di ciò che accadrà dipenderà dai prossimi mesi e dalle prossime scelte — soprattutto quelle che riguardano il sostegno a Kiev. A Mosca, attualmente il clima è tossico, avvelenato dalla competizione interna tra i vari attori del mondo militare russo. “La continua concorrenza all’interno delle forze armate russe si rispecchia anche nel modo in cui viene condotta la guerra: i vari insuccessi possono essere legati a una mancanza di coordinamento, con ognuno dei protagonisti militari che cerca la propria storia di successo”, spiega Mikhelidze.

È il caso di ciò che sta succedendo a Bakhmut, dove il Wagner Group di Yvgeny Prigozhin — uno dei gerarchi del regime putiniano — combatte non tanto per una necessità strategica e tattica ma quanto per dimostrare che le proprie forze (una compagnia militare privata) sono più capaci delle unità regolari guidate dal ministro della Difesa, Sergei Shoigu. È anche alla luce di queste situazioni che la guerra di attrito sembra che potrebbe non prolungarsi troppo a lungo, secondo l’analista dello IAI, la quale valuta la spinta occidentale su nuove e più efficaci armi come una volontà di risolvere rapidamente la questione sul campo.

“In questa situazione dove la Francia è propositiva nell’assistenza a Kiev, nonostante fosse non più di un mese fa Emmannuel Macron chiedeva garanzie per la Russia, e con la Nato convinta e compatta nell’aumentare le forniture, è nell’interesse dell’Italia non rimanere indietro, non finire messa da parte dal punto di vista politico e restare allo stesso passo dei suoi alleati occidentali”, aggiunge Mikhelidze, che sottolinea come nel “governo sembra comunque esserci questa consapevolezza”.

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