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Juniper Oak, la maxi esercitazione Israele-Usa (davanti all’Iran)

Super esercitazione Israele-Usa. Manovre organizzate rapidamente per dimostrare la grande capacità di spostare assetti importanti (bombardieri B-52, portaerei, soldati) e inviare un messaggio ad alleati e rivali. Iran nel mirino, anche se Washington non chiude del tutto la porta alla diplomazia

Da un paio di giorni sui social network circolano immagini condivise da alcuni cittadini dello Stato di New York che hanno ripreso il volo di sette bombardieri strategici B-52 statunitensi in volo “verso l’Atlantico”(in foto da account Twitter @spacebrandob).

Se la direzione era inequivocabile – così come le sagome delle Fortezze Volanti – la destinazione è incerta, e tanto è bastato per aprire a una serie di speculazioni strampalate. Il clima internazionale è particolare, c’è la guerra in Ucraina e il confronto globale con la Cina, c’è il tic-tac inesorabile (e pure un po’ gufo) del Doomsday Clock.

Al di là di complottismi, almeno quattro dei Buff (è l’acronimo di “Big Ugly Fat Fellow” con cui gli equipaggi chiamano i B-52) sono diretti verso il Medio Oriente, dove prenderanno parte a “Juniper Oak”, la più grande esercitazione israelo-americana mai organizzata finora. La loro presenza è stata più o meno annunciata – probabilmente, vista la rotta sopra New York, sono partiti dalla Minot Ari Force Base in Nord Dakota, dove è di stanza il 5° Bomb Wing.

Juniper Oak è iniziata lunedì con un messaggio chiaro di prontezza e capacità operativa da inviare all’Iran (con cui la diplomazia sembra ormai a un punto morto, mentre Teheran si avvicina sempre più a Russia e Cina). La sottolineatura sulla forza dell’alleanza tra Israele e Stati Uniti supera le preoccupazioni americane per la composizione del nuovo governo israeliano, che comprende partiti ultranazionalisti e ultrareligiosi.

L’esercitazione live-fire prevede la partecipazione di 100 aerei statunitensi (caccia, bombardieri e tanker da rifornimento) che voleranno insieme a 42 velivoli israeliani. Anche il gruppo d’assalto della portaerei “USS George H. W. Bush” prende parte alle manovre, che coprono tutti i domini della guerra, compresa la guerra spaziale ed elettronica.

“Non riusciamo a trovare un’altra esercitazione che si avvicini [a questa]”, ha dichiarato un alto funzionario della difesa statunitense parlandone alla CNN, ricordando che vi parteciperanno circa 6.500 membri del personale statunitense e più di 1.100 israeliani. “L’impegno per la sicurezza che abbiamo nei confronti di Israele prescinde da personalità e governi particolari”, ha dichiarato sempre quel funzionario.

L’esercitazione arriva mentre le tensioni tra Stati Uniti e Iran rimangono alte. L’amministrazione Biden ha introdotto sanzioni contro Teheran a seguito della brutale repressione delle proteste nel Paese che ha visto l’esecuzione di manifestanti. E Washington ha alzato l’asticella del confronto anche in merito all’assistenza militare che gli iraniani stanno fornendo – tramite accordi per commesse militari – nell’invasione russa dell’Ucraina. Un’attività su cui anche l’Europa sembra essersi attivata.

Intanto, anche i negoziati per un nuovo accordo sul controllo del programma nucleare iraniano sono in fase di stallo. “Crediamo ancora nella diplomazia, ma da quando l’Iran ha voltato le spalle a un accordo a settembre, la nostra attenzione si è concentrata sul contrastare l’uccisione dei propri cittadini da parte del regime e sull’assistenza alla Russia nell’uccisione del popolo ucraino”, ha detto a Bloomberg TV Robert Malley, inviato speciale per l’Iran dell’amministrazione statunitense. Un messaggio che sembra dire che la misura è colma.

Quanto accade non riguarda solo il ritorno al governo di Benjamin Netanyahu, premier israeliano, che ha sempre assunto una posizione dura nei confronti dell’Iran – durante l’ultimo giuramento del suo nuovo governo ha assicurato di “ostacolare lo sforzo dell’Iran [nel tentativo] ottenere armi nucleari”. La questione della preparazione di un piano B con l’Iran – piano chiaramente di carattere militare, intanto per deterrenza, poi chissà – è in discussione da tempo.

Domenica scorsa, Netanyahu ha dichiarato che gli Stati Uniti e Israele avrebbero tenuto incontri sull’Iran nelle prossime settimane, a seguito di una visita del consigliere per la Sicurezza nazionale statunitense, Jake Sullivan. “Sono rimasto colpito dal fatto che c’è un desiderio genuino e reciproco di raggiungere un’intesa su questo tema”, ha detto Netanyahu durante l’incontro.

L’esercitazione, che segna un importante aumento della cooperazione tra le forze armate statunitensi e israeliane, è stata organizzata rapidamente per un evento di questa portata. Normalmente, la pianificazione di manovre di questo genere, che coinvolgono così tante forze diverse, richiederebbe un anno o più di preparazione, mentre per quanto noto tutto è stato messo in piedi in soli due mesi. Segno della continuità strategica israeliana tra esecutivi di colore diverso, la programmazione è iniziata sotto il precedente governo di Yair Lapid ed è terminata sotto quello attuale.

Il Comando Centrale degli Stati Uniti – CentCom – guida le operazioni. Israele è stato trasferito nell’area di responsabilità del CentCom nel settembre 2021, dopo l’annuncio del cambiamento arrivato praticamente negli ultimi giorni dell’amministrazione Trump. Nonostante lo spostamento e i crescenti legami tra Israele e i Paesi arabi del Golfo, nessuno di questi Paesi prenderà parte all’esercitazione.

“Questo tipo di esercitazioni, che CentCom conduce abitualmente con i nostri partner, sviluppano l’interoperabilità tra le forze militari, aumentano le capacità militari e sono importanti per la sicurezza e la stabilità della regione”, ha dichiarato il generale Michael Erik Kurilla, comandante del Comando centrale, in un comunicato. “Le lezioni apprese durante queste esercitazioni sono esportabili ai nostri partner in tutta la regione”.

Gli Stati Uniti non definiscono potenziali obiettivi alla base dell’esercitazione. Differentemente, Israele fa passare chiaro il messaggio: è una simulazione di guerra all’Iran. Washington, come ricordava Malley, cerca di non chiudere del tutto le porte della diplomazia, ma – tramite le fonti anonime che parlano ai media – lascia intendere che Teheran dovrebbe trarre conclusioni da certe manovre.

Sebbene l’amministrazione Biden fosse favorevole a una soluzione diplomatica alla ricomposizione dell’accordo sul congelamento del programma nucleare iraniano, i negoziati per rilanciare l’intesa, formalmente noto come Joint Comprehensive Plan of Action (Jcpoa), si sono arenati. Se la violenta repressione delle proteste interne e la fornitura di droni suicidi alle forze armate russe hanno reso ancora più remote le prospettive di rilancio dell’accordo, è anche vero che l’Iran ha spinto i processi di arricchimento – approfittando dello spazio di ritorsione per l’uscita trumpiana dall’accordo.

Secondo Israele, che si è opposto con forza a un ritorno al Jcpoa e spinto per una posizione più aggressiva degli Stati Uniti nei confronti dell’Iran, Teheran sta portando avanti un programma nucleare militare. La Repubblica islamica ha costantemente negato l’esistenza di questo programma, anche perché contrario alle radici ideologiche dell’Islam sciita su cui è fondata. Gli Stati Uniti hanno ripetutamente promesso, sotto le amministrazioni democratiche e repubblicane, che all’Iran non sarà permesso di acquisire armi nucleari.

Juniper Oak ha lo scopo di dimostrare la capacità degli Stati Uniti di spostare grandi forze nella regione in un breve periodo. Ora gli Usa hanno un totale di 35mila soldati nella regione mediorientale – che sarebbe quella direttamente coinvolta in un eventuale scenario di combattimento con l’Iran. Un numero molto diverso dai 200mila di pochi anni, frutto di un rimodellamento strategico che porta la concentrazione americana verso l’Indo Pacifico. Washington vuole dimostrare che questo coinvolgimento è più asciutto nella quantità degli assetti presente, ma non meno efficace se dovesse servire metterli in azione. Un messaggio diretto agli alleati (come Israele e i Paesi del Golfo), ma anche ai rivali (non solo l’Iran, ma anche Russia e Cina).



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