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Perché Bonaccini è il segretario che serve al Pd. Parla Fassino

Il dirigente dem è uno dei promotori del manifesto a sostegno del governatore emiliano-romagnolo candidato alla segreteria: “Bonaccini è figlio di quella cultura riformista che ha prodotto in Emilia le migliori esperienze di buon governo, innovazione e solidarietà”. E sulle alleanze? “Bisognerà vedere se Conte, Renzi e Calenda sono interessati a costruire un’alternativa alla destra o se pensano solo a consolidare il proprio consenso personale”

Una nuova ‘rete’ a sostegno della candidatura di Stefano Bonaccini alla segreteria del Pd. Ideali, competenze ed esperienze trasversali condensate in un documento che in qualche misura traccia la rotta per il futuro del partito, sconquassato da divisioni interne e crolli nei sondaggi. Non chiamatela corrente. I promotori del Manifesto hanno voluto fornire al governatore emiliano-romagnolo una piattaforma che favorisca “l’appoggio più largo possibile”. Piero Fassino è tra i promotori di questo documento e a Formiche.net spiega le motivazioni di questa nuova avventura che lo vede impegnato in prima persona.

Fassino, lei è un dirigente politico di lungo corso. Perché ha deciso di sostenere Bonaccini?

Bonaccini, fra i candidati alla segreteria del Pd, è mio avviso quello che esprime maggiore solidità ed esperienza. Certo per la sua capacità di governo, dimostrata non solo in Regione (peraltro affermandosi in un momento storico nel quale è il centrodestra ad avere il vento in poppa nel resto del Paese), ma anche come Presidente della Conferenza dei Presidenti di Regione. Non solo, Bonaccini è figlio di quella cultura riformista che ha prodotto in Emilia le migliori esperienze di buon governo, innovazione e solidarietà. Ha un trascorso di dirigente politico con una ottima conoscenza dei meccanismi che presiedono alla vita di un partito. È stato capace di unire senza subalternità o arroganze. Ed è uomo che ha sempre scommesso sul cambiamento. È il segretario di cui il Pd ha bisogno.

Caratteristiche che gli altri candidati non hanno?

Ho stima degli altri candidati, che hanno capacità e sensibilità importanti a partire da Cuperlo che conosco da tantissimi anni. Anzi, ho consigliato a Bonaccini, se eletto, di coinvolgerli tutti e chiamarli intorno a se’ perché il rilancio del Pd richiede le energie e le sensibilità di ognuno.

Non c’è il rischio che da questo documento scaturisca un’altra corrente?

Detto che in tutti i grandi partiti c’è una dialettica organizzata, questa non è una corrente. È una “rete” di persone libere, provenienti da esperienze diverse, anche con collocazioni diverse nella geografia del Pd. Parlamentari, sindaci e amministratori locali, dirigenti territoriali di partito, tutti uniti nel riconoscersi nella candidatura di Bonaccini e pronti a sostenerlo sulla base di contenuti e obiettivi indicati nel Manifesto. C’è bisogno di un Pd largo e aperto, che abbia cultura di governo, rimetta in moto gli ascensori sociali, operi per una crescita di qualità fondata su sostenibilità, creazione di lavoro e welfare di prossimità. Restituisca a persone, famiglie e imprese le certezze perdute. Si batta perché ogni giovane abbia la possibilità di perseguire le proprie aspirazioni, le donne siano rispettate e davvero in condizioni di parità’ e ogni persona possa coltivare senza discriminazioni le sue scelte di vita. Insomma un Pd che sia non solo partito della responsabilità, ma capace di creare opportunità. Che dall’opposizione costruisca un’alternativa credibile e concreta alla destra.

Nardella, che fa parte della vostra ‘cordata’, sostiene che per la minoranza ci sia una prateria. È d’accordo?

Certo. Questa destra giorno dopo giorno mostra la sua inadeguatezza e la sua assenza di visione. Vive alla giornata, e lo si sta vedendo su come gestiscono la questione delle accise sulla benzina, del Covid, dell’emergenza migratoria e sui rapporti ondivaghi con l’Unione Europea.

Diciamo che anche il Pd, specie con la questione delle primarie, non ha fatto una figura molto commendevole.

Non conosco partito, sindacato, associazione, organizzazione di qualsivoglia tipo in cui non si manifestino diversità e confronto. Non si deve aver paura delle differenze purché si operi trovare un punto di sintesi. Vale anche per le primarie, un metodo di elezione democratico che coinvolge milioni di persone. Ed è naturale che si discuta su come organizzarle al meglio garantendo, come in qualsiasi elezione democratica, che il voto sia personale e riservato, al riparo da condizionamenti, interferenze e intromissioni. Peraltro è singolare che per anni alla sinistra si sia contestato di essere “bulgara” e decidere sempre all’unanimità. E oggi la si contesti perché discute.

A proposito di alleanze. Come si porrà il Pd di Bonaccini con il Movimento 5 Stelle?

Giro la domanda. Il punto è capire cosa vogliano fare in effetti Conte, Calenda e Renzi. Il Pd ha lanciato più volte appelli all’unità, a cui 5Stelle e Azione-Italia Viva si sono sottratti. E anche adesso. Tra poche settimane si voterà in due regioni dove l’appello del Pd all’ unità non è stato raccolto. Noi siamo consapevoli che per costruire un’alternativa alla destra occorre fare coalizione. Invece, pare che Renzi, Calenda e Conte siano più concentrati a consolidare il proprio consenso personale. Legittimo, ma è un obiettivo che diventa sterile e controproducente se non è legato a una politica di alleanze e a una prospettiva.

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