Skip to main content

DISPONIBILI GLI ULTIMI NUMERI DELLE NOSTRE RIVISTE.

 

ultima rivista formiche
ultima rivista airpress

Su Pnrr e banda larga c’è l’incognita manodopera. L’alert di Butti

Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio e senatore di FdI interviene in commissione Trasporti per aggiornare il parlamento sugli investimenti core del Recovery Plan. Mancano lavoratori per la digitalizzazione e messa a terra della fibra, il governo ne è pienamente consapevole. E sulla connettività del Paese ci sono troppi ritardi

Più della burocrazia lumaca, più dell’incertezza normativa, più di bandi spesso molto simili a un enigma, se c’è un nemico del Pnrr, è la carenza di manodopera. Braccia, teste, mani che non si trovano, il che crea non poche incognite per la messa a terra degli investimenti legati al Recovery Plan. Uno dei bastioni del Piano di resilienza è la banda ultralarga, che nella logica dell’esecutivo Meloni risponde al nome di società unica (e nazionale) della rete. Rigorosamente a trazione pubblica.

Le chiavi di questa operazione industriale che mira a fondere gli asset di Tim con quelli di Open Fiber, la società della fibra controllata da Cassa depositi e prestiti, le hanno essenzialmente due persone nel governo: Adolfo Urso, ministro per il Made in Italy e le Imprese e Alessio Butti, senatore di Fratelli d’Italia e sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega all’innovazione e alle telecomunicazioni. Il quale è stato ascoltato in tarda mattinata in commissione Trasporti, alla Camera, proprio per fare il punto della situazione, a due settimane dai chiarimenti forniti da Urso.

MANODOPERA CERCASI

Prima questione, la mancanza di manodopera per la realizzazione degli investimenti per il cablaggio del Paese. “Il governo è consapevole della delicatezza e dell’importanza del tema la cui portata è più ampia rispetto ai solo interventi infrastrutturali. In base ai dati forniti dalla federazione Ania la carenza di manodopera complessiva per lo sviluppo della banda ultralarga in Italia è quantificabile in alcune migliaia di unità di personale su un totale necessario di circa 20mila”, ha subito messo in chiaro Butti.

“Ipotizziamo che la carenza di manodopera per i soli piani Bul (Banda ultralarga, ndr) sia di circa il 10% delle risorse disponibili. Quello della manodopera carente è un problema reale ed annoso denunciato dalle aziende da almeno due se non tre anni. Eviterei di ricondurre i ritardi nella realizzazione del Piano Bul a questa ragione. La carenza era ben nota anche al momento dei bandi”.

TROPPI RITARDI SULLE TLC

Altro capitolo, i ritardi nella posa della rete, al netto della realizzazione della società unica. Qui Butti ha ripreso il ragionamento di Urso, che pochi giorni fa non aveva risparmiato critiche a una certa lentezza da parte di Open Fiber nella realizzazione delle opere di cablaggio. “Ribadisco che abbiamo riscontrato dei ritardi nell’ambito del progetto di connettività avviato dal precedente governo. Per accelerare l’attuazione di tale progetto non basta però fare appello al sistema sanzionatorio previsto in sede contrattuale”, ha messo in chiaro Butti.

Il quale ha poi tirato in ballo anche i privati. “Non può accadere, ad esempio, che il ritardo di un progetto assegnato ad una società privata ricada sulle spalle del committente pubblico: i ritardi vanno recuperati e le responsabilità di coloro che le hanno determinate vanno individuate e sanzionate. Occorre quindi cambiare mentalità. Le scadenze vanno rispettate perché le resistenze strenue al cambiamento digitale sono a volte pesanti. Paradossalmente  tali resistenze si affievoliscono quando ci si trova davanti a date da rispettare, pena sanzioni e responsabilità che comportano valutazioni e conseguenze. Non basta quindi fare ricorso alla moral suasion, ma servono criteri più stingenti per onorare le scadenze”.

L’ERA DEL CLOUD

Butti ha infine affrontato la questione del Cloud act statunitense, che consente alle autorità Usa, forze dell’ordine e agenzie di intelligence di acquisire dati informatici dagli operatori di servizi di cloud computing a prescindere dal posto dove questi dati si trovano, quindi anche se sono su server fuori dagli Usa. E che impone strumenti di tutela della privacy dei cittadini. “Su un tema così delicato ho sempre espresso con franchezza ed altrettanta chiarezza le mie opinioni. Il Cloud Act esiste e non possiamo impedirne l’esercizio a monte”.

“Ciò che occorre è la messa in atto di strumenti di difesa e l’unico strumento di difesa è quello di non trovarsi nella condizione di applicabilità del Cloud Act. La Francia e in parte anche altri paesi a partire dalla Germania hanno usato misure di contrasto all’applicabilità del Cloud Act, mentre il precedente governo ha pubblicato il bando sul Psn senza prendere in carico il problema, nonostante diverse affermazioni pubbliche sul fatto che sarebbe stato seguito un cosiddetto modello francese. Ora occorrerà valutare quali margini di manovra ci siano per assicurare una tutela piena dei dati dei cittadini”.

×

Iscriviti alla newsletter